Giovedì 25 Aprile 2024 - Anno XXII

Nel cuore d’Italia, fra Santi e Santuari

Cantelice - © 2020 Consorzio Valle Santa Reatina

“Buon giorno, buona gente!” così salutava il Poverello di Assisi. I Cammini spirituali riconquistano i pellegrini del terzo millennio. La Valle Reatina propone il suo Cammino, 80 chilometri immersi fra boschi, vallate, pareti rocciose e pendii

Valle Reatina Santuario di Greccio
Santuario di Greccio

In cammino per scoprire l’universo fuori e dentro sé stessi. Un viaggio da percorrere passo dopo passo seguendo il filo della scoperta e della riscoperta, fra spiritualità, natura, cultura e tradizioni.
È quanto cercano i pellegrini del terzo millennio che scelgono di esplorare i grandi “Cammini” come la via Francigena, che nel Medio Evo univa Canterbury a Roma.
Per esempio si può andare alla scoperta della valle Reatina impregnata di bellezze naturali, tesori artistici e tanta spiritualità, attraverso il Cammino di San Francesco che arrivò per la prima volta in quella che, per tutti, diventerà la Valle Santa di Rieti.

Francesco e la scelta di vivere in povertà

Valle Reatina Comune di Poggio Buscone Sacro Speco
Comune di Poggio Buscone Sacro Speco

Era l’estate del 1208. Il Poverello di Assisi e i suoi primi compagni decisero di lasciare la cittadina umbra. La loro scelta di povertà assoluta e di completa dedizione a Cristo non era stata né capita né accettata. Dopo aver attraversato la valle Spoletana, Cascia e Leonessa, arrivarono a Poggio Bustone. “Buon giorno, buona gente!” fu il saluto di Francesco agli abitanti del posto, saluto che viene rinnovato ancora oggi.
Qui scelse come dimora un piccolo romitorio nascosto nei boschi per vivere a diretto contatto con il creato e ritrovare l’armonia fra sé stesso e l’universo intero.

Poi nel santuario de La Foresta, a cinque chilometri da Rieti, il Poverello creò lo splendido Cantico delle Creature e compì il miracolo della moltiplicazione dell’uva. Il refettorio custodisce ancora oggi la vasca in cui il Santo avrebbe trasformato un misero raccolto in un esempio di abbondanza. Gli altri santuari toccati dallo spirito di un uomo staordinario sono: Greccio, in cui venne creato il primo Presepe nella notte di Natale del 1223 e Fonte Colombo, dove nacque la Regola definitiva dell’Ordine francescano (www.camminodifrancesco.it).

L’itinerario della Valle Reatina

Giotto, San Francesco rinuncia alle vesti, Basilica Superiore di Assisi
Giotto, San Francesco rinuncia alle vesti, Basilica Superiore di Assisi

In questi luoghi di grande bellezza e soavità, angoli dove è di casa la contemplazione di sorella Natura, immersi fra boschi, vallate, pareti rocciose e pendii, è nato l’itinerario del Cammino della Valle Reatina. Un itinerario lungo ottanta chilometri che si può percorrere a piedi, in bicicletta o a cavallo. Meta di pellegrinaggio religioso ma anche di esplorazione interiore e culturale tout court. Come dire: una destinazione di vacanza a 360 gradi, per assaporare dimensioni troppe volte dimenticate. Destinazione molto apprezzata soprattutto dagli stranieri e ancora poco conosciuta dagli italiani che, invece, dovrebbero guardare di più ai tesori vicini prima ancora di andare lontano…

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Secondo i dati dell’Apt reatina i viaggiatori d’Oltralpe lungo il Cammino di Francesco hanno scelto forme miste di turismo cultural-religioso, naturalistico e storico. Per quanto riguarda l’estero, il primato spetta alla Germania, per l’Italia al Lazio. Per il 2010 si attende un aumento di presenze, provenienti soprattutto da Germania e Stati Uniti. E naturalmente si punta anche al turismo interno con l’obiettivo di allargare i confini regionali a tutto il Bel Paese. A questo proposito in tutta la provincia Sabina si continua a investire e cresce il numero dei bed & breakfast, accanto ad alberghi, ostelli per la gioventù, affittacamere e case vacanze. Anche perché da queste parti non mancano le curiosità e le chicche da scoprire e da gustare con tutti e cinque i sensi (www.apt.rieti.it).

Anche i Santi erano buongustai

Il refettorio monastico. In questa opera di Giovanni Antonio Bazzi detto il "Sodoma" vediamo San Benedeto a tavola insieme ad altri monaci (1505 circa
Il refettorio monastico. In questa opera di Giovanni Antonio Bazzi detto il “Sodoma” vediamo San Benedetto a tavola insieme ad altri monaci (1505 circa)

Per esempio, non tutti sanno che San Francesco amava la buona cucina: gli piacevano i mostaccioli, il pasticcio di gamberi d’acqua dolce e il lardo. Lo rivela una ricerca storica sugli antichi ricettari francescani e benedettini realizzata dal commissario dell’Apt di Rieti Tersilio Leggio, proprio per la celebrazione del Cammino di Francesco nella valle reatina.
Lo studio mira “… a confrontare, per la prima volta su fonti filologicamente coove i monaci svolgevano anche il ruolo di imprenditori agricoli, a partire dalle rette e con studi comparativi a Santiago de Compostela, le pratiche e le culture gastronomiche in uso all’interno dei monasteri, da produzione di olio extravergine.

Prodotto per il quale, ancora oggi l’abbazia di Farfa è un grande esportatore”. Dalla ricerca emerge anche “… la divertente diatriba tra gli amministratori delle chiese del nord Europa, costretti a contrastare il fumo e il cattivo odore dell’illuminazione da grassi animali, mentre i nostri monaci si compiacevano delle virtù dell’olio d’oliva.
In particolare, i cibi amati dal Poverello di Assisi altro non sono che doni della terra d’antica memoria.

Francesco e frata Jacopa

I "mostaccioli" di cui era goloso il Santo
I “mostaccioli” di cui era goloso il Santo

Tradizione vuole che la nobildonna Giacomina dei Sette Soli, che Francesco confidenzialmente chiamava frata Jacopa, usasse preparare per lui dei particolari biscotti ogni volta che lo ospitava a Roma. Il santo, quando stava per morire, espresse il desiderio di gustare quei dolcetti fatti con mandorle, farina e miele, noti allora a Roma e nel circondario col nome di “mortarioli”. Quelli che oggi chiamiamo “mostaccioli”, presenti un po’ in tutt’Italia con termini e forme leggermente diverse. Si racconta che all’avvicinarsi della sua ultima ora, Francesco disse a un frate di scrivere a Jacopa per informarla della sua morte imminente e chiedendole di raggiungerlo alla Porziuncola per portargli una veste per la sepoltura e delle candele.

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I “mostaccioli” del Poverello

donna Jacopa
donna Jacopa

Questo il testo della missiva: “A donna Jacopa, serva dell’Altissimo, frate Francesco, poverello di Cristo, augura salute nel Signore e comunione nello Spirito Santo. Sappi, carissima, che il Signore benedetto mi ha fatto la grazia di rivelarmi che è ormai prossima la fine della mia vita. Perciò, se vuoi trovarmi ancora vivo, appena riceverai questa lettera, affrettati a venire a santa Maria degli Angeli. Poiché se giungerai più tardi di sabato, non mi potrai vedere vivo. E porta con te un panno di colore cenerino per avvolgere il mio corpo e i ceri per la sepoltura”.

Alla fine della lettera, poi, esprimeva un ultimo desiderio, assai terreno: “Ti prego anche di portarmi quei dolci, che tu eri solita darmi quando mi trovavo malato a Roma”. Si riferiva a quei dolcetti fatti con mandorle, farina e miele, i mostaccioli per l’appunto.

La Via di San Francesco fra Umbria e Lazio

L'Abbazia di Casamari a Veroli
L’Abbazia di Casamari a Veroli

Oltre al Cammino di Francesco nella Valle Reatina, lo scorso anno è stato rilanciato anche un altro tratto della Via Francigena nel centro Italia, dall’Umbria alla Città Eterna: la Via di San Francesco. Promosso dalla Regione Umbria e dall’Opera Romana Pellegrinaggi, il tratto “sud” che, partendo da Perugia attraverso i territori di Assisi, Foligno, Spoleto e la Valnerina Terzana fino a Piediluco, si ricongiunge con quello realizzato nel Lazio, è percorribile a piedi, in bici e, in parte, a cavallo.

Valle ReatinaComprende nel suo tratto umbro ben sedici tappe per un totale di centoventisette chilometri, all’interno del progetto interregionale “Itinerari della fede”. Itinerario da compiere, meta il centro della cristianità, sulle orme del Poverello di Assisi, “… il santo che ha rivoluzionato dalla base la Chiesa e che ha fatto riscoprire in un cammino lento la possibilità di realizzare un incontro di arte, storia, cultura e religione”, secondo la definizione di Monsignor Libero Andreatta dell’Orp, per il quale “… la solitudine, il silenzio, la contemplazione, e la partecipazione del corpo e della psiche, aiutano l’uomo ad uscire dalla società del consumismo con la fatica e il sudore della strada’”. Il percorso è parte del più ampio progetto “I Cammini d’Europa: Via Francigena e Cammino di Santiago”, finalizzato alla valorizzazione delle aree rurali, storiche e architettoniche dei territori attraversati dagli Itinerari Culturali Europei (www.orpnet.org).

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La Via Benedicti, percorso di grande fascino

Abbazia_di_Farfa
Abbazia di Farfa credit Renio Linossi

Sempre nel centro Italia, c’è un’altra strada tutta da scoprire, seguendo la regola “ora et labora” del Patrono d’Europa San Benedetto. È la “Via Benedicti”, un percorso di grande fascino che si snoda ancora una volta tra Lazio e Umbria e tocca l’Abbazia di Farfa, che si trova nel comune di Fara Sabina, poco lontano da Rieti e arriva in Ciociaria, nella provincia di Frosinone, che custodisce tesori come la Certosa di Trisulti a Collepardo, a ottocentoventicinque metri di quota, alle falde dei Monti Ernici, vicino al Parco Nazionale d’Abruzzo. E nel comune di Veroli, l’Abbazia di Casamari, gemma dell’architettura gotica italiana. Fino a Montecassino dove sorge dall’anno 529 l’omonima Abbazia in cui nacque la Regola benedettina, seguita in tutti i monasteri d’Europa .

Gamberi di fiume e lardo. I “peccati” del Santo d’Assisi

Sacro Speco, la grotta naturale in cui Francesco scrisse la regola del suo Ordine. Credit Monica Domeniconi
Fonte Colombo, Sacro Speco, la grotta naturale in cui Francesco scrisse la regola del suo Ordine. Credit Monica Domeniconi

Francesco apprezzava particolarmente anche altri due piatti: uno a base di luccio e un atro con il pasticcio di gamberi.
La ricetta del pasticcio è stata tramandata da un anonimo frate francescano, che scrisse gli “Acta beati Francisci in Valle Reatina” tra il secolo XIII e gli inizi del XIV. L’anonimo, che doveva conoscere bene gli usi culinari della conca reatina, parla di un pasticcio composto dalla polpa e dal succo di gamberi, con l’aggiunta di noci e di altre spezie.
Questa preparazione doveva essere molto diffusa all’epoca, tenendo conto che gli fu offerta mentre si trovava a Fonte Colombo.
A Poggio Bustone è legato invece un episodio raccontato dallo stesso santo che confessò a malincuore di aver mangiato durante l’astinenza quaresimale delle verdure condite con il lardo. Come dire: dai doni del cielo ai tesori di madre Terra.

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