Nella tempesta di sabbia
Cos’è una tempesta di sabbia, lo si capisce solo quando la si incontra. Immaginate un calo di luce da eclissi di sole, con valanghe di materiale rossiccio che cala dal cielo e copre tutto come fa la neve,
mentre il vostro viso è sottoposto a una mitragliata di granelli, sparati a velocità da proiettile, pungenti come aghi. La visibilità cala a due metri: in condizioni simili guidare è impossibile e
camminare anche, perché la mitragliata non risparmia gli occhi e quindi bisogna tenere le palpebre sigillate. O mettere gli occhiali da sole anche al buio.Il nostro Khasmin dura due notti e due giorni. E dopo questo trattamento le tende sono kaputt: asticelle spezzate o deformate a sinusoide; tettucci stesi a terra, coperti di sabbia e tenuti fermi solo da pietre e zaini-zavorra. Finiamo per rifugiarci sulle auto. Intanto gli occhiali da sole sono diventati inservibili, perché i granelli-proiettile li hanno decorati con fini bassorilievi e il cibo della cambusa è tutto color curry, salvo le scatolette. Nessuno lo
dice, ma tutti pensano a Cambise: ora la storia di Erodoto riesce meno inverosimile.
Spaghetti alla sabbia e via per Farafrah
Poi, la terza sera, il vento cessa di colpo: riusciamo ad accendere il fuoco e a cucinare un po’ di spaghetti, conditi con sabbia e pomodoro. La ricetta è subito battezzata “pasta al Khamsin”. E mentre stiamo cenando ecco spuntare da chissà dove un gerbillo, uno di quei piccoli roditori sahariani che hanno il muso da topo e zampe da canguro. È il primo animale che vediamo da Siwa in poi. E forse noi siamo per lui i primi uomini, perché il gerbillo non ha paura: saltella, fa il giro della “mensa”, raccoglie le briciole, poi sparisce nel buio. Il giorno dopo si riparte: non per Kharga, ma per Farafrah, l’oasi-via d’uscita a metà strada. Usciamo dalle dune ed entriamo in un territorio del tutto diverso (Deserto Bianco) punteggiato da spettacolari concrezioni di gesso a forma di fungo e di meringa; poi entriamo nell’oasi. Il viaggio è finito: dell’armata di Cambise non abbiamo trovato traccia, ovviamente. Ma abbiamo avuto di più: abbiamo capito che Erodoto non esagerava, ci siamo trovati nella stessa situazione dei soldati di Cambise. Loro però non avevano auto nelle quali ripararsi.
Chi era Cambise II, il re dell’armata sparita
Re dal 529 al 522 a.C., figlio di Ciro il Grande, Cambise II non è passato alla storia con gli stessi unanimi apprezzamenti guadagnati dal padre, creatore dell’Impero Persiano. Militarmente non valeva molto: occupò facilmente la valle del Nilo solo perché l’Egitto di allora era poco armato; ma quando poi tentò di conquistare la Nubia e di attaccare Cartagine, andò incontro a due fallimenti, cui si aggiunse il flop della spedizione contro Siwa. Politicamente fu un disastro: in patria, partendo per la guerra, lasciò il trono in custodia a reggenti infidi, tanto che un mago glielo scippò con un golpe. In Egitto, poi, si fece incoronare faraone, ma invece di cercare il consenso della gente se lo
alienò con gesti sacrileghi (uccise molti sacerdoti e il bue sacro Api). Nella vita privata, infine, si comportò con una ferocia che sconfinava nella follia: prima ammazzò un fratello, poi prese come
concubine due sorelle e infine uccise la più giovane delle due. Dopo aver versato tanto sangue altrui, Cambise finì per versare anche il proprio: mentre rientrava dall’Egitto, cadde da cavallo (forse per una crisi epilettica, forse perché ubriaco fradicio) e si ferì a morte con la sua stessa spada.
Armata sparita, le scoperte: molto rumore, forse, per nulla
Ogni tanto qualche archeologo fa parlare di sé i giornali dicendo (o lasciando credere) di avere scoperto i resti dell’armata scomparsa. Ultimamente è successo nel 2000 e nel 2006. Nel marzo 2000 le autorità egiziane annunciarono che in una località chiamata El-Bahr El-Aazam, dei tecnici petroliferi avevano trovato per caso spade e frecce in bronzo, coltelli di ferro, uno scudo e un bracciale d’argento, tutto “probabilmente” persiano. Ma a quel primo ritrovamento non ne seguirono altri. Nel 2006 fu poi annunciato che nel Deserto Bianco, vicino all’oasi di Farafrah, un’équipe archeologica internazionale, a guida egiziana, aveva trovato pezzi di mantelli e turbanti di epoca non precisata. Ma è pensabile che quei tessuti abbiano duemila e cinquecento anni?
Il grande mare di sabbia. Come andarci e con chi
Come arrivarci – In teoria Siwa ha un aeroporto, ma è meglio far capo allo scalo del Cairo, che Egypt Air (telefono 06 744093 e 02 865777, www.egyptair.com) e Alitalia (telefono 06 2222, www.alitalia.com) collegano tutti i giorni con Roma e Milano. Meridiana (telefono 0789 52600, www.meridiana.it) ha voli settimanali da Milano.
Documenti – Passaporto valido almeno sei mesi, più visto. Il passaporto può essere sostituito dalla carta d’identità valida per l’espatrio e con scadenza non inferiore a tre mesi, più fotocopia della stessa e due foto.
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