Le ultime miglia, le più dure
Ripartiamo. Non piove, ma il vento è così freddo da irrigidire i muscoli facciali, rendendo difficoltoso persino comunicare con i compagni di viaggio.
Sono ore interminabili. Avanziamo a non più di dieci chilometri all’ora. Davanti a noi solo una scura striscia di terra e sassi. Tutto, o quasi, nella nebbia gelida assume contorni irreali; la solitudine di questi momenti intorpidisce il corpo e lo spirito, solo l’istinto è vigile e attento.
A sole dieci miglia dalla meta, una raffica di vento improvviso ci scaraventa sul lato opposto della pista. Ci fermiamo. Chini sul manubrio, ci domandiamo se ce la faremo. Poi è un incoraggiamento reciproco: mancano poche miglia, dobbiamo farcela, dobbiamo resistere! Oltretutto, non abbiamo più niente da mettere sotto i denti. Al solo pensiero di masticare l’ultimo cioccolato alle arachidi rimasto, ci assale la nausea.
Eppure si deve buttar giù qualcosa e meno male che un compagno di “gita” ha del cioccolato (cibo energetico), per fortuna senza arachidi. Riprendiamo, ma solo per altre cinque miglia, dopodiché un’altra sosta per togliersi gli stivali e frizionare i piedi semi congelati.
Quando il contachilometri ci avverte che mancano solo due miglia, non ci sembra possibile, circondati come siamo da nebbia e tundra a perdita d’occhio. Finalmente, ecco delle costruzioni rossastre, giù, verso il mare. E’ Prudhoe-Bay. Ce l’abbiamo fatta!