«Entro in classe. Dieci minuti buoni
per metterli d’accordo a star dietro i banchi.
Classe vivace, la mia: vivace, quindi colpevole.
Me ne chiarisce il concetto la maestra Sgropponi.
Lei non manca mai di ricordarmi che,
in fondo, ogni maestro ha la classe che si merita.
Che l’albero cattivo dà sempre mele marce.»
La vita di Cesarino Tonani, maestro elementare in una piccola città di provincia, si svolge tutta tra la scuola, il bar in Piazza Ducale, le rive del Ticino e la casa comprata col mutuo, in cui vive insieme al figlio adolescente Luigino, fannullone sovrappeso e incompiuto la cui unica aspirazione è essere accettato dalla ghenga di cui fa parte.
Ritenuto un pessimo insegnante perché incapace di confrontarsi con programmi formativi, riunioni, équipe pedagogiche, collegi docenti e riforme scolastiche, il maestro ha una sola certezza: l’anno scolastico dovrebbe finire a gennaio, in modo da lasciare i ragazzi liberi di vivere, finalmente, un po’ di «vita vera» fuori dalle mura della classe e dall’obbligo claustrofobico del banco.
Anarchico e costantemente fuori posto, Cesarino è circondato da un’umanità meschina e sopraffatta dai propri difetti: il Delio, ex sindacalista riconvertito a spregiudicato palazzinaro; lo Sgagnazzi, assessore che promette e non mantiene; l’Eva, amante altolocata che non ci pensa due volte a piantarlo per un ricco «grassone, pelato e tracagnotto».
Un romanzo in cui si racconta – con comicità grottesca e surreale – una quotidianità densa di amarezze e disillusioni.