Le lumache sono legate ai miei ricordi di bambina. Nelle giornate di pioggia facevano capolino tra i fili d’erba e io amavo raccoglierle, portarle a casa, nutrirle e osservarle. Questi piccoli molluschi esercitavano su di me un grande fascino. Mi piaceva tantissimo guardarli: li trovavo buffi per i loro occhi che sembravano antenne curiose, ma anche interessanti per la calma e la tranquillità con cui si muovevano. Inoltre, li consideravo creature equilibriste, capaci di strisciare persino in verticale sui muri lisci. Amavo toccare le antenne per vederle retrarsi: era come un piccolo gioco di magia.
Forse proprio per questa fascinazione infantile non ho mai avuto la curiosità di mangiarle o assaggiarle. Da casalese doc, visto che le lumache fanno parte della cucina tradizionale piemontese, sembrerebbe quasi strano. Eppure, è così: mai né al verde, né fritte, né nelle frittate, né abbinate agli immancabili amaretti. E ancora: niente tajarin al sugo di lumache, né risotto con lumache e carciofi, né altre ricette che le vedono protagoniste. Fino a qualche sera fa.
Un assaggio dell’Aplec del Caragol a Milano
L’occasione è stata la tappa milanese del tour internazionale per far conoscere l’Aplec del Caragol (Festa delle Lumache), il più grande evento gastronomico della regione della Catalogna, dichiarato Festa di Interesse Turistico Nazionale. Ogni anno si svolge nell’ultimo o penultimo fine settimana di maggio a Lleida, capoluogo della provincia più occidentale della Catalogna.
Si tratta di una festa gastronomica di tre giorni (dal venerdì alla domenica) dedicata alla cucina delle lumache, con concerti, sfilate, spettacoli e degustazioni. L’evento richiama oltre 200mila visitatori e si tiene nel Parc dels Camps Elisis, dal 22 al 24 maggio 2026, sulle rive del fiume Segre.
Tanti anche i giornalisti presenti alla cena milanese di presentazione della festa culinaria più particolare d’Europa, dove erano ovviamente protagoniste loro: le caragol. E come dicono lì: o le ami o le detesti, non esistono mezze misure per questo tipo di cibo. Assaporarle per la prima volta è stata una scoperta sorprendente.
All’inizio ero curiosa, mentre altri commensali erano piuttosto titubanti e un po’ imbranati nel maneggiare il punteruolo di legno (si mangiano con bastoncino leggermente più lungo dei comuni stuzzicadenti, non con la forchetta) e capire come estrarle dal guscio. Io, invece, mi sentivo già avvantaggiata: adoro i molluschi e le lumache di mare; quindi, l’idea di provarle non mi spaventava affatto, anzi mi incuriosiva.
Gustate lentamente per godersi il momento
Quando sono arrivati i piatti (l’usanza è di cucinarle sulla piastra, alla gormanda o in casseruola), accompagnati da una salsa cremosa all’allioli e da una vinaigrette, ho assaggiato il primo boccone. La consistenza era delicata, il sapore intenso ma armonioso, con note che ricordano la terra e la tradizione.
Ogni lumaca era un invito a rallentare, a godersi il momento, a condividere sorrisi con chi era accanto. È stata un’esperienza conviviale, autentica, che mi ha fatto apprezzare quanto il cibo possa raccontare una cultura. Da semplice curiosità si è trasformata in un ricordo speciale. Del resto, i presupposti c’erano tutti.
Curiosità
Nel 1988 l’Aplec è entrato nel Guinness per la “llauna” di lumache più grande mai cucinata. In soli tre giorni si mangiano oltre 13 tonnellate di lumache!
La prima edizione (1980) nacque da tre amici (José Luis González, Antoni Costa i Sumell e Manolo Calpe) che volevano organizzare una “caragolada” popolare mentre oggi è una festa con 150mila visitatori!
Per l’occasione arrivano lumache da Spagna, Nord Africa e Sud America, rendendo l’Aplec un evento gastronomico globale. Per vivere anche voi quest’esperienza unica non vi resta che pianificare un viaggio a Lleida. Prenotate in anticipo! Gli hotel si riempiono velocemente.
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