Giovedì 28 Marzo 2024 - Anno XXII

Lampredotto. A Firenze è un un’istituzione

Lampredotto-panino Firenze,Ponte-Vecchio

Più amato delle rime di Dante, più conosciuto delle ceramiche dei Della Robbia, antico come Palazzo Vecchio, il lampredotto è una pietanza che i fiorentini consumano e apprezzano. Insieme, forse, a qualche chef attento alle tradizioni culinarie popolari

Lampredotto Firenze Ponte-Vecchio
Firenze, Ponte Vecchio (Ph ©Nico Tondini)

Fuori dalle antiche mura della città di Firenze nessuno conosce il significato della parola “lampredotto”. Solo qualche gourmet assocerà questo strano vocabolo ad una pietanza. Una pietanza antica quanto Palazzo Vecchio e amata dai fiorentini più degli scritti Dante Alighieri e più delle ceramiche delicate dei Della Robbia. Il lampredotto è uno dei quattro stomaci del bovino, è una trippa, una frattaglia. A definirlo così sembra riduttivo, spoetizzante, e non lo merita.

Il lampredotto è per i fiorentini un’istituzione, una leggenda gastronomica. È un rito popolare itinerante presente per le strade, sotto l’ombra nobile dei palazzi cinquecenteschi e le architetture ardite del Brunelleschi. Il lampredotto è un cibo da strada, e proprio qui, tra le pietre squadrate e lucide di Via dei Cimatori, di Via dei Macci, di Via dell’ Ariento, nel cuore della città, nasce e muore questa pietanza, immolandosi in nome dell’antica e blasonata “ars coquinaria” toscana.

Cibo “nobile” da strada
Lampredotto Trippai di un tempo
Trippai di un tempo (Ph ©Nico Tondini)

Gli ultimi baluardi di questo cibo povero e popolano sono i “banchini dei trippai” come li chiamano a Firenze. Un tempo erano carretti di legno, dipinti con colori sgargianti, condotti a mano o appoggiati su tricicli a pedali. Oggi sono piccoli chioschi su quattro ruote, tutti di acciaio, lindi e sterili, ma con ancora intatto il loro fascino gitano.

Portano in giro per Firenze il pesante carico di trippe e di storia. In bella mostra, da un lato del banco, in mezzo a verdure fresche, limoni ed insalata, i venditori offrono la loro mercanzia.  Mercazia che comprende lampredotto, trippa e puppa (la mammella del bovino) già bollite e pronte per essere cucinate dalle massaie tra le mura domestiche, in una miriade di ricette. Nell’altro lato del banco bollono due pentole piene di brodo, in cui cuociono insieme a pomodori, carote, prezzemolo,cipolla e patata , grandi pezzi di lampredotto, destinati ad una fine gloriosa: farcitura succulenta in mezzo a panini croccanti.

Trippai come superstar
Lampredotto Trippai-fiorentini
Trippai fiorentini di oggi

Gli ultimi araldi di questa tradizione culinaria fiorentina hanno nomi conosciuti in città, sono famosi e più amati di Michelangiolo Buonarroti , fedeli ai colori e alla tradizione gastronomica della città gigliata. Miro Pinzauti, Fulvio Laporta, Orazio Nencioni, Fabrizio Giannelli, Andrea Zinci non sono solo “trippai”, non si limitano a preparare superbi panini con il lampredotto, ma rappresentano l’ultimo anello della tradizione popolare fiorentina. Il loro panino è un rito, è uno slow food fatto di sapori, di chiacchiere, di pause e di commenti, di buoni e sani bicchieri di Chianti. Il panino va mangiato sul posto, tra i discorsi degli avventori, in mezzo alle battute salaci e pungenti, tra la raffinata atmosfera rinascimentale e la semplice voglia di discutere su ogni argomento come il calcio, la politica, il tempo.

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Fantasie al Lampredotto
Lampredotto in Inzimino-Ph-Nico-Tondini
Lampredotto in Inzimino (Ph ©Nico Tondini)

La storia ci aiuta a capire il perché di questo amore tutto fiorentino per il lampredotto. Le cronache ci parlano delle “trippe” già nel ‘400, raccontano di botteghe fumose, a pochi passi dall’Arno, dove si bollivano e si vendevano le interiora per pochi centesimi.
A quei tempi la parola “fame” aveva un significato, e trippa e lampredotto rappresentavano una concreta risposta ai brontolii dello stomaco.

Proteine a buon mercato, carne di scarto per il popolino, una panacea gastronomica buona per il brodo e pasto saziante.
Si sa che il bisogno aguzza l’ingegno, così per rendere più appetibili e gustose queste modeste materie prime i fiorentini nel corso dei secoli hanno elaborato ricette sempre più ardite e fantasiose.

Il “must” è il panino
lampredotto
Nel panino è un must (Ph ©Nico Tondini)

Oltre alla classica trippa alla fiorentina con pomodoro e parmigiano, al lineare lampredotto bollito, nei “banchini” si possono gustare sperimentazioni gastronomiche di tutto rispetto: lampredotto in inzimino (accompagnato da bietole), all’uccelletto (con salsiccia, fagioli e pomodoro), rifatto con le patate o con le cipolle, con i porri, con i carciofi, fino ad arrivare a vere e proprie creazioni della haute couture culinaria come il cacciucco di lampredotto (olio, peperoncino, aglio, vino bianco e pomodoro).

Ma il must resta sempre il panino, croccante, farcito di morbida e semplice carne bollita, dal sapore ineguagliabile, guarnito con salsa verde o salsa piccante. I cultori di questo cibo lo preferiscono nella sua forma classica che ne esalta sapore e delicatezza: condito con poco sale , una generosa spolverata di pepe nero e con le facce interne del panino appena bagnate di brodo bollente.

Lampredotto “rex”

Vero e proprio tempio della ristorazione a base di trippa e lampredotto è il ristorante “Bella Ciao”. Si trova poco fuori Firenze, dove tutto, ma proprio tutto, dagli antipasti al dolce, sono cucinati con questo tipo di carne. Incredibile la soppressata di trippa, esaltante la bruschetta con cavolo nero, lampredotto e olio toscano. Curiose la ribollita, il pesto, le polpettine e la trippa fritta. E ancora Lampredotto ai funghi porcini, al tartufo nero, speziato all’eritrea, e per finire un incredibile dessert: biscottini secchi di trippa e lampredotto, da zuppare nel vinsanto toscano.

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Il lampredotto all’uccelletto (Ph ©Nico Tondini)

Il Duomo, il Campanile di Giotto, il Battistero, Piazza della Signoria e gli Uffizi formano quel grande museo open air nel centro di Firenze, in poche centinaia di metri sono visibili i più grandi capolavori del Rinascimento. Nelle anguste strade, tra questi monumenti, il sottile e più prosaico aroma del lampredotto ci porta in Piazza dei Cimatori, allo storico banco che fu del Pinzauti, dove bisogna fare la fila per essere accontentati.

A pochi passi da Palazzo Vecchio, in Piazza del Mercato Nuovo, accanto alla statua bronzea del “Porcellino”, c’è un angolo di vecchia Firenze: il banchino di Orazio Nencioni con i suoi panini farciti di lampredotto DOC. Questa trippa povera fiorentina, è il trait d’union tra la cultura ed il gusto; insieme alle opere d’arte costituisce il connubio per capire Firenze ed i suoi abitanti, tentando i sensi e facendoci peccare amabilmente, senza paura di finire nell’infernale girone dantesco dei golosi.

Ricetta: Lampredotto all’uccelletto

Ingredienti per 4 persone

600 gr di lampredotto
400 gr di salsicce toscane
150 gr di fagioli cannellini secchi
300 gr di pomodori pelati
8 cucchiai di olio extravergine di oliva
2 spicchi di aglio
8 foglie di salvia
2 cucchiai di concentrato di pomodoro
1 peperoncino piccante. sale e pepe

Mondate e mettete in ammollo i fagioli cannellini per tre ore, sciacquateli e scolateli. Versateli in una capiente pentola , aggiungete abbondante acqua fredda, quattro foglie di salvia ed uno spicchio di aglio intero sbucciato. Cuocete a fiamma bassa per circa un’ora e venti, fino a quando saranno “al dente”. Scottate il lampredotto in acqua bollente per dieci minuti, scolatelo bene e affettatelo a striscioline di un centimetro e mezzo di larghezza.
Tagliate le salsicce in rondelle dello spessore di tre centimetri circa. In una casseruola dai bordi alti versate l’olio di oliva, unite uno spicchio d’aglio diviso in quattro, il peperoncino piccante intero e le restanti quattro foglie di salvia.
Fate soffriggere per un minuto, unite poi le salsicce affettate , i pomodori pelati ,il concentrato di pomodoro e mescolate bene. Aggiungete il lampredotto ed i fagioli scolati, cotti in precedenza. Salate e pepate e fate cuocere per venticinque minuti a fiamma bassa aggiungendo, di tanto in tanto, qualche cucchiaio di acqua calda.

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Il Lampredotto, questo sconosciuto

Lampredotto Trippaio-a-FirenzeAnatomicamente il “Lampredotto” è l’abomaso, il quarto stomaco del bovino. Viene chiamato anche frasame, riccia, frangiata, quaglio , riccioletta o spannochia. Il suo originale nome sembra che derivi da Lampreda, pesce simile all’anguilla che avrebbe , una volta cotto,le carni frangiate e dello stesso colore di questa stupenda “trippa fiorentina”.
Il suo consumo è sempre risultato sicuro non essendo una parte a rischio per la sindrome da BSE (Encefalopatia Spongiforme Bovina – Mucca Pazza).La fase di lavorazione prevede lo svuotamento dell’abomaso, la sua centrifugazione a 60°, seguita dalla bollitura che dura circa tre ore, e da una sgrassatura che viene fatta a mano con spazzole speciali.

Il principe della tavola

Il peso di un lampredotto intero varia da 700 a 1000 gr e se ne distinguono due parti: la spannocchia, che presenta una carne compatta, un po’ più grassa e dal sapore deciso; e la gala, la parte più delicata, frangiata e dal colore più scuro. A Firenze si trova, oltre che nei chioschi dei trippai, in tutti i supermercati ed in tutti i negozi di macelleria.
Dal punto di vista nutrizionale non è sicuramente il principe della tavola, e come si dice a Firenze “ha poca sostanza” cioè ha un valore energetico scarso, ma possiede, oltre alla morbidezza ed al sapore decisamente unici, ottimi contenuto di fosforo, sodio, potassio, e circa il 16% di proteine ed il 5% di lipidi.
Il modo classico di consumare il Lampredotto è nel panino, che viene svuotato della mollica , bagnato nel brodo di cottura della trippa, e farcito con la carne bollente affettata grossolanamente e condito con sale e pepe.

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