Il romanzo racconta di una società dei consumi che non riesce a controllare i mostri che si sono sviluppati al suo interno. La bambina che sapeva troppo mette a fuoco, facendole emergere le alienazioni di chi vive nelle metropoli.
La storia è ambientata negli anni Ottanta. Kate Meaney, allora è solo una bambina che gioca a fare la detective in compagnia dell’inseparabile scimmia Mickey, il suo pupazzo preferito.
Armata di penna e di taccuino, Kate si lancia in missioni spericolate, annotando ogni particolare e, naturalmente, stilando liste di tutti i probabili sospetti. Col tempo ha affinato un metodo di indagine che prevede disegni e fotografie “rubate” preferibilmente all’interno del grande Green Oaks Shopping Centre: un gigantesco centro commerciale dal quale la piccola detective sparisce all’improvviso, senza lasciare traccia.
“…Ora, perché mai indietreggeresti se non fossi spaventato all’idea di dargli le spalle? Cosa c’è di spaventoso? (…) Oggi ci sono meno vicoli ciechi… E così dietro alcune di queste pareti lungo cui camminiamo ci sono sacche di aria morta. .Piccole camere di nulla…”.
Vent’anni dopo, le telecamere a circuito chiuso dell’Oaks Shopping Centre iniziano a trasmettere le immagini di una bambina con un pupazzo a forma di scimmia… Sembrerebbe trattarsi proprio di Kate e, sulle tracce evanescenti restituite dalle telecamere, si lanciano le guardie giurate Scott e Kurt insieme a Lisa, una giovane commessa.
Mentre tutti sono convinti che ciò che vedono sia reale, lungo i corridoi senza fine dell’alienante tempio del consumo da cui Kate è scomparsa tanto tempo prima, l\’immagine della bambina assume la consistenza di un inquietante fantasma, costringendo gli spettatori a restare con il fiato sospeso, fino ad affrontare la più terribile delle domande: che fine ha fatto Kate Meaney?
La bambina che sapeva troppo è un racconto che coniuga con equilibrio ingredienti quali amore, morte, paura e abbandono facendone un libro bello e avvincente.