La bottiglia trasparente di vodka a forma di Karol Wojtyla, esposta in un negozietto della centralissima ulica Sw Jana, proprio a fianco di un’altra bottiglia di vetro a forma di Kalashnikov, non deve trarre in inganno: Cracovia è, sì, una città turistica, ma non è stata (ancora) risucchiata nei gironi del kitsch, quelli che incalzano San Marino, Venezia, Salisburgo, Praga. Qui l’offerta commerciale rivolta ai flussi incessanti di visitatori è variopinta ma ancora severa: collanine in giada, presepi e giocattoli in legno, ceramica bianca e blu, biscotti e cioccolato. Il grande ed elegante edificio basso che attraversa longitudinalmente la grandissima Piazza del mercato, l’antico Fondaco dei tessuti, oggi è proprio questo: un sobrio bazar creato dalla lunga successione di piccole botteghe, un po’ obsolete, un po’ ripetitive, per nulla originali.
Nella città “vecchia”, spazi edificati rispettati
Quello che è originale, per fortuna, è tutto il resto. La bellezza della città è sorprendente, avvolta da un’armonia di stili e di volumi che rassicura la vista e dà pace all’animo. Non è una bellezza banale, tutt’altro. Nell’ordine urbano della città vecchia – lo Stare Miesto, la “vera” Cracovia per lo straniero – non ci sono né eccessi di simmetrie né solennità supponenti. Nel reticolo regolare delle strade sono disseminate, qua e là, delle gemme impreviste.
Per esempio, nella vasta Piazza del mercato – un quadrilatero regolare di case dal ritmo stretto – svetta la grandiosa chiesa di Santa Maria: è in un angolo, non in mezzo a un lato, un po’ di sbieco, quasi a sottolineare la sua diversità. La facciata si alza con due torri, diverse tra loro per forma e altezza; l’interno, austero e ricchissimo, è dominato dalla mole complessa dell’altare scolpito alla fine del Quattrocento da Veit Stoss. Ma le asimmetrie della Piazza del mercato proseguono: la Torre superstite dell’antico municipio sorge a tre quarti, senza alcuna regola.
La chiesetta di Sant’Adalberto è posta sull’angolo opposto, in maniera irregolare anche lei e il suo ingresso più basso del livello del selciato testimonia le stratificazioni della città. Non c’è, poi, in Europa, un’altra grande piazza d’arte tagliata a metà da un corpo così grande, lungo e stretto, come il Fondaco dei tessuti, scandito da portici, con ornamenti sul frontone del tetto e con le facciate minori, a Nord e a Sud, “disegnate” da eleganti scale rinascimentali.
Dall’auto al treno, in ascensore
Due brani di città, fuori dallo Stare Miesto, meritano una segnalazione. Il quartiere ebraico, che si affaccia sullo slargo rettangolare della Szeroka, dove si concentrano sinagoghe e cimiteri e dove anche ristoranti e bar si uniformano agli stili e alla cultura ebraica. E la bella stazione ferroviaria, risalente alla fine del XIX secolo, ben restaurata, elegante, punteggiata all’interno di luccicanti lampadari da ballo viennese; si affaccia in una spaziosa piazza pedonale e s’innesta in un moderno centro commerciale. Quello che stupisce è un suo raro elemento di intelligenza funzionale: la piastra dei binari è sovrastata da un enorme parcheggio, dal quale si scende direttamente alla porta del proprio treno, con scale e ascensori. L’apoteosi dell’intermodalità privata: scendo dal taxi, o parcheggio l’auto, ed entro immediatamente in carrozza.
Trombe e timpani nell’antica Università
Cracovia è una città giovane (quarantamila universitari su duecentocinquantamila abitanti) dinamica, funzionale, con un incessante andirivieni di tram bianchi e blu. Ma lo stress sembra lontano. L’università antica – il Collegium maius – ospita lo studio di Nicolò Copernico e nel cortile quadrato, alle ore dispari, la processione meccanica che passa attorno all’orologio attira gruppi di appassionati: il concerto di trombe e timpani che guida le statue è l’unico evento che interrompe un silenzio secolare. Lo stesso silenzio compìto e quasi devoto che accompagna nella visita del Czartoriscky museum: un’articolazione di palazzi a dimensione di casa, con i parquet scricchiolanti e profumati di cera e le collezioni (quadri, sculture, oggetti d’arte, strumenti musicali, reperti archeologici, armature) che tramandano, rarefatta, la lunga storia di una famiglia. Un crescendo, attraverso il meglio del Rinascimento italiano, che porta fino a uno dei quadri più celebri della storia: la Dama dell’ermellino di Leonardo da Vinci.
Il silenzio dei luoghi Sacri
La “Cracovia d’arte” dalla piazza centrale s’irradia e continua, circondata da un anello di giardini: una civile e rilassante via urbana di pedoni e panchine. E’ un trionfo di chiese gotiche e barocche, di chiostri e palazzi. Le chiese, che confermano la forte vocazione cattolica della città, contengono organi opulenti e straboccanti di canne, altari spumeggianti d’ori, confessionali neogotici che arrivano fin quasi al tetto: Santa Croce, San Pietro e Paolo, San Francesco d’Assisi, i Domenicani; tutte, o quasi, si estendono in un chiostro silenzioso e odoroso di muffe secolari; qualche suono lontano, qualche coro di voci umili e terse. Le chiese non sono mai vuote e anche in assenza di funzioni c’è gente inginocchiata e raccolta. Molti i giovani, opportunisticamente più numerosi nella chiesa di San Pietro e Paolo, dove una cappella promette aiuto negli studi.
Un teatro trasformato in centrale elettrica
Fuori (ma a un passo) dal centro, dalla collina del Wawel che si affaccia a un’ansa della Vistola, Cracovia è dominata dal Castello reale e dalla Cattedrale. Il castello, anch’esso ricco di arredi e quadri preziosi, soprattutto italiani e francesi, è innanzi tutto caratterizzato dal cortile, scandito da tre ordini di loggiati di dimensioni sorprendenti. La Cattedrale, cresciuta in varie epoche sulle prime mura medievali, si offre come un ambiente complesso in cui sono evidenti le superfetazioni; una ripida scala nella torre porta fino alle campane, lungo un percorso un po’ fiabesco, disegnato dallo sforzo delle travi e dei contrafforti che compongono le pareti e i soffitti.
La città ottocentesca racchiude concentricamente quella storica; il rinascimento e il barocco sfumano in palazzi asburgici, Secessione, Decò, che portano ancora la spessa patina degli anni sovietici. In qualche punto le due città, idealmente, si uniscono: è il caso, per esempio, del Teatro Slowacki, urbanisticamente ancora racchiuso nel centro, ma tardo rispetto all’epoca di questo. Fu scopiazzato dall’Opera di Parigi, che ricorda in scala; eppure la sua vera curiosità non appartiene né alla musica né alla prosa, ma all’industria. Perché, sul retro, fu contestualmente costruita una delle prime centrali elettriche del mondo, allo scopo di dotarlo di energia autonoma. Essa oggi è un prezioso reperto di archeologia industriale.