“Dall’eliminazione dello sforzo fisico della camminata alla perdita sensomotoria indotta dal primo trasporto veloce, abbiamo raggiunto condizioni al limite della deprivazione sensoriale. Oggi la perdita delle emozioni del vecchio modo di viaggiare è compensata dalla proiezione di un film su schermo centrale” (Paul Virilio)
Come abbiamo potuto vedere nelle puntate precedenti, il camminare quotidiano ha avuto una sua età dell’oro. Iniziata nel tardo XVIII secolo, si spense qualche decennio fa. Visse il suo apice attorno al giro di boa del XIX secolo; quando lord americani ed europei si davano appuntamento per uscire insieme per una passeggiata, per un aperitivo o un invito a cena. Fiorivano le associazioni escursionistiche.
Le innovazioni urbane del XIX secolo, come i marciapiedi e le fogne, avevano reso più vivibile la città. Nel secolo successivo gli spazi e le attività urbane, come i parchi nazionali e l’alpinismo, erano in crescita e nel primo rigoglio. Ma se volessimo apporre una pietra tombale sull’età dell’oro del camminare, dovremmo forse incidervi la data del 1970. È l’anno in cui l’ufficio del censimento degli Stati Uniti provò che, per la prima volta nella vita di una nazione, la maggior parte degli abitanti era suburbana.
Camminare quotidiano: città ostili al pedone
I sobborghi residenziali sono deprivati delle glorie naturali e delle gioie civiche degli spazi abitativi di storia più antica. La suburbanizzazione ha cambiato radicalmente la dimensione e il tessuto della vita quotidiana, quasi sempre in modi ostili al pedone. La camminata copre ancora lo spazio tra i veicoli e gli edifici; la breve distanza che separa un edificio da un altro. Ma è sempre meno un’attività culturale, uno svago, un viaggio o un modo di muoversi. Nei sobborghi si può camminare. Ma nelle tranquille e sempre uguali strade che fanno da bordo a schiere di seriali case residenziali c’è raramente un qualche luogo dove andare a piedi.
Camminare quotidiano: spazi aperti per sopravvivere
Il camminare diventa così una sorta di “indicatore culturale” che ha la funzione di tutelare la salute di un ecosistema. Diversi tipi di libertà e di piaceri sono infatti strettamente collegati con la pratica pedestre: il tempo libero, lo spazio libero e allettante, un corpo non impedito. Viviamo in un’era di muri, di guardie e di sistemi di sicurezza, nonché di un’architettura, di una progettazione e di una tecnologia volte a eliminare o annullare lo spazio pubblico. Ma non dobbiamo mai dimenticarci che le possibilità democratiche di riunione in pubblico non esistono nei luoghi dove non c’è spazio per radunarsi. Che la loro soppressione non sia stata una scelta voluta?
Quattro ruote al posto dei piedi
Nel XX secolo, negli Stati Uniti il sobborgo visse una sorta di apoteosi della frammentazione, quando la proliferazione delle auto rese possibile stabilirsi sempre più lontano dal luogo di lavoro, dai negozi, dalle linee di trasporto pubblico, dalle scuole e dalla vita sociale. Così per il teenager del sobborgo moderno, il conseguimento della patente di guida e l’automobile diviene un rito di passaggio significativo; prima dell’auto, infatti, il bambino, poi ragazzo, è consegnato in casa o è dipendente dai genitori-autisti.
L’auto diviene sinonimo di libertà di movimento, l’unico possibile. Questo perché i sobborghi residenziali sono costruiti a misura di automobile e si propagano a un ritmo cui il corpo umano non supportato non riesce a fare fronte e, proprio come i giardini, i marciapiedi, i portici, le gallerie e i sentieri nel bosco sono una sorta di infrastruttura per il camminare, allo stesso modo i moderni sobborghi residenziali, le strade a scorrimento veloce e le aree di parcheggio sono infrastrutture per guidare.
Camminare quotidiano con disagio
In queste espansioni urbanistiche indiscriminate non ci si aspetta – o non si vuole più – che le persone camminino, ed esse raramente lo fanno. Le ragioni del camminare quotidiano sono molteplici. In genere, le espansioni suburbane offrono spazi monotoni per passeggiare e, a cinque chilometri orari invece che a cinquanta, un vasto frazionamento urbanistico può essere ripetitivo fino allo stordimento. Inoltre, ci si può sentire a disagio quando camminare non è un’attività di tutti i giorni, ma diventa qualcosa di imprevisto e di isolato. Andare a piedi può essere un segno di inadeguatezza o di appartenenza a un ceto inferiore (rom, clochard, ecc.). Inoltre, nuovi piani urbani e suburbani tengono il pedone in scarsa considerazione.
Incroci stradali recintati
Gli urbanisti di Los Angeles agli inizi degli anni Sessanta proclamarono: “Il pedone rimane il più grande ostacolo al libero fluire del traffico”. Molte zone delle città dell’ovest statunitense a grande espansione urbanistica sono state costruite per lo più senza marciapiedi, sia nei quartieri poveri che in quelli ricchi, segno ulteriore che la fine del camminare è stata intenzionalmente progettata.
Nell’inverno del 1997-98 il sindaco di New York, Rudolph Giuliani, stabilì che i pedoni interferivano con il traffico. Il sindaco ordinò così alla polizia di iniziare a perseguire i pedoni che attraversavano incuranti della segnaletica e fece recintare i marciapiedi in alcuni degli angoli più trafficati della città. I newyorkesi si ribellarono, inscenando dimostrazioni e attraversando ancor più a casaccio e alla fine l’ebbero vinta. Ma la libertà di camminare oggi come mai è sempre più a rischio.
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