Il titolo di questa narrazione esige immediate non meno che doverose spiegazioni. Charco in spagnolo vuol dire pozzanghera ma più familiarmente (quasi con un pizzico di nostalgia imperiale) designa l’Atlantico, quel Mar Oceano attraversato in primis (sempre che non si incazzi il vikingo Leif Erikson che, dicesi, lo precedette) da Cristobal Colòn. Il quale Colombo fu, ma vai a sapere, genovese o portoghese o ebreo ma c’è pure chi l’ha fatto nascere mandrogno, quindi nella piemontese campagna alessandrina. Un bel busillis, le sue origini, salvo che per Taviani che sapeva tutto sul – quasi certo, ma dicesi anche, involontario – scopritore della Merica, solo che il sullodato (storico per diletto nonché boss della diccì anni ‘60) era troppo xenese doc per credergli ciecamente).
Tutti ‘figli’ di Cervantes
Altro chiarimento: per Euroal si intende il Salòn Internacional de Turismo, Arte e Cultura de America Latina, da 8 anni felicemente celebrato a Torremolinos. Spiegata la parte finale dell’’acronimo Euroal (laddove al sta per America Latina) preciso poi che per euro più che Europa (oltretutto nella cacca per colpa di pochi padroni del vapore e/o pirla che credono di poter far convivere il sud e il nord del continente: ma mi faccia il piacere!) si intende la Spagna (nel Salòn gli altri Paesi latitavano). Spagna perché (salvo Portogallo-Brasile e altra poca terra di lingua inglese o francese) fu madre nutrice allattante quasi tutti i Paesi dell’America Latina. E poco importa se recentemente qualcuno di questi figliocci ricorre a un difficile disconoscimento di maternità (ma senza le opere di Cervantes – e la correlata cultura e tradizioni – come si sarebbero capiti tutti ‘sti tanti popoli divisi da una miriade di lingue e dialetti? è un po’ la storia dell’India maledicente i british …).
Euroal, turismo del Charco
Sul Salòn c’è poco da narrare in quanto (pare ovvio) non dissimile dalle tante altre Fiere viaggiatorie disseminate nei Paesi vocati al Turismo (o che solo ce provano). I soliti stand coi soliti ammiccanti standisti che almeno nei giorni non prevedenti il barbaro pubblico ti sbirciano con attento sguardo professionale dopodiché ti slungano un orrendo badge o una pennetta. Unica curiosità (guai a dire stonatura) la presenza di Paesi che col Latino hanno poco da spartire, tipo Gabon (che però sull’Atlantico s’affaccia) ed Egitto (con un signore vestito da Tutankamen dal volto se possibile ancor più triste di quello del giovane Faraone che sperava di rappresentare). Ma con questi chiari di luna (a proposito, si farà la Bit 2014? e se si farà sarò solo perché è in arrivo l’Expo) stai a vedere se uno parla bantù o arabo, todos caballeros, l’importante (disse l’olimpico barone de Coubertin) è partecipare (e se poi un espositore, oltre a partecipare, paga, meglio ancora, e comunque se ciò non accadesse ha pur sempre riempito spazi vuoti che, in una fiera, producono tanta tristezza). Ma su Euroal ho forse già scritto troppo (aggiungo solo un plauso all’andino Cesar Guaña, direttore di Ecuamundo, rivista dedicata alle sue genti) e bene dicono gli Yankees che ‘ste fiere non servono a niente ma bisogna parteciparvi.