Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Apologia del “Prosciutto”

Presente in ogni Cucina e in tutte le “lingue”: jamòn, presunto, jambon, pernil, schinken, ham e chissà quante altre. Un minitrattato (quasi) importante sulle tante versioni e sui molti utilizzi del prosciutto spagnolo, re di tavole e pellicole cinematografiche

Tanti
Tanti “jamònes” di diverse fasce di prezzo

Talvolta la cinematografia si abbina alla gastronomia: memorabile La Grande Bouffe (La grande abbuffata). E grazie a un noto film di Bigas Luna – 1992, interpretato da una eccellente Stefania Sandrelli nonché da Javier Bardem e da una giovanissima ‘Pe’ Cruz – anche chi non si è mai seduto a un desco spagnolo sa che jamòn vuol dire prosciutto (ovviamente crudo, in Spagna quello cotto è poco richiesto). Una parola, per inciso, che aiuta a notare la diversità linguistica negli idiomi neolatini per indicare la coscia del maiale, salata e stagionata in luogo fresco ed aerato. Solo tra lo spagnolo e il francese esiste una certa affinità (jamòn e jambon) mentre si spazia dal portoghese presunto al catalano pernìl, dopodiché il prosciutto diventa ham in inglese, schinken in tedesco e nelle lingue slave prst (curiosa la somiglianza tra l’italiano e lo slavo: tolte le vocali al nostrano prosciutto si ottiene quanto degustato a Belgrado, Sofia, Mosca).

Spagna regina: in qualità e prezzi

Madrid, il Museo del Jamon
Madrid, il Museo del Jamon

In Spagna il jamòn – con le angulas (anguille neonate o cee), la perdiz roja (pernice rossa) e i percebes (balani o peduncoli carnosi) frutti di mare pericolosamente pescati nella risacca delle scogliere atlantiche – esprime il massimo del ‘gozar de la vida’, quell’arte tutta spagnola che insegna come sfruttare al meglio le opportunità accordateci durante il soggiorno terreno. Contrariamente alla ‘prosciuttistica’ italiana – limitata al prodotto di un solo tipo di maiale e circoscritta a pochi marchi (dettano legge) ‘Parma’ e ‘San Daniele’, cui si può eventualmente aggiungere soltanto il poco commercializzato e casareccio prosciutto umbrotoscano – la Spagna propone zampe suine a gogò, con un’amplissima offerta a portafogli e palati. Tanto per stare sul concreto, nei numerosissimi “Museos” o “Mesòn” o “Catedrales” del Jamòn disseminati dai Pirenei alle Colonne d’Ercole, il costo di un chilo di prosciutto varia dai 10 ai 200 euro (escursione abbastanza ampia, se si pensa che nel Belpaese il costo non è inferiore alle 40 e superiore, nel caso del culatello, ai 50 euro).

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“Pata Negra”, re dei prosciutti iberici

Pata negra
Pata negra

Tanta differenza di prezzo si spiega con le svariate qualità di jamònes, prodotte da due differenti razze suine: il ‘pata’ (zampa) ‘blanca’ e il ‘pata negra’. Il pata blanca é il comune maiale, identico a quello nostrano, dalla cute rosa e dal peso ragguardevole. Per pata negra si intende invece il ‘cerdo (maiale, che in spagnolo è ricco di ulteriori denominazioni: cochino, puerco, marrano, lechòn) iberico’, una razza suina autoctona (come lo sono la capra selvatica e il ‘toro bravo’ da corrida) per i cui jamònes gli spagnoli impazziscono (e arrivano a indebitarsi, se si considera che un etto dal salumaio costa sui 20 euro).

Per non tediare il lettore con freddi dettagli anatomici e istologici, basti segnalare che il sullodato ‘cerdo iberico’, alias pata negra, é paragonabile a un incrocio tra il normale maiale (il già citato pata blanca) e il cinghiale (che, per inciso, antàn i ricchi italiani pagavano profumatamente per accopparlo, mentre ora – preoccupantemente riprodottosi – é sottoposto a taglia come un qualsiasi Jess il bandito). Contrariamente al pata blanca, la carne magra del pata negra è attraversata da strisce di grasso (in spagnolo vetas) per la disperazione delle signore, a dieta sempiterna, impossibilitate a separare la demonizzata parte ingrassante da quella innocente, sapida e rosé: grosso errore giacché, giurano i jamonologi iberici, il grasso del pata negra non solo non favorisce il colesterolo, ma lo elimina.

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