Non solo sanno fare buon vino. Ma sanno anche venderlo. All’Azienda agricola Le Marchesine (una cinquantina di ettari vinati tra quelli in proprietà e affitto lungo) a Passirano nella bresciana Franciacorta, infatti, potrebbero tenere un corso per aspiranti produttori di vino e aspiranti venditori. In entrambe le materie sarebbero insegnanti ideali. Alle lezioni magistrali relative al marketing potrebbero partecipare con profitto anche alcuni altri produttori della Franciacorta che hanno un po’ di puzza sotto il naso quando si tratta avere la valigia sempre pronta per andare a vendere la loro produzione.
Dedicarsi alla vendita – partecipando a manifestazioni, degustazioni, fiere… – spesso non viene reputato compatibile con il blasone di vignaioli di qualità. “E invece è fondamentale – dice con la passione che lo contraddistingue Loris Biatta, patron delle Marchesine – produrre buon vino per tenerlo in cantina non ha alcun senso. Bisogna ‘sporcarsi le mani’ è andare in giro per il mondo come commessi viaggiatori qualunque per far conoscere quel che si fa con impegno e amore. Me l’ha insegnato mio padre, Giovanni, che ultraottantenne segue ancora l’attività dell’azienda”.
Passione nel produrli e nel venderli
È quello che stanno mettendo in pratica i Biatta; a Loris si è aggiunto “a bottega” anche il figlio Andrea. Si sono divisi il mondo e ciascuno di loro segue la propria metà. E così, Cina, Giappone, Stati Uniti, Canada, India, Russia, Brasile sono già nel mirino di padre e figlio col risultato che sui tavoli di molti prestigiosi ristoranti di quei Paesi capita già di vedere Le Marchesine. In giro per il mondo, adesso stanno facendo conoscere gli ultimi gioielli della casa: il Franciacorta Brut Secolo Novo 2007 e il Franciacorta Brut Nature Giovanni Biatta – Secolo Novo 2007: ovviamente entrambi Docg, entrambi provenienti da una zona benedetta per la produzione di uve da vino: la Santissima di Gussago. I due vini nascono da selezioni clonali di uve Chardonnay, vendemmiato a mano, pressatura soffice e lenta con fermentazione in purezza a 17-19 gradi; lieviti indigeni che garantiscono sapori e profumi. Poi vasche d’acciaio, e tra marzo e aprile, il passaggio in bottiglia. Vengono messe va “a riposo” per 3 anni il primo, per 4 anni e mezzo il secondo, in attesa del remuage degorgement e dell’abbigliamento per la spedizione. Una “cura individuale” per ognuna del milione mezzo di bottiglie che dormono nella cantina di Passirano. Un’attesa lunga e paziente, che il risultato finale, però, restituisce con gli interessi. Ma che ha richiesto lavoro e passione per tanti lustri.
Franciacorta “all over the world”
Tutto questo, però, non sarebbe stato possibile se non ci fosse stato un grande investimento anche sul marketing. Loris Biatta lo ribadisce spesso. E altrettanto spesso spiega la filosofia del suo vino: “Deve essere beverino, il mio vino non deve avanzare in bottiglia, deve dare l’atmosfera della festa… il mio sogno è che per dare il via alla festa (come si fa ora gridando: Champagne), si gridi invece: Franciacorta”.
Del resto a curare il vino delle Marchesine è stato chiamato Jean-Pierre Valade, membro dell’Istituto enologico di Epernay, cuore pulsante della Champagne. Un altro sogno collegato a questo è che il nome Franciacorta diventi sempre più un brand conosciuto: “Sulle etichette dei nostri vini c’è sempre. In giro per il mondo però il Franciacorta non è molto conosciuto. Si dovrebbe fare di più per farlo conoscere e per dare una più marcata identità ai nostri vini”. (07/11/2012)