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La rivoluzione di Piero Manzoni

A Palazzo Reale di Milano, l’antologica sull’artista che più ha cambiato il volto delle avanguardie negli anni Cinquanta. Scomparso a soli trent’anni, aveva già lasciato il segno con intuizioni geniali

La rivoluzione di Piero Manzoni

La meglio gioventù, a Milano, era arrivata già negli anni Cinquanta, con un fervore verso il nuovo e riflessioni originali su che cosa significa fare arte. Una delle sue espressioni migliori era Piero Manzoni, un ragazzo venuto da Soncino, nel cremonese, per fare una piccola rivoluzione nel mondo delle avanguardie. Palazzo Reale gli dedica una mostra antologica, coprodotta dal comune di Milano e Skira, che in un corpus di 130 opere apre una finestra sulla città di allora e sull’atmosfera carica di promesse che vi si respirava.
Questa mostra è uno dei capisaldi del palinsesto di eventi culturali “Primavera di Milano”, ha detto Filippo Del Corno, assessore alla Cultura del Comune, mentre Domenico Piraina, direttore di Palazzo Reale, ha ricordato che dal 1997 non veniva allestita in città una rassegna completa dedicata a Piero Manzoni. Una scelta che non strizza l’occhio al botteghino, perché si tratta di opere che danno da pensare, non paesaggi tutti luce e colore, ma è anche un’occasione da non perdere, per ricordare a noi stessi che cosa, in Italia, siamo stati e siamo capaci di fare. (Nella foto, 
Piero Manzoni firma una modella trasformandola in Scultura vivente, durante le riprese per il filmgiornale S.E.D.I., Milano 1961, part.)

In sette anni la rivoluzione

La rivoluzione di Piero Manzoni

Piero Manzoni lavorò per circa sette anni, tra Milano, Roma e diverse città europee. Il 6 febbraio 1963 un infarto stronca una carriera che lo aveva già consegnato tra coloro che non stanno a guardare: insieme a Lucio Fontana, Alberto Burri, Yves Klein, Mimmo Rotella. Non c’è nulla da dire, ma da fare, uno dei suoi motti, quasi una sintesi della sua opera.
Piero Manzoni invita a riflettere su che cosa vuol dire fare arte”, spiega Flaminio Gualdoni, curatore insieme a Rosalia Pasqualino di Marineo. Ecco, dunque, la provocazione: è sua la “Merda d’artista”, una scatola di latta con la dicitura “contenuto netto grammi 50, conservata al naturale”, quasi in stile pop art, o il “Fiato d’artista”, confezionato in palloncini con tanto di libretto d’istruzioni (nella foto, Corpo d’aria n. 06, 1959-1960. Milano, Fondazione Piero Manzoni in collaborazione con Gagosian Gallery). Ancora: uova sode dipinte con l’impronta digitale di Manzoni, da portare a casa come feticcio o da mangiare, per vivere, letteralmente assimilare l’esperienza dell’arte.

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La rivoluzione di Piero Manzoni

Che cosa intendiamo per opera d’arte? È la rappresentazione della realtà o l’emozione che provoca in chi la guarda, come si pensava prima del Novecento. Oppure è il gesto stesso che la realizza o, ancora, è il solo fatto che un artista la definisca tale. Sono interrogativi che il giovane cremonese condivide con molti altri, sulla scena milanese, ma anche nazionale e internazionale, non di rado offrendo un’interpretazione unica.
La mostra di Palazzo Reale va dalle tele del 1956, ispirate alla pittura “nucleare”, per proseguire con la serie degli Achrome, superfici interamente bianche ottenute col gesso, a volte con tela grinzata (nella foto Achrome, 1961-1962), con le Linee, senza dimenticare la nota “Base magica”: il piedistallo che permette a chiunque di salire e di diventare una “scultura vivente”. Le opere sono presentate insieme a fotografie d’epoca, che non solo danno un quadro storico e biografico su Piero Manzoni, ma aiutano a comprendere il tutto. La mostra è aperta fino al 2 giugno.

Info: www.mostramanzonimilano.it

(27/03/2014)

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