La svolta
Riaperto il 9 marzo 2002, cos’è cambiato dal punto di vista dell’impatto ambientale e del traffico? Risponde Michele Tropiano:
“Dal punto di vista ambientale c’è stato un netto miglioramento dovuto alla forte riduzione della quantità di mezzi pesanti e al cambiamento della qualità delle emissioni dei veicoli: sono vietati per esempio i veicoli classificati Euro 0 (con emissioni più alte di altri); possono passare solo i mezzi di più recente fabbricazione”. E continua: “Il traforo del Monte Bianco aveva una grossissima importanza turistica, che ha conservato. Se prima dell’incidente, nel ’98, su 5473 veicoli al giorno medio, 2128 erano camion e 3345 autovetture, autobus e motociclette, nel 2003 su un totale di 3874 veicoli, 3122 erano turistici (cioè autovetture, motociclette e autobus) e solo 752 camion: il traffico commerciale nettamente inferiore è dovuto alle limitazioni del traffico merci.
Non possono passare merci pericolose, classificate tali dal regolamento ADR dell’ONU e ci sono limitazioni per sagoma: automezzi non più larghi di 2,55, 4,05 di altezza e 18.75 metri di lunghezza, salvo veicoli eccezionali, ma scortati con precauzioni speciali e conseguenti costi maggiori.
Il ruolo del traforo, dal punto di vista del traffico commerciale si è ridotto molto: se prima passavano, per ipotesi, cento camion tra Monte Bianco e Frejus complessivamente, in una proporzione di circa 50 a 50, adesso sono 24 per il primo contro 76 per il secondo. L’ipotesi dei due governi è che l’equilibrio si trovi a 35 per il primo contro 65 per il secondo.”
Il sistema di sicurezza
Sostiene Michele Tropiano: “Il traforo dispone oggi di un eccellente impianto di illuminazione, di un sofisticato sistema di video sorveglianza che si basa sulla vigilanza e la prevenzione, di una vera e propria rete di sicurezza in galleria, di un sistema informatizzato centralizzato che consente di modificare nell’arco di pochi secondi il regime di funzionamento del traforo a seconda dell’incidente rilevato.”
E mi spiattella cifre: 4640 lampade poste ogni cinque metri, due linee elettriche da 20 kilovattora che assicurano l’alimentazione permanente dell’infrastruttura; 126 telecamere collocate su tutta la lunghezza della galleria che rilevano ogni incidente; ogni cento metri nicchie di sicurezza dotate di telefoni di emergenza, ogni trecento metri rifugi isolati ermeticamente dalla galleria, ventilati e provvisti di sistema di videoconferenza con gli operatori, che consentono di accedere al canale di evacuazione sotto il traforo e possono resistere quattro ore a temperature molto elevate; ogni seicento metri piazzole di sosta di emergenza e semi barriere per regolare il traffico in caso di evento.
Il sistema del traforo rileva automaticamente la velocità dei veicoli (al massimo settanta chilometri all’ora), la distanza tra loro (minimo centocinquanta metri), eventuali incidenti, le temperature dei mezzi pesanti sui due piazzali d’ingresso, consentendo l’arresto di quelli che presentano valori non a norma.
“Il Traforo dispone di tre postazioni di intervento immediato nel caso di incendio, presidiate ventiquattro ore su ventiquattro da squadre di vigili del fuoco” afferma ancora Tropiano “sono ubicate agli imbocchi e al centro della galleria, postazione quest’ultima unica al mondo, che riduce i tempi di soccorso a circa sei minuti, in qualsiasi punto e in qualunque momento”.
La speranza è che il rogo del Bianco non sia avvenuto invano.