Piccolo di statura, un metro e sessanta circa, quando è morto aveva poco più di quarant’anni e una capigliatura scura lunga dieci centimetri.
Proteggeva il proprio corpo dai rigori della montagna con una tunica di pelle di daino, calzava stivaletti di pelle con legacci in fibra vegetale e si riparava dalla pioggia gelida d’altura con una mantella di giunco senza maniche e aperta sul davanti, lunga circa novanta centimetri; il vestiario era poi completato da un copricapo di pelliccia.
Per la caccia usava un lungo arco di legno di nocciolo e le frecce erano conservate in una faretra di pelle.
Una sacca per le vivande, un piccolo pugnale e un’ascia piatta di rame fuso e poi lavorata a freddo, innestata su un manico di legno di tasso ricurvo alla sommità, erano gli arnesi che aveva con sé e che gli servivano per la sua sopravvivenza.
Messner, tra i primi ad esaminare la mummia
Il famoso esploratore e alpinista Reinhold Messner, tra i primi ad esaminare la mummia semi affiorata dai ghiacci, nel settembre del ’91, così ha immaginato la sua lontanissima morte: “…forse era tardo autunno. Quasi certamente si trattava di un cacciatore che seguiva le tracce lasciate dalle possibili prede. La neve era già alta in Val Venosta e l’uomo, all’improvviso, avrà perso l’orientamento, forse a causa della nebbia o di una bufera di neve. Quando ha capito che non aveva più speranze, ha cercato un luogo riparato, ha appoggiato il capo su un braccio per dormire, per morire. E’ successo anche a me, nell’Antartide. Per un paio d’ore mi sono preparato a dormire, a morire. Ma ho avuto più fortuna dell’uomo del Similàun.
Ötzi si è conservato così a lungo e così straordinariamente bene perché ha trovato condizioni di neve soffice, asciutta. La parete verticale di roccia lo ha protetto e il ghiacciaio, per secoli, millenni, gli è scivolato sopra; l’avesse ghermito, ne avrebbe sicuramente allungato e smembrato il corpo. L’assoluta oscurità, poi, ha impedito che i raggi del sole decomponessero la mummia”.
Bolzano, ultima dimora
Dal 16 gennaio del 1998 Ötzi è come tornato a casa.
Ha una “appartamentino” tutto per sé nel Museo Archeologico dell’Alto Adige a Bolzano.
Riposa, per l’eternità, in una cella sterile, mantenuta a meno sei gradi e 98% di umidità e si fa vedere dai visitatori attraverso una finestrella. Di fianco alla sua c’è una seconda cella di riserva.
Vi è poi un laboratorio a temperatura variabile e un’ultima camera di decontaminazione a raggi ultravioletti per l’ingresso dei ricercatori e degli studiosi.