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Vulcano per i romani sull’isola più vicina alla costa siciliana si sarebbero trovate le fucine di Efesto, dio greco del fuoco e dei metalli, dal quale l’isola ha preso il nome. Vulcano accende l’olfatto: l’odore (di uovo marcio) dello zolfo ti investe già allo sbarco dal traghetto proveniente da Milazzo se il vento non è favorevole. Già, l’arcipelago delle Eolie, composto da sette isole maggiori e una manciata di isolotti tutti di origine vulcanica, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, deriva secondo la mitologia greca il nome dal dio Eolo, che in una delle sue grotte avrebbe imbrigliato i venti in un otre donandoli poi (nell’Odissea) a Ulisse. Flagellato dalle tempeste d’inverno, dai turisti d’estate, Vulcano concede la migliore epoca di bagni nella prima quindicina di giugno e nella seconda di settembre, le celebri vedute, le passeggiate, il meglio di sé nei bellissimi mesi primaverili e autunnali.
Il mare e il vulcano

Crateri da tempo spenti Fichi d’India, agavi, palme, oleandri, buganvillea, ibisco, ginestre, capperi i cui fiori formano un inconfondibile manto violaceo, conigli in quantità che sbucano all’improvviso in mezzo alla strada, capre, cinghiali. Aspra e selvaggia – nonostante sia il primo scalo del traghetto proveniente da Milazzo e l’invadenza del turismo non l’abbia risparmiata – Vulcano è un altopiano di lava e tufo, con quattro crateri vulcanici: ventuno chilometri quadrati, novecento abitanti, un paio di scuole elementari e medie, una manciata di case addensate quasi unicamente nel capoluogo Porto di Levante, dove sono concentrati (quasi) tutti i servizi e nella stagione meno idonea (luglio e agosto) si accalcano i turisti davanti alle vetrine dei negozietti di souvenir. La più meridionale delle Eolie, però, non è solo questo.
L’acqua e il fuoco, il mare e il vulcano: la storia dell’isola è tutta in questa “liason”, quasi un canto, una ballata d’amore tra un tozzo e antico vulcano che non fa paura a nessuno – anche se forse potrebbe visto che ha ampiamente espresso la propria virilità nel corso dei secoli – e un mare da schianto a dodici miglia nautiche da Milazzo. Vulcano obbliga al rispetto della natura: se lo scirocco si fa cattivo, i traghetti e persino gli aliscafi non possono attraccare nel piccolo Porto di Levante, la fantasia di un porto più che un consistente scalo, nulla si muove e l’isola rimane irraggiungibile e sospesa nel suo spazio-tempo magico e antico. Se il vento è troppo insistente, non si sale nemmeno al Gran Cratere del suo vulcano principale.
L’anima di Vulcano è, ovviamente, il vulcano (maggiore o della Fossa) il più importante dei quattro coni vulcanici isolani che ha avuto nel corso del tempo un’intensa, temibile attività (almeno fino al Settecento) con fenomeni di solfatara e frequenti eruzioni, l’ultima delle quali terminata nel 1890. Non cessa tuttora di manifestarsi – rigorosamente monitorato, con tanto di piano di evacuazione nell’ipotesi di eruzione – con diversi fenomeni quali fumarole (getti di vapore) sia sulla sua cresta sia sott’acqua, e sorgenti sulfuree.
Salire al Gran Cratere del vulcano, che con i suoi 386 metri di altitudine si impone nella parte settentrionale e più abitata dell’isola, sempre in bella vista, è un “must” anche per i più pigri. Nelle prime ore del giorno, con una certa flessibilità fuori dalla “hot season” (del clima, del turismo) all’alba nei mesi più caldi oppure al tramonto, risalire le pendici del basso massiccio è possibile per (quasi) tutti, con qualche precauzione.
Niente a che vedere con l’ascensione al vulcano di Stromboli, impegnativa e riservata a veri camminatori: a Vulcano solo quarantacinque minuti per salire, mezz’ora per scendere, un tempo indefinito per godere i più straordinari panorami delle isole e della costa siciliana (nelle giornate limpide fino all’Etna) e i colori: nero, rosso, arancione, giallo della terra, verde delle piante. Il vento è un fattore fondamentale: se alla sommità c’è troppo vento, è rischioso percorrere il sentiero che aggira il cratere, se ce n’è troppo poco, le zaffate di zolfo tolgono il respiro e per attraversare le fumarole si devono indossare apposite maschere che le guide turistiche distribuiscono o almeno coprirsi la bocca con un fazzoletto. Se il vento soffia moderato, le condizioni sono ottimali.
Verso la cima
Il sentiero che sale al cratere non è difficile, può essere affrontato anche dai bambini (non piccoli) a patto di avere rispetto per il vulcano, salendo preferibilmente con scarponcini da montagna o almeno scarpe da ginnastica per i tratti scivolosi. La prima parte del percorso è una strada nera e ampia tracciata nel morbido terreno lavico, fiancheggiata da pareti di ginestre. Alberi più che arbusti, le ginestre che si stendono a perdita d’occhio sui fianchi scuri del vulcano si sono avvinghiate con le radici per resistere alla furia delle colate laviche, sviluppando veri e propri tronchi. Il secondo tratto della salita si svolge sulla dura crosta vulcanica formatasi nelle precedenti eruzioni, di colore rossiccio per la presenza nel terreno di solfati di ferro e di alluminio; la parte finale è scoscesa e a tratti scivolosa, ma stimolante: ecco rivelarsi le striature gialle dello zolfo, le fumarole che emettono caldissimi vapori, sgradevoli se il vento non li disperde, la grande bocca del cratere di circa cinquecento metri di diametro, la fatica ripagata.
Mare “caldo” anche d’inverno
A Vulcano anche il mare gioca con il fuoco: presso il Porto di Levante ci si può bagnare anche d’inverno nelle acque a elevate temperature, riscaldate dalle fumarole sottomarine di Acqua calda. A pochi passi di distanza, le sorgenti termali sulfuree: nei giorni affollati si possono trovare immerse fino al collo nella pozza dei celebri fanghi, di cui sono note e apprezzate le proprietà terapeutiche fin dall’epoca romana, decine di persone gomito a gomito, per curare le malattie bronchiali, l’acne, l’artrosi. Una lingua di terra separa il Porto di Levante dal Porto di Ponente, orlato da una bella spiaggia di sabbia nera lambita da un mare cristallino, lo sguardo ai faraglioni, colonne di roccia che spuntano nel canale delle Bocche di Vulcano che divide “l’isola dello zolfo” da Lipari: nota come spiaggia delle Sabbie Nere, è questo uno dei più grandi e affascinanti arenili dell’intero arcipelago delle “sette sorelle”.
Vento permettendo, compiere il periplo dell’isola in barca, dal Porto
di Levante, presenta grande suggestione (oltre che interesse subacqueo per i siti adatti alle immersioni, come le grotte sottomarine nella costa nord-ovest) per la costa selvaggia e frastagliata con scogliere, punte, faraglioni, baie, calette e grotte marine: il vulcano maggiore sempre in vista, si costeggia Vulcanello, si apprezzano i Faraglioni di Lipari, si oltrepassano le punte dello Scoglitto e di Cala del Formaggio, poi Capo Grosso e Punta del Monaco, si raggiunge la grotta del Cavallo (visitabile in barca, inaccessibile ai sub) la grotta dell’Abate, quindi il faro di Gelso, la punta dell’Asino, per risalire lungo il fianco orientale fino a Capo Grillo e di nuovo al Porto di Levante.
Le vedute più belle di Vulcano
Uno splendido belvedere a Vulcano è quello di Capo Grillo, che guarda a nord inquadrando in un solo flash lo schieramento quasi completo delle Eolie; davanti Vulcanello (123 metri di altitudine) collegato al resto dell’isola da un istmo. Di forte richiamo vulcanologico, Vulcanello è una penisoletta formata da tre crateri, emersa dalle acque nel 183 a.C. Attraversare la Valle dei Mostri, sul suo versante nord-est, accende la fantasia dei bambini per le inquietanti forme animalesche che il mare, il vento e le tempeste hanno plasmato nella lava. L’angolo più seducente di Vulcanello, affacciato sul canale delle Bocche di Vulcano, è occupato da un resort che gode della più spettacolare e unica vista di tutte le Eolie (non a caso il ristorante che la domina si chiama Arcipelago) oltre a quella, dall’altro lato, del vulcano: in faccia Lipari, dietro Salina, a ovest i Faraglioni, quindi Alicudi e Filicudi, a est Panarea e Stromboli. Circondate da un sobrio giardino di cactus e da un parco botanico in fieri, una grande e spettacolare piscina “a sfioro” con vasca idromassaggio e l’architettura fatta paesaggio. Muri bianchi, linee morbide, pietra lavica, cotto siciliano, ceramica, alle pareti (interne) un bel racconto fotografico (di Vittorio Sciosia) con intelligenza e discrezione il proprietario ha recuperato, ripensandola integralmente, una vecchia struttura che dava le spalle al mare. Ora il mare è lo sfondo di ogni scorcio, l’accompagnamento musicale di ogni serata, il tema degli interni chiari e ariosi dell’hotel, che fa dell’accoglienza calorosa del Sud il proprio jolly. Trenta gradini per scendere al mare di scogli e acque trasparenti del canale delle Bocche di Vulcano, un braccio di appena un chilometro dove sfilano panfili e velieri. Primordiale ma esclusiva, Vulcano.
Gelso: capperi e finocchietto
La granita al gelso è certo particolare e non a tutti piace, preferendole alcuni le più classiche versioni al caffè o al limone o le più recenti varianti alla fragola, la pesca, il mandarino, tutte rigorosamente con panna; la brioche calda sprofondata nel bicchiere stracolmo. Quindici chilometri a sud del Porto di Levante, Gelso è il luogo più isolato dell’isola, raggiunto da una strada assai tortuosa che sale al monte Saraceno (481 metri di altitudine) per scendere a mare, lo stomaco in bocca, in alternativa raggiungibile in barca dal Porto di Levante, magari con una puntata alla bella, nera spiaggia dell’Asino. Gelso deriva il nome dalle piante di gelso coltivate nelle vicinanze insieme a quelle di capperi (deliziosi capperi piccoli, i migliori, si acquistano al meglio al supermercato di Porto di Levante: sei euro mezzo chilo, l’aroma così intenso da pervadere l’aria anche attraverso l’involucro di plastica in cui vengono confezionati). Una deliziosa e intima cala, un faro, una chiesetta, qualche casa, un semplice molo d’attracco per le barche dei pescatori, un paio di ottime trattorie in faccia al mare, verace testimonianza della maestosa gastronomia delle Eolie. Caponata di melanzane e zucchine, olive, ricotta freschissima, “cucunci”, che della pianta di cappero sono il frutto saporitissimo dal lungo gambo, sfizioso accompagnamento di ogni aperitivo locale. Spaghetti alla siciliana con finocchietto selvatico, spaghetti alla Norma, spaghetti al nero di seppie, ricciola, pesce spada alla griglia, calamari, fritto misto, dolci di pasta di mandorle accompagnati da lunghe sorsate di Malvasia delle Lipari, vino siciliano di produzione secolare. Piacere, Vulcano.
Notizie utili
Therasia Resort
, Località Vulcanello, camere con splendide viste, una grande piscina a sfioro, due ristoranti, un centro benessere, a ottocento metri dalla spiaggia delle Sabbie Nere, servita da navette dell’albergo. www.therasiaresort.it
Informazioni sulle Isole Eolie al sito: www.esemar.net
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