A me non sono mai piaciuti i viaggi mordi-e-fuggi. I territori visitati non fanno in tempo a parlarti, a raccontare le loro storie. È poi facile chiedersi, rientrando a casa, se ci si potrà mai divertire davvero spostandosi da un luogo all’altro come trottole, spendendo male i propri soldi.
I luoghi che ho visitato non hanno mai avuto con me dei veloci rapporti occasionali e, in ognuno, ho lasciato un pezzo di cuore. La “mia” isola, la Martinica, rappresenta un caso a parte: da un colpo di fulmine è nata una storia d’amore, che continua a nutrirsi di una grande nostalgia.
Sport antico (la bici) con un mezzo “nuovo”
Il mio pregiudizio nei confronti del “fast tourism” è però stato messo parzialmente in crisi da una recente gitarella a Firenze. La chiamo gitarella, e non viaggio vero e proprio, sia per la sua breve durata (tre giorni) sia perché io a Firenze ci sono nata e vi ho frequentato l’Università. Insomma, si tratta di una città che mi è molto familiare. E allora perché parlarne? Perché l’ho guardata da una prospettiva diversa. L’occasione mi è stata data dalla presentazione di Bixy, una bicicletta elettrica a pedalata assistita, progettata dall’azienda “Vertigo” di Tavarnelle Val di Pesa.
L’educational per i giornalisti prevedeva ovviamente la prova del mezzo, su un itinerario da piazzale Michelangelo a piazza della Signoria. Non nascondevo una certa preoccupazione, dovuta al fatto che erano anni che non mettevo i piedi sui pedali. Anche se si dice che non si “disimpara”, avevo davvero paura di cadere alla prima curva.
Un veicolo silenzioso ed efficace
In attesa del via, ho sciolto la tensione con un sorriso: c’erano gli immancabili giapponesi, che fotografavano di tutto. È arrivata poi una giovane coppia, anch’essa dai tratti orientali, in abito da cerimonia. Appena sposati. E la comitiva dei giapponesi ha spostato l’attenzione dalla skyline fiorentina al velo della sposa. Ma era ormai tempo di partire.
È bastato poco e giù per i viali verso il centro, sono andati tutti in fuga. Rimasta da sola, alle prese con un senso dell’equilibrio da ritrovare dopo tanto tempo e una bicicletta che pareva viva, mezzo giro di pedale mi ha portata, senza alcuna fatica, settanta metri più avanti. In completo silenzio. Ciò che moltiplica l’energia prodotta non si vede e non si sente. E il movimento non costa nemmeno una goccia di sudore. Prese le misure a questa sorta di via di mezzo tra una bicicletta e un cavallo al trotto, ho iniziato a godermi la passeggiata su due ruote. Aumentando un po’ il ritmo della pedalata, ho potuto raggiungere gli altri. Arrivati sul Lungarno, finalmente abbiamo trovato una pista ciclabile. I miei occhi hanno continuato a girare un lungo piano-sequenza, i rumori della città si erano fatti lontani.