“Come un vero ligure era padrone di onde e di vento, e chi è stato col mare negli occhi una vita nel mare vorrebbe anche morirci”. Giuseppe Vallaro è venuto al mondo in quello che in dialetto viene definito u cantu da groga, l’angolo della gloria, a Moneglia. Per tutti fu sempre e solo Geppin e rappresentò la grande epopea ottocentesca dei marittimi liguri.
Dalla pancia della madre si tuffò nella schiuma di un’onda lunga; nessun battesimo fu più battesimo, e il prete sorrise e disse: “Affido questo bimbo al mare suo destino”. E fu così.
Da piccolo fu sempre su questo angolo di spiaggia mattina e sera, estate e inverno. Da piccoli il freddo non esiste. Ma lui il freddo non lo sentiva neanche da ragazzo, quando si rompeva la schiena come zavorratore, caricando sabbia per i grandi velieri oceanici e intanto sognava l’orizzonte sempre più in là, dove può spingersi lo sguardo; perché il mare come la fantasia e la volontà non ha confini.
Geppin un giorno prese il largo e cominciò la sua avventura: il porto di Genova e le barche, la piccola lancia a remi, il leudo, la tartana per il primo viaggio da comandante, fino a diventare vero capitano di lungo corso su un brigantino.
In apertura del volume c’è la citazione di Herman Melville, da Typee che recita: “I marinai sono gli unici uomini che come categoria oggigiorno conoscano delle avventure emozionanti, e molte cose che alle persone sedentarie appaiono strane e romantiche ad essi paiono banali come una giacca consunta nei gomiti”.
Il libro di Mario Dentone è un romanzo di mare e d’avventura, di predoni e naviganti, di miseria e amore.