Martedì 23 Aprile 2024 - Anno XXII

Posti che vai, “Pais” che incontri

Gli imprevedibili scherzi della vita. Dal “Secondo Alpini ai Caraibi”, con una piuma di volatile amerindo sul cappello. Una vita avventurosa, tra missioni amazzoniche, studi a Bogotà e una moglie colombiana. Per ritrovarsi, alla fine, a intonare canzoni del “Vèj Piemont”

Remo Usseglio Guerra
Remo Usseglio Guerra

Atterro a San Andrès (che appartiene alla Colombia solo perché la politica fa scherzi bislacchi) isola caraibica la cui posizione geografica potrebbe tranquillamente – ma con un po’ di ironica trivialità – essere definita “al centro del luogo in cui non batte mai il sole”. Un posto in cui, se sei privo di fantasia, pensi di passare la dogana e ritrovarti forzuti negroni pettinati “rasta” che ti accolgono cantando “reggae” (me ne intendo poco) e quant’altro si urla da quelle parti. E invece ti ritrovo un signore bianco (nel senso di non berlusconianamente “abbronzato”) dagli altrettanto bianchi capelli, sormontati da un cappello da alpino invero precario (lo so, sarò severo, ma la piuma di un uccello da cortile amazzonico invece di quella doc di un’aquila della Valpellice non la posso proprio accettare).

Oh Sole Mio? Ohibò! Meglio i canti “al ciàr d’la luna”

L'aeroporto di San Andrès
L’aeroporto di San Andrès

E come se la sorpresa non avesse già toccato il diapason, l’ormai cresciuto Piccolo Alpino (quante tenerezze non si scrivevano antàn: sto pensando all’omonimo racconto di Salvator Gotta) invece di urlarci addosso motivi del Bob Marley, festeggia l’arrivo del nostro gruppetto compatriota cantandoci il canonico “Oh Sole Mio”. Ma tutte le bugie, anche quelle canore, hanno le gambe corte e vengo pertanto a sapere che lo stonato imitatore di Caruso ha fatto la “naja” nel glorioso non meno che piemontesissimo “Secondo Alpini”. Non potendo quindi trattarsi che di un mio “pais” (copyright di Gianni Brera) sovrasto il suo canto terùn intonando l’antico “Quand ch’ai eru al Pampalù al ciàr d’la luna”, canto che più Vej Piemont di così, non si può.

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Il neoamico alpino (nonché mio coscritto, W il 1936! Così si scriveva un tempo sui muri durante la visita di leva) non crede alle sue orecchie, molla “Oh Sole Mio” e si unisce a me nell’interpretazione della citata canzone pedemontana, a cui fa seguito l’antico motivo monferrino “Oh bundì Maria Catlìna”. E’ fatta, sono ormai amico di Remo Usseglio Guerra, un “pais” le cui umane vicende meritano davvero le righe che seguono.

Da Pinerolo alle Missioni della Consolata

Un'altra immagine del
Un’altra immagine del “pais”

L’attuale isolano di San Andrès nasce a Pinerolo (Torino) ultimo di sei fratelli e come non bastasse venire al mondo poverissimo, perde pure padre e madre in tenerissima età. In tali misere condizioni a Remo non resta che vagare per il mondo (campagna torinese); finisce in alcuni ospizi ma scappa e va a portare le bestie al pascolo, fin quando (1948) trova chi lo fa accogliere in un collegio. Per sei anni il mio “pais” studia, con un interesse e un profitto che gli permetteranno – decenni dopo – di porgermi un biglietto da visita riportante (testuale): “Docente, Conferencista, Guia turistico, filosofo, teologo Fidei Roma, especialista en Derechos Humanos Universidad Javeriana”. Giunto ai diciotto anni, Remo finisce il collegio e mentre fa il mungitore vince (spinto da un parroco che crede in lui) una borsa di studio che gli apre le porte dell’università, ne completa i corsi (beninteso facendo contestualmente la “naja” nel già lodato “Secondo Alpini”, attendente del vescovo monsignor Ricchiardone) indi insegna per un po’ filosofia, dopodiché parte volontario con le (torinesissime) Missioni della Consolata.

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