Lunedì 25 Novembre 2024 - Anno XXII

Diario Eno-Turistico lungo le colline friulane del Collio

Cominciato (primo tomo) con una elegante non meno che – quanto a cibi – curiosa e sapida  cena in quel di Ronchi dei Legionari, e proseguito (secondo tomo) nell’asburgica Gorizia con visita al castello e  pranzo alla Locandiera (“Prelibatezze di Confine”; infatti sono  cambiati l’ora del desinare e il menu, non l’ottima qualità), il Famtrip Stampa del Turismo del Vino approda nel Collio. Il Collio, oggi fra due Stati Collio Goduto il panorama dal castello di Gorizia (poco lontano, è già terra slovena, nel santuario di Castagnavizza tomba di re Carlo X di Francia) dopo una sosta al mussoliniano Ossario … Leggi tutto

Cominciato (primo tomo) con una elegante non meno che – quanto a cibi – curiosa e sapida  cena in quel di Ronchi dei Legionari, e proseguito (secondo tomo) nell’asburgica Gorizia con visita al castello e  pranzo alla Locandiera (“Prelibatezze di Confine”; infatti sono  cambiati l’ora del desinare e il menu, non l’ottima qualità), il Famtrip Stampa del Turismo del Vino approda nel Collio.

Il Collio, oggi fra due Stati

Collio
Collio

Goduto il panorama dal castello di Gorizia (poco lontano, è già terra slovena, nel santuario di Castagnavizza tomba di re Carlo X di Francia) dopo una sosta al mussoliniano Ossario di Oslavia (il Culto dei Morti paga, eppoi non possono replicare) e ammirato il maniero dei conti Formentini a San Floriano, eccoci a Cormòns (nella puntata precedente già pregai di accentare la seconda “o” evitando il tragico errore dei mezzibusto raitivù).
Giusto in tempo per mettere le gambe sotto il tavolo (e non per discutere sul prossimo Partito Democratico) ospiti dell’Azienda Agricola Carlo di Pradis, di Boris e David Buzzinelli. Una sosta estremamente piacevole per tre motivi. In primis, mi ritrovo subito a mio agio in un ambiente “contadino”, lungi da certe spocchie di grandi produttori del Gotha vinicolo che ti ricevono con la puzzetta sotto il naso (rischio peraltro minimo nel nordest italico, più frequente nel Vej Piemont e nella nobile Toscana del Chianti). I Buzzinelli ricevono amichevolmente, alla buona, contornati dalle maggiorenti della famiglia (non conosco nella lingua locale l’equivalente della romagnola “azdora”) signore che si affannano a far da mangiare, mentre garruli Buzzinelli junior stanno incertamente muovendo i primi passi.

Nomi e cognomi “ballerini”

Diario Eno-Turistico lungo le colline friulane del Collio

Oddìo, più che Buzzinelli, i nostri ospiti dovrebbero chiamarsi Businel provenendo loro da un “estero” che costì dista solo qualche centinaio di metri e talvolta anche meno, lungo un incerto confine con la Slovenia. Se non che, un bel giorno, il Fascismo pensò bene di italianizzare i cognomi stranieri e da queste parti (crocevia con stop di genti e popoli) l’impresa si rivelò ardua, non tanto per la fantasia nelle traduzioni quanto per il numero dei soggetti a variazione. Come accennato, i Buzzinelli divennero Businel mentre le gazzette sportive si affannavano a far diventare Cucelli il grande tennista istriano Kucel e Nicolò Carosio chiamava Colaussi un footballeur di origine slava fino allora noto come Colausig.
Parimenti, chi  incontrasse un anziano signor Sartor o Sarto di origini triestine, non si fidi: potrebbe essersi chiamato Schneider prima delle disposizioni dell’Uomo della Provvidenza. D’altro canto ai ghiribizzi dei cambiamenti “fasisti” il popolo italico non fece fatica ad abituarsi e fu così che bevette il karkadè invece del tè facendolo seguire da un buon “arzente” chiamato cognac nell’odiata Francia, rea di averci fregato Corsica e Tunisi (o non fu forse l’Italica Stirpe a farsele fregare?).
Ma se si parla di nomi e parlate, da ‘ste parti, grazie a dio il problema non esiste più: si zompa senza problemi dallo slavo all’italiano, si capisce il tedesco e in casa ci si spiega in dialetto. No problem nemmeno in tema di appartenenze, bandiere e isterìe nazionali. Il maggiore dei due Businel – mi dice – non si sente sloveno ma – aggiunge – si sente ancor meno romano (“figurati io” gli rispondo quasi abbracciandolo in un empito di Heimat metà piemontese e metà romagnola, con lacrime quando sento suonare “Oh Me Bèla Madunina” che beninteso vorrei accompagnata dalla “Marcia di Radetzky”).

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