Giovedì 21 Novembre 2024 - Anno XXII

Pantanal, tra acqua e cielo

Nel cuore dell’America del Sud, una delle regioni più selvagge e meno esplorate del globo. Trionfo della biodiversità, vero e proprio paradiso per una fauna varia e interessante e insieme luogo d’elezione per l’ecoturismo. Quello vero

Pantanal, vista aerea
Pantanal, vista aerea

“Ma cosa ci vai a fare nel Pantanal? Non c’è nulla, là; solo zanzare e brutta gente”. Accovacciata nella piroga che scivola sulle acque immobili del Rio Clarinho (un affluente del Rio Paraguay, il fiume principale del Pantanal) sorrido ripensando allo stupore di un vecchio barista di Rio De Janeiro di fronte alla mia intenzione di visitare questa remota regione situata negli stati brasiliani del Mato Grosso e del Mato Grosso do Sul, nel cuore del Sudamerica.

Le parole ammonitrici del “carioca” amante della frenesia della “Ciudad Maravilhosa”, riflettono appieno la credenza popolare che i duecentotrentamila  chilometri quadrati di pianura alluvionale del Pantanal (che in portoghese significa pantano) sia “terra de ninguen”, ossia terra di nessuno.
In effetti la zona è del tutto inospitale e priva di città. Come potrebbe essere abitata, del resto, una regione grande come due terzi dell’Italia che per sei mesi all’anno, da ottobre a marzo, viene completamente sommersa dalle acque?

Pantanal nel regno degli animali
Plumbeous Ibis
Plumbeous Ibis

Il selvaggio west del Brasile, che sessantacinque milioni di anni fa era un mare interno e che è stato colonizzato solo nel 1700, è molto più generoso con gli animali che con l’uomo.
Il lungo isolamento e la conformazione del territorio, con le inondazioni periodiche del fiume Paraguay che impediscono la coltivazione intensiva della terra, hanno favorito le condizioni per la preservazione di un ecosistema unico al mondo. Il Parco Nazionale del Pantanal, infatti, è stato dichiarato nel 2000 Patrimonio Naturale dell’Umanità. Oggi vanta la maggiore concentrazione di fauna del Nuovo Mondo: ottanta specie di mammiferi (tra cui l’anaconda, il giaguaro, il formichiere gigante e il puma), addirittura seicentocinquanta specie di uccelli e duecentosessanta varietà di pesci (venti del solo, temibile, piranha) trovano qui le condizioni ideali per nutrirsi e riprodursi.
Il Pantanal ha molti animali in comune con la vicina Amazzonia, con la differenza che, essendo uno spazio aperto, sono facilmente avvistabili perché non hanno la foresta nella quale rifugiarsi.

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Prima che arrivi l’acqua
Ovunque colonie di caimani
Ovunque colonie di caimani

Per vederli si può partecipare a un safari in jeep, a piedi, in barca o a cavallo.
Il mio tour, accompagnata da Joel Souza, un’esperta guida locale, inizia davanti all’ingresso della Transpantaneira, una strada di terra rossa che collega per centoquarantacinque chilometri i due piccoli centri di Poconè e Porto Jofre.
È agosto, la stagione secca, quella in cui è più agevole spostarsi. A ricordarci delle prossime piogge, i numerosi ponticelli di legno (centotrenta in tutto) che tagliano la strada. Quello che subito colpisce è la vegetazione, un mix di foresta, savana e prateria in cui si stagliano termitai alti come uomini.

La vita si concentra intorno a un piccolo stagno, dove uno jabirù, la cicogna alta oltre un metro con la testa nera e il collo rosso e altre specie di uccelli (aironi, martin pescatori, ibis) convivono con una simpatica famiglia di capibara e una colonia di jacarè (caimani). Ai caimani si fa presto l’abitudine. Ne vediamo così tanti che è difficile credere che questa specie di jacarè, tipica del Pantanal, sia in estinzione a causa del bracconaggio.
Oltre che a piedi, è nelle piccole barche senza motore, lungo le centinaia di torrenti e canali del Pantanal, che si entra in contatto con la natura di questa terra.

Al sorgere del sole, complice anche la nebbiolina rosa che si solleva dall’acqua, sembra di assistere all’alba della creazione: il risveglio della natura è un evento prima di tutto sonoro, con uccelli di tutte le specie, che farebbero la gioia anche del birdwatcher più esigente, e scimmie urlatrici che intonano una sinfonia chiassosa e primordiale.

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Vita da “fazendero”
Tutt'intorno prateria a perdita d'occhio
Tutt’intorno prateria a perdita d’occhio

In barca peschiamo anche i piranhas, che costituiranno la nostra cena nella “fazenda”, un ranch in mezzo al nulla, raggiungibile solo dopo ore di jeep, quando, naturalmente, non è il periodo delle inondazioni stagionali.
Cavalcare nei dintorni della fazenda fa una strana impressione, sembra di tornare indietro nel tempo: tutt’intorno prateria a perdita d’occhio e, nel cortile, le donne che trasportano secchi colmi di porzioni di maiale o di pezzi di pesce che verranno messi a cuocere ore e ore su fuoco di legna in grossi pentoloni, per essere poi serviti insieme all’immancabile “arroz” (riso).

Il trattamento è spartano, si dorme in brandine, le lenzuola sono ruvide e le zanzariere bucate, e dalle nove di sera viene scollegato il generatore di elettricità. Ma la mancanza di comodità viene compensata da un’esperienza umana unica, per la presenza dei fazenderos, uomini duri, discendenti degli indios, che vivono al limite dell’isolamento pascolando le “boiadas” (mandrie); lavoro faticosissimo e, a quanto pare, mal retribuito.

Un fazendero impegnato con le mandrie
Un fazendero impegnato con le mandrie

Non è facile avere conversare con i pantaneiros, a causa della loro
diffidenza e dell’abitudine a stare in solitudine. I più giovani sono
anche i più curiosi. Chiedono come si vive in Europa, in Italia. Dicono
di volersene andare altrove per lavorare e per mettere su famiglia.
Ogni sera, dopo cena, finalmente un momento di relax: i fazenderos,
giovani e vecchi, si ritrovano per chiacchierare, la “cachaça” colma i
primi bicchieri, spunta una chitarra.

La stanchezza di una dura giornata al servizio della fazenda si dissolve nei canti tradizionali del Pantanal, storie di solitudini e di privazioni, struggenti melodie di amore e di odio per questa terra difficile ed estrema da cui è
impossibile, nel bene e nel male, non essere catturati.

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