
Si intravedeva un epocale confronto di civiltà e di modelli economici: da un lato un piccolo, ricchissimo laboratorio di capitalismo sfrenato e una culla asiatica di aristocratico “aplomb” britannico, all’altro la più grande potenza comunista del mondo, tuttora patria indiscussa di egualitarismo e di autoritarismo centralizzato.
Meno di dieci anni dopo la risposta è già evidente: ha “vinto” Hong Kong, che ha mantenuto intatta la propria fisionomia commerciale e che prosegue nel proprio sviluppo, mentre la Cina, nel frattempo, ha scoperto il micro-liberismo e si avvia a diventare la superpotenza economica degli anni Duemila. Non c’è stata battaglia, piuttosto un’osmosi di intelligenze alla ricerca del meglio.
Il quesito, tuttavia, oggi si sposta in avanti, su un diverso scenario competitivo e diventa quasi un paradosso: perché proprio la nuova Cina “capitalista” rischia di spodestare Hong Kong dal suo primato di fabbrica di ricchezza, relegando l’ex colonia britannica a un ruolo subalterno e non più protagonista.
Differenti “mercati”

I trattati sottoscritti in vista del “hand-over”, otto anni fa, assicurano a Hong Kong un’autonomia politica quarantennale, una moneta diversa, una gestione propria di sviluppo, commerci, fiscalità.
Non c’è differenza tra “prima” e “dopo”; la vita è sempre frenetica, i grattacieli sorgono con la stessa rapidità e disinvoltura, le merci continuano ad affluire nel più grande porto container del mondo e da qui a irradiarsi verso tutti i mercati.
Tuttavia, una rivoluzione strisciante è in atto. La ricchezza di Hong Kong, nei decenni passati, è venuta in una prima fase dalla sua capacità manifatturiera, in un secondo tempo dalla sua capacità d’intermediare la produzione delle fabbriche cinesi.
Oggi i cinesi tendono sempre più a trattare direttamente con i “clienti” e da qui la progressiva modifica di ruolo e di vocazione di Hong Kong, sempre più orientata ai servizi, piazza finanziaria e grande centro di smistamento di merci.
Anche il trasporto aereo è un esempio di questo mutamento in atto: l’aeroporto di Hong Kong, uno dei più grandi hub del mondo, comincia a subire una percettibile concorrenza da parte delle principali destinazioni cinesi, ormai servite direttamente da Europa e Stati Uniti, senza lo scalo (che in metafora equivale un po’ all’intermediazione delle merci) a Hong Kong.
Lotta di Titani

La partita si giocherà, sempre più agguerrita, nei prossimi anni e nei prossimi decenni. Le proporzioni sono quelle di Davide e Golia. Il centenario vantaggio competitivo acquisito da Hong Kong dovrà raffinarsi in competenze sofisticate, difficilmente copiabili o trasferibili. Una via che ha delle analogie con quella che deve intraprendere l’Europa.
Un non trascurabile elemento di forza, da parte di Hong Kong, è certamente la sua posizione geografica, al centro di una regione che comprende, nell’arco di cinque ore di volo, il cinquanta per cento della popolazione mondiale. Una porta per l’Oriente la cui indispensabilità, in futuro, andrà tuttavia costantemente riconquistata con qualità e standard di servizio.
In altre parole: la Cina si approprierà spontaneamente dei traffici di persone e merci e delle produzioni che finora il diverso modello politico aveva indirizzato altrove, favorendo Hong Kong.
La concorrenza è già evidente e non riguarda i prodotti a basso valore aggiunto (borsette o magliette di cotone) dove la Cina ha ormai prevalso in maniera irreversibile. La competizione sarà sul valore aggiunto, sui prodotti finanziari e bancari, sulla creatività e l’avanzamento dei servizi.
Cambiamenti in atto

Il viaggiatore che sia in grado di fare dei confronti avverte come negli ultimi anni siano cambiate alcune cose, anche con la semplice visita ai negozi e ai mercati turistici.
Se dieci, quindici anni fa Hong Kong era la patria occidentale di abbigliamento a basso prezzo e di accessori e orologi di grandi marche falsificati, oggi la capitale di tutto questo è Shanghai, dove gli stessi prodotti possono costare anche un quinto rispetto ai prezzi di Hong Kong. Il materiale fotografico ed elettronico resta una prerogativa di Hong Kong: ma i prezzi, rispetto al passato, non sono ormai così competitivi rispetto a Europa e Stati Uniti.
I cinesi sono percorsi dalla frenesia del vendere: la trattativa è talvolta estenuante, ma quasi sempre vincente. A Hong Kong il commercio minuto soffre dell’oscuro male occidentale da cui è colpita anche l’Europa: quello di un’economia matura che offre meno margini e finisce per avere armi spuntate a confronto di chi può fare “dumping” pur di vendere e generare quantità e volumi. È previsto che il commercio internazionale della Cina continuerà a crescere a un ritmo annuo del quindici per cento; ancor più velocemente nella regione intorno a Hong Kong.
Le “difese” di Hong Kong

Intanto, per questo, e per tutte le scommesse annidate nel suo futuro, Hong Kong continua a investire con grande determinazione in infrastrutture, in trasporti e in qualità di vita.
Le autorità sono consapevoli della progressiva invasione in atto dai confini cinesi e per ora l’immigrazione a Hong Kong è limitata a centocinquanta persone al giorno.
E si investe in servizi legati all’attrattività e al turismo, visto che Hong Kong rimane una delle mete più desiderate: sedici milioni e novecentomila visitatori giunti da tutto il mondo nel periodo gennaio-settembre 2005.
Da pochi mesi è stata inaugurata, nell’area del vecchio aeroporto nel cuore di Kowloon, una sfavillante Disneyland, nuovo polo di attrazione turistica. L’offerta alberghiera è di livello molto elevato e alcune delle strutture sono tra le più rinomate del mondo: basti ricordare tre hotel, il Mandarin, il Peninsula e il Shangrilà, vere leggende nel settore della ricettività. Il terzo fa parte della più grande catena asiatica: quarantasette alberghi in tutto e una prossima apertura a Londra, la prima in Europa; si tratta di una società quotata in Borsa, con una capitalizzazione di circa quattro miliardi di dollari ed è guidata da un manager italiano, Giovanni Angelini.
Un futuro da fantascienza

Le infrastrutture, che negli ultimi anni si sono arricchite soprattutto del nuovo aeroporto (1998) su un’isola collegata alla città da ponti strallati e da un treno superveloce, oggi sono proiettate principalmente verso la realizzazione di un collegamento che taglia la foce del fiume delle Perle, per unire Hong Kong a Macao e Zhuhai e dare in tal modo una concreta continuità alla costa asiatica.
Attualmente il nuovo ponte è in fase di progettazione: i lavori saranno avviati nel 2007 per essere completati nel 2012 e saranno interamente finanziati con un’operazione di project financing. Avrà una lunghezza di ventinove chilometri (più sei di tunnel), sarà soltanto stradale e non ferroviario e costerà quattro miliardi di dollari (meno del ponte sullo Stretto di Messina).
L’opera è considerata fondamentale per “ricucire” la costa asiatica interrotta dall’estuario del fiume delle Perle e per incentivare l’espansione economica della vasta area che insiste sulle due sponde dell’estuario, in cui vivono quarantacinque milioni di persone. Un percorso stradale di oltre quattro ore sarà ridotto a soli venticinque minuti.
All’apertura è previsto un traffico di quindicimila veicoli al giorno (attualmente transitano trentacinquemila camion al giorno fra Hong Kong e la Cina, attraverso tre varchi) e gli economisti cinesi sottolineano l’importanza del ponte “nel lungo periodo”.
Per attirare gli investimenti privati che dovranno finanziare l’opera, per i quali la remunerazione della gestione sarà lenta nel tempo, il governo cederà alle società coinvolte terreni che saranno valorizzati dall’opera e che potranno generare redditizie plusvalenze immobiliari.
Hong Kong, la città

Il profilo architettonico di Hong Kong è uno dei più celebri ed emozionanti del mondo, dominato da grattacieli che di notte s’illuminano riflettendosi nella baia.
Contrastano, nella loro lucente modernità, con i vecchi tram a due piani che transitano incessanti sull’isola e con i ferry, i vaporetti dal sapore vittoriano che collegano l’isola alla terraferma di Kowloon: vanno e vengono, senza nemmeno invertire la prua e a bordo i sedili sono dotati di ingegnosi schienali mobili che permettono al passeggero di sedere orientandosi secondo il senso di marcia.
Dei principali grattacieli solo il più alto, il “World Financial Center”, è davvero recente. Degli altri, i più celebri hanno una ventina d’anni, come il “Lippo Center”, simile a un teleobiettivo, oppure la sede della “Hong Kong and Shanghai Bank” di Norman Forster, che pare costruita con il meccano, o ancora il grattacielo della “China Bank” di Ieoh Ming Pei, che non finisce di stupire per la leggerezza dei moduli piramidali che si arrampicano verso il cielo.
L’isola di Hong Kong è attraversata da autostrade urbane, vietate ai pedoni, i quali hanno a disposizione delle strade pedonali tutte per loro, protette e coperte, con ponti per gli attraversamenti.
Le auto private sono cinquanta su mille abitanti, il loro acquisto viene disincentivato con tasse molto elevate e con un sistema di trasporto pubblico molto efficiente, utilizzato da nove cittadini su dieci. Le cinque compagnie di autobus e quella di tram sono tutte private, la metropolitana è al settantacinque per cento pubblica.
La carta Octopus (piovra) una pre-pagata per residenti e stranieri, è il nuovo “denaro” di Hong Kong: si può spendere sui mezzi pubblici, nei taxi, nei musei e nelle principali catene di supermercati.
Cathay Pacific

La principale compagnia di Hong Kong, Cathay Pacific, controllata dalla famiglia Swire, è la terza compagnia al mondo per profitti, la sesta per capitalizzazione di Borsa, la quarta nel cargo.
Nel 2004 ha trasportato tredici milioni e settecentomila passeggeri e nel 2005 un autorevole sondaggio l’ha proclamata “compagnia dell’anno”. Un terzo del fatturato di cinque miliardi di Euro è realizzato nel cargo. Hong Kong è il più grande centro di smistamento merci del mondo.
Cathay parte da una condizione geografica di vantaggio: ha una vocazione al lungo raggio, e l’aeroporto di Hong Kong su cui è basata rappresenta una “grande porta”, finora quasi obbligata, sull’Asia. Con il prossimo orario estivo i voli tra Roma e Hong Kong diventeranno quotidiani: il risultato arriva dopo una lunga trattativa proprio al ventesimo compleanno del collegamento (l’Alitalia non esercita più questa rotta dal 2001).
Il prossimo obiettivo per Cathay è rafforzare i collegamenti con la Cina, sulla quale per ora ha diritti di traffico limitati.
Le prospettive si sintetizzano in pochi numeri: solo l’un per cento dei cinesi ha il passaporto; nel 2002 hanno volato sedici milioni e mezzo di cinesi (più trentasette per cento rispetto al 2001) che saliranno a cento milioni nel 2010.