È buio, nelle acque limacciose del porto di Bristol. Ma è solo nell’oscurità del fondo marino che il sergente di polizia specializzato in ricerche subacquee Phoebe «Flea» Marley si sente a proprio agio. Soltanto qui, infatti, protetta dalla muta, può essere veramente se stessa e sfuggire ai fantasmi del suo passato… È brava nel suo lavoro, Flea: e anche questa volta, scandagliando a tentoni il fondale fangoso, trova quello che stava cercando, dopo la segnalazione di un cittadino. Una mano umana. Una mano a cui non è attaccato nessun corpo.
E dopo pochi giorni, sempre nella stessa zona, viene ritrovata anche l’altra. Ma l’orrore è solo all’inizio: le perizie mediche dimostrano infatti che la vittima potrebbe essere ancora viva. Ma dove si trova? Chi ha tagliato quelle mani e perché? Possibile che qualcuno, a Bristol, stia orchestrando un orribile rituale di morte?
“Laggiù era buio pesto: sembrava di avere la faccia immersa nel fango. Non aveva senso cercare di vedere ciò che stringeva in mano. In genere, nelle immersioni nei porti e nei fiumi si faceva tutto a tastoni, perciò Flea dovette armarsi di pazienza e lasciare che le dita trasmettessero la forma dell’oggetto su, attraverso il braccio, e che la mente producesse un’immagine. Lo palpò con delicatezza a occhi chiusi. Contò le dita per essere certa che fosse umana, poi le identificò. Prima l’anulare, piegato nella direzione opposta alla sua, al che capì in che posizione si trovasse la mano: con il palmo verso l’alto. In testa le turbinava una miriade di pensieri mentre cercava di figurarsi la disposizione del corpo: sul fianco, probabilmente. Provò a tirarla. Invece d’essere trattenuta dal peso, la mano si sollevò dal fango staccandosi subito dal fondale. Là dove ci sarebbe dovuto essere il polso c’erano solo osso e cartilagine.”
Gli ingredienti del thriller son ben dosati e l’autrice Mo Hayder riesce a essere inimitabile, nel trovare e descrivere l’orrore del quotidiano.