Ora Pisa ha ufficialmente un Centro di Restauro del Legno Bagnato e un Cantiere delle Navi Antiche. Inaugurati il 15 dicembre, sono già prenotabili le visite guidate agli scavi, uno dei più importanti della storia dell’archeologia marina. A Pisa? Vi chiederete. Ebbene, sì. Nel dicembre 1998 degli operai che stavano scavando per la costruzione di uno snodo ferroviario a Pisa, in località San Rossore – poi spostato nella stazione di Pisa – si imbatterono nei resti di una nave romana. “Si trattava di una scoperta eccezionale, – commenta Andrea Camilli, direttore e progettista del Cantiere – non solo perché nessuno aveva mai ipotizzato l’esistenza di vie d’acqua navigabili vicino a Pisa, ma anche perché la particolare composizione del terreno aveva conservato perfettamente i reperti”. Insieme alle imbarcazioni vennero trovati oggetti di ogni tipo: anfore che avevano trasportato vino, olio e cereali dai mercati più lontani dell’impero romano, vasi di vetro, monete, gioielli, pettini, calzature, resti umani e ossa di animali domestici ed esotici. Lo scavo ha finora rivelato i resti di una trentina di imbarcazioni, dalle più grandi navi da carico ai piccoli barchini fluviali, fornendo uno spaccato unico dei commerci, della vita fluviale e del paleoambiente dell’area pisana antica. Per questo infatti è in progetto la realizzazione di un grande museo: “Le navi antiche di Pisa”.
Andrea Camilli, come è stato possibile che un centro di scambi ricco e fiorente fosse scomparso lasciando poche tracce?
Si è trattato di un vero e proprio dissesto idrogeologico. Si sono verificate poco dopo l’anno zero, a scadenza regolare, ogni circa 50 anni, e per almeno sei volte, disastrose alluvioni. La ragione risiede nella fiorente industria romana del legname e del conseguente disboscamento collegato alla colonizzazione.
Cosa ha causato l’affondamento di tante navi?
I resti sono stati trovati in corrispondenza di un incrocio tra un fiume e un canale di centuriazione, la divisione romana fatta a canali per irrigare il terreno. Quando le acque arrivavano al mare tornavano indietro con un effetto “tsunami” trascinando tutto ciò che proveniva dall’Arno e Auser, comprese le imbarcazioni, che finivano per raccogliersi dov’era l’incrocio.
Cosa rende eccezionale lo scavo?
Innanzitutto il terreno, formato da letti di sabbia e argilla dove scorre acqua dolce, filtrata, pura, priva di batteri, grazie al quale i resti si sono conservati per così tanto tempo intatti. Indispensabili sono stati gli interventi conservativi nel sito stesso. Il legno fuori del suo millenario microclima andava incontro a subitaneo degrado, come tutti gli oggetti organici trasportati, per cui le navi sono state racchiuse in gusci di fibre di vetro, e i reperti lignei sono stati studiati tramite radiocarbonio e dendrocronologia.
In secondo luogo lo scavo costituisce un’ottima palestra per i giovani restauratori. Stiamo, infatti, avviando stage in collaborazione con le università per studenti italiani e stranieri.
Può parlarci dell’attività di formazione al cantiere?
Quando sono stati individuati i ritrovamenti il Ministero ha avviato la “stabilizzazione del cantiere” e si è ideato un cantiere-scuola, dove i giovani archeologi possano venire a formarsi. Gli scavi, infatti, proseguiranno per 10 anni, e presto sarà pronta una foresteria che supporterà chi intende formarsi e partecipare agli scavi. Sarà gratuito per gli studenti che a loro carico avranno il vitto e l’assicurazione. È un bel risparmio per la finanza pubblica.
A proposito, da dove provengono i finanziamenti?
Il progetto, coordinato da Angelo Bottini, ora Soprintendente archeologo di Roma, e con l’impegno di Carlotta Cianferoni, Soprintendente Reggente per i Beni Archeologici della Toscana è stato interamente realizzato con finanziamenti pubblici, tramite i fondi Lotto, i finanziamenti CIPE e la fondazione ARCUS/Infrastrutture.
Il progetto cosa prevede?
Il progetto intende, da una parte, rendere il Centro Restauro del Legno Bagnato una realtà di riferimento per le tecniche di trattamento del legno archeologico e per la formazione di professionalità collegate con il restauro, dall’altro prevede di portare avanti l’idea del laboratorio-cantiere e creare un grande Museo “Le navi antiche di Pisa”, un sistema museale integrato, nella splendida cornice degli Arsenali Medicei sul lungarno di Pisa, a poca distanza dal ritrovamento. Diventerà il museo archeologico di Pisa, dove si renderà visione dei restauri finiti e di quelli in corso.