Venerdì 19 Aprile 2024 - Anno XXII

Georgia, diario di bordo

Siamo a Tbilisi, nel cuore della regione caucasica. Una terra conosciuta più per i suoi conflitti. Maura Morandi – da anni vive e lavora in Georgia – ci accompagna alla scoperta del Paese attraverso percorsi che si snodano tra cultura, natura, assistenza umanitaria e racconti di vita di tutti i giorni in una tipica famiglia del posto. Ecco un assaggio del suo diario di viaggio nel volume “Georgia: viaggio nel cuore del Caucaso”, edizioni Polaris

La cattedrale Sameba a Tbilisi
La cattedrale Sameba a Tbilisi

Tbilisi, 24 marzo 2003

Eccomi a Tbilisi, la capitale della Georgia. Un altro mondo: qui avere luce, acqua e gas è un lusso che pochi si possono permettere. Non mi aspettavo niente di tutto ciò. La povertà si può vedere ovunque: i grandi e numerosi edifici grigiastri costruiti durante l’Unione Sovietica che ospitano migliaia e migliaia di appartamenti e altrettante famiglie sono ormai in condizione di grande degrado. Le persone che ho incontrato finora, soprattutto le persone più anziane, rimpiangono l’Unione Sovietica, dicono che con il comunismo tutti avevano una casa, l’acqua sgorgava dai rubinetti e l’elettricità c’era sempre.

 

Tbilisi, 10 aprile 2003

Mi dispiace tanto non poter andare a visitare queste montagne immacolate, questi paesini montani che da noi in Italia forse esistevano più di cento anni fa. Là la storia si è fermata, il progresso non è arrivato. […] Tbilisi è …catastrofica! Ma ha un suo profondo fascino: non puoi non lasciarci il cuore… e promettere a te stesso che tornerai, che le cose per questa gente cambieranno, che la Georgia tornerà a essere il “granaio sovietico” e un eccezionale luogo dove trascorrere le vacanze. […] Ora la gente bighellona per strada tutto il giorno, quasi nessuno lavora, non esiste uno stipendio medio, uno vive come può: sinceramente, in che modo non l’ho ancora capito. Non esiste l’assistenza sanitaria gratuita per i cittadini e la pensione è di 6 lari al mese, cioè 6.000 delle nostre vecchie lire. La popolazione georgiana è incredibilmente ospitale e generosa: talvolta è commovente come non abbia praticamente nulla e si faccia in quattro pur di offrire qualcosa all’ospite. Non si lascia una casa georgiana senza aver bevuto un tè o un caffè e mangiato frutta, dolci o un pasto completo! […] Tra tre settimane torno a casa, ma ho già promesso a Tbilisi e alla Georgia che tornerò… e sarà un altro viaggio…

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Georgia, diario di bordo

Tbilisi, 24 Settembre 2005

Sono ritornata a Tbilisi! Arrivata all’aeroporto alle tre di mattina, Manana, Nutsa e Zviad mi stavano già aspettando. Nutsa e Zviad sono i due figli della famiglia georgiana presso la quale abito. Siamo arrivati a casa verso le quattro, e come nella migliore delle tradizioni georgiane, ci sono tutta la famiglia sveglia e una mega tavola imbandita a festa ad aspettarci! All’entrata un cartellone con scritto “Benvenuta”. Tra di me ho pensato sorridendo: “Eccomi ritornata in Georgia”. Abbiamo banchettato fino alle sei del mattino: il padre, Temuri, continuava a riempire tutti i bicchieri di vino. E guai a mostrare un qualche segno di cedimento per il sonno! Sulla tavola c’era tanto cibo e tutti erano impegnati a riempirmi il piatto. Qui si mangia sempre! La famiglia è molto accogliente e affettuosa: proprio una tipica famiglia georgiana.

 

Yerevan (Armenia), 5 settembre 2006

Che bello il Caucaso, con le sue strade rotte, le montagne altissime e innevate, le immense distese pianeggianti e vuote; che belle le genti caucasiche con tutti i loro pregi e difetti: la loro ospitalità cordiale, calorosa e gratuita, la loro impulsività e testardaggine, la loro voglia di fare festa in ogni momento…

 

Tbilisi, 20 giugno 2007

Dopo quasi quattro anni di lavoro, finalmente oggi abbiamo inaugurato il Centro Culturale Italiano presso l’Università Statale “Ilia Chavchavadze” di Tbilisi. Il Centro sarà aperto a tutte le persone interessate allo studio e all’approfondimento della lingua e della cultura italiana e qui verranno realizzate attività didattiche, scientifiche e culturali.

Statua dell'architetto georgiano Shota Kavlashvili
Statua dell’architetto georgiano Shota Kavlashvili

Gori, 24 ottobre 2008

Vi scrivo da Gori, la cittadina diventata simbolo del conflitto tra Russia e Georgia. […] A prescindere dalla visione politica di essere a favore o meno dell’indipendenza delle due regioni, per la popolazione non è affatto facile scegliere da che parte stare. Ci sono migliaia e migliaia di famiglie miste che questo ennesimo conflitto ha diviso. Stare a Tbilisi o a Tskhinvali? Nessuna delle due città è sicura per chi è originario “dell’altra parte”. […] La prima volta che sono arrivata al campo che accoglieva i profughi a Gori mi sono profondamente commossa. Gori è sulla strada per Tskhinvali. Quante volte ci sono passata? Ora il mio viaggio si ferma qui, in mezzo ad altrettanta sofferenza. Tutta quella gente nelle tende da assistere e consapevole di non poter aiutare chi sta dall’altra parte di questo nuovo confine. Non importa se osseti o georgiani, le persone che soffrono e che hanno bisogno di aiuto sono tutte uguali e vanno assistite nello stesso modo. […] Il campo profughi di Gori è stato smantellato una decina di giorni fa. Dopo che i soldati russi si sono ritirati sul confine con l’Ossezia del Sud, la maggior parte della gente è rientrata nelle proprie case. Ma i problemi non sono finiti. Tutt’altro. Non tutti hanno trovato la propria casa ancora in piedi e molte case sono pesantemente danneggiate. Inoltre, le proprietà sono state saccheggiate, derubate. La gente non ha più il bestiame e ha perso i raccolti.
Di che vivrà?

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