Domenica 28 Aprile 2024 - Anno XXII

Estremadura. Qui la ‘intrahistoria’ è maestra di vita

Santa Marta Piazza della Costituzione

Cosa pretendere di più da un ‘contatto’ (entusiasmante) e da una condivisione (interessante) delle piccole-grandi ricchezze di un borgo del sud della Spagna? In Estremadura, a Santa Marta de Los Barros tutto questo è possibile

La piazza di Santa Marta de los Barros, campagnola cittadina nella provincia di Badajoz
La piazza di Santa Marta de los Barros, campagnola cittadina nella provincia di Badajoz

Nutro molta aficiòn per Miguel de Unamuno, poeta, filosofo, scrittore, drammaturgo e politico, per due motivi. In primo luogo per il coraggio dimostrato il 12 ottobre 1936 nel Paraninfo dell’università di Salamanca di cui era rettore.
Ripetutamente interrotto mentre criticava l’eccessiva glorificazione della morte da parte dei franchisti presenti, il letterato basco pronunciò il noto, provocatorio (non meno che rischioso) anatema “Vincerete ma non convincerete” (dopodiché si beccò l’ennesimo “Viva la Muerte” dal generale Millàn-Astray, fondatore della Falange Española).

La grande storia minore di Miguel de Unamuno

Monumento a Miguel de Unamuno a Salamanca
Monumento a Miguel de Unamuno a Salamanca

Miguel Unamuno inventò e rese importante la Intrahistoria, leggasi la storia minore, quella interpretata dall’umile e anonima gente che nelle umane vicende ricoprì ruoli secondari quando non fu sconosciuto comprimario (senza loro, però, non studieremmo la Storia con la S maiuscola). Non nego l’audacia ‘pindarica’ che compio volando dalla Intrahistoria alla descrizione di Santa Marta de los Barros, campagnola cittadina nella provincia di Badajoz (che con quella di Caceres compone l’Extremadura, verdissima comunidad spagnola più grande della Svizzera). Ma audace non sono, perché, come è giusto che la Storia non dimentichi anonimi personaggi, parimenti, chi viaggia e racconta dovrebbe, almeno una tantum, dedicare qualche rigo a posti e località minori. Mica si può vivere descrivendo soltanto New York, Londra e Tokyo.

Ricchezza ‘umana’ dei centri (cosiddetti) minori

Castello de Feria nelle vicinanze di Santa Marta
Castello de Feria nelle vicinanze di Santa Marta

Eccomi dunque a Santa Marta, invitato – in quanto ‘periodista’ ritenuto, ahiloro, non solo aficionado ma pure al corrente di turismo e gastronomia – a soggiornarvi un paio di giorni durante una delle mie periodiche gite nella a me cara Extremadura. Invito accolto con entusiasmo, ma non per le sbafate seriali (a parte i problemi di coscienza, come i vecchi pugili faccio fatica a ‘fare il peso’ e nel contempo mica posso rinunciare al “Pata Negra” o a una “Carrillera al vino de la Tierra de Barros”).
L’entusiasmo scaturisce invece dalla piacevole constatazione che più invecchio e più amo la gente semplice e genuina. Che incontro prevalentemente nei piccoli centri, in quello che un tempo si chiamava il contado, mica nelle metropoli. Non ne posso più dei soliti blablabla della solita Gente (più o meno) Bene della Milano (un tempo) da Bere (adesso inscemita dalle Happy Hour); ormai ascolto solo aria fritta e pure noiosa. E si dà anche il caso che a Santa Marta abbia pure imparato cose nuove e non banali (oltre a conoscere gente e posti che potrebbero interessare chi viaggiasse questo angolo di Extremadura, a due passi dal Portogallo e dalle ‘romane’ Merida e Via o Ruta de la Plata).

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Star Tivù tra amici e buona tavola

 Curiosa “insegna” dell’albergo Kika
Curiosa “insegna” dell’albergo Kika

E passo alla cronaca. Giunto all’hotel Kika (tanto semplice quanto efficiente, Wifi gratuito in camera alla faccia di tanti hotels nostrani che non l’hanno o se l’hanno te lo fanno pagare) è già lì ad attendermi l’alcalde-sindaco Jorge Vazquez Mejias. Il tempo per una Caña-birretta e inizia una mia Full Immersion Santamartiana gestita congiuntamente dal solerte primo cittadino e da Maria Catena, grande aficionada all’Italia ma soprattutto eccellente esperta di viaggi (e ci credo, è stata per anni dirigente del Turismo Extremeño a Merida, capitale della Comunidad). E si va a cena, beninteso a due passi, perché Santa Marta conta solo 5000 abitanti, ciò nonostante possiede pure una sua televisione di cui son divenuto Star al termine di una intrigante intervista. Ripresomi dallo choc causatomi dall’entusiastico benvenuto dei proprietari, al ristorante “Talega” (sono quei sacchetti di tela in cui nelle case contadine si custodiva il pane; bel nome) sono piacevolmente aggredito da sapori semplici quanto eccelsi (ay ay quel Lomo de Bacalao con Cominos y Espinacas).

Churro, Caldereta e Vino. Questa è vita!

Santa Marta Piazza del Vigneto
Piazza del Vigneto

Quanto mai piacevole, la mia Full Immersion a Santa Marta ha goduto tre ulteriori chicche che ho voluto riservare al Galop Finale di queste noterelle. Al mattino, invece del nostrano, squalliduccio “cappuccio con brioche” (incellophanata nove mesi prima al Mulino Bianco) secondo tradizione vengo condotto da Jorge Vazquez al rito del Churro, prima colazione dei campesinos spagnoli (ma fortunatamente qualche locale dedicato alla bisogna lo trovi ancora, seppur a fatica, a Madrid e Barcelona). Dopodiché, pappata ‘sta umile pastella di farina che s’indora friggendo, procediamo verso una Festa di Primavera allestita per la Terza Età (quanti – per me – sbarbati, incontro) dal comune di Santa Marta tra tavoli e cucina all’ombra di un bel bosco. Mentre degusto una saporita caldereta, mi godo la vista di tanta gente che si conosce (nella mia metropoli, dopo circa vent’anni di incontri sull’ascensore mica ancora lo saluto il mio vicino di pianerottolo).
Gradito ospite alle Bodegas-Cantine Santa Marta, Cata (assaggio) di un profumato olio, e poi due chiacchiere sul loro vino, previo accurato esame. Mi complimento con Maria Gracia Gomez Arrabal, direttrice vendite, e le chiedo se prevede di esportare qualche bottiglia nel Belpaese. “Bottiglie no, perché renderebbero poco”, mi fa la manager “in Italia inviamo invece enormi quantità di vino in cisterne” (che diventerà poi quel nettare Italy doc che vedrò sciovinisticamente lodato negli spot tivù). A Santa Marta de los Barros, Extremadura (e viva la Intrahistoria).

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Santa Marta e il Museo Geologic

Santa Marta Geologico y Minero
Museo Geologico y Minero

Al lettore preoccupato per i succitati eccessi sibaritici mi affretto comunque a precisare che il neoamico Alcalde mi ha anche mostrato la antica chiesa parrocchiale e una Ermita di buona fattura, dopodiché Maria mi ha preso in consegna conducendomi al Museo Geologico y Minero. Una istituzione culturale che non avrei pensato di trovare, viste le dimensioni di Santa Marta (già dotata della sullodata tivù). Ma c’è una spiegazione a tutto, perché vengo informato che in questa terra prosperarono molte miniere e in zona è presente il rarissimo Vanadio. Ma Los Barros (argilla, fango) è soprattutto un territorio vocato all’agricoltura e pertanto nella sezione Etnografica del piccolo ma valido museo ammiro strumenti, attrezzi, memorabilia, foto dell’antica società contadina (in Extremadura quanta fame soffrì l’umile gente!).

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