Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Massaua, caldo “richiamo” africano

Massaua foto Reinhard Dietrich

Una città sfortunata per l’occupazione italiana prima e inglese poi e per le sanguinose guerre tra “poveri” con la vicina Etiopia. Sui ricordi del passato, emerge la speranza di un futuro migliore

Massaua
Massaua

La chiamano “Perla del Mar Rosso”, ma è proprio vero?
Il clima è torrido per sei mesi l’anno. Da maggio a ottobre il caldo trasforma le notti di Massaua in una sarabanda: le strade e i tetti diventano immensi e colorati dormitori di gente che abbandona le case e trascina le brande alla ricerca di refoli di vento e di un’impossibile refrigerio all’aria aperta.
Massaua è una città intrigante e difficile. Certamente molto bella, porta i segni inconfondibili della distruzione e della violenza: per un anno intero, tra il 1990 e il 1991, i Mig etiopici, armati con bombe a frammentazione di fabbricazione israeliana, hanno bombardato la città senza un attimo di tregua. Non è rimasto quasi niente in piedi: il porto devastato, le cupole delle chiese e i palazzi sventrati, i tetti di un gran numero di case demoliti; chi visita Massaua, oggi, non può non vedere i segni di pesanti ferite.

Massaua Palazzo con cupola distrutto dalle bombe
Palazzo con cupola distrutto dalle bombe

Lentamente, con fatica, sta tuttavia rinascendo e riacquista, giorno dopo giorno, le sue antiche sembianze. Il suo nome in lingua “tigrignà” (Mitswa) significa “il richiamo”, il verbo “chiamare”. Ma per molti eritrei Massaua è anche “Batz”, antico nome di questa straordinaria città.
E’ stata la prima capitale della colonia italiana. Un primato durato poco meno di cinque anni; il clima insopportabile convinse il governo coloniale a traslocare gli uffici amministrativi sul più fresco altopiano, dove sorge Asmara.
Massaua, semidistrutta in precedenza (1921) da un terribile terremoto, ebbe un grande sviluppo con la preparazione dell’attacco all’Etiopia: in sette mesi, tra il 1935 e il 1936, attraccarono a Massaua 554 navi, sbarcarono 270.000 uomini e 12.000 autoveicoli. Erano gli anni dei “giochi” di guerra dell’Italia in Africa.

Sulle tracce del passato coloniale

La nuova moschea di Massaua
La nuova moschea di Massaua

Questa volta ho una giovane guida eritrea, Bilu, nata ventidue anni fa proprio a Massaua, città che conosce molto bene. Passeggiamo senza meta al tramonto, di sera, al mattino presto, sicuramente non nella calura del giorno.
E’ una città da afferrare per i suoi odori, il suo caldo torrido, i suoi profumi, la sua gente, i suoi sudori. Il cuore di Massaua è un susseguirsi di impressioni: i portici bianchi della banchina, la vecchia via Roma che penetra fino all’antico bazar coperto, il piccolo mercato della verdura in una squadrata e centralissima piazza, il buon caffè tradizionale sotto i rampicanti della “Massaua Cafeteria”. E poi ancora il porto, la grande piazza della bella moschea, il palazzo, centrato dalle bombe, della vecchia Banca d’Italia. Inutile darsi un itinerario: Massaua non lo consente. Basta perdersi nelle sue strade e, a poco a poco, si incontreranno tutti questi edifici che generano impressioni, immagini, immerse nel gran caldo.
Bisogna poi camminare sui marciapiedi della diga che porta a Taulud, la prima isola, per osservare i sambuchi (antiche imbarcazioni) l’allineamento delle gru nel porto, le poche navi attraccate alla banchina, lo strano obelisco in mezzo al mare che ricorda tragedie aeronautiche del tempo delle colonie, per affondare ancora di più nell’atmosfera unica e sospesa di Massaua.

Edaga Berai, mercato e povertà

Una ragazza prepara il caffè tradizionale eritreo
Una ragazza prepara il caffè tradizionale eritreo

A Taulud gli italiani edificarono dimore prestigiose. Su una punta dell’isola i Melotti vollero la loro sontuosa villa bianca, un tempo considerata fra le più belle case del mondo. A un estremo si trovano le rovine ancora superbe del palazzo del governatore, con la cupola sventrata da un missile; i cancelli conservano il disegno arrugginito del “leone etiopico”.
Oltre la diga, la terraferma. Il quartiere di Edaga Berai è il più povero di Massaua; case malandate, i vecchi binari della ferrovia usati come bancarella per vendere sacchi di sale. Il vero mercato di Massaua è qui, tra le povere case di Edaga Berai: svanita la magia della “Perla”, si incontra la lotta quotidiana per la sopravvivenza.
Oltre le case in muratura sorgono le capanne di rottami e arbusti dei Rashaida, l’etnia nomade che ha scelto di divenire precariamente sedentaria proprio in questo luogo. Edaga Berai è l’altra faccia di Massaua.

La strada per Asmara, un’avventura fra i monti

Babbuini affamati sulla strada per Massaua
Babbuini affamati sulla strada per Massaua

Ma l’interesse per la città non può escludere l’avventura per raggiungerla.
I circa centoquindici chilometri che dividono il Mar Rosso da Asmara, rappresentano uno dei tragitti più spettacolari dell’Eritrea. Oltre duemila e trecento metri di dislivello in così pochi chilometri non sono una discesa, ma un precipizio, un salto nel vuoto, un dirupo, un burrone, nel quale sono state scavate una strada, la più importante dell’Eritrea, costruita dagli italiani fra il 1935 e il 1936, sulle tracce di una pista sterrata e una delle ferrovie più ardite del mondo.
Percorsi che si sono ritagliati spazi sfruttando ogni più piccolo appoggio terreno, attraverso uno dei paesaggi più emozionanti della terra. La strada, alla fine della guerra di liberazione, era quasi distrutta, semicancellata dal passaggio dei carri armati.
Oggi, in due ore circa, si raggiunge facilmente Massaua. Le “Porte del Diavolo” sono la punta estrema dell’altopiano; spesso, oltre questo ciglione a pochi chilometri da Asmara, la discesa verso Massaua è avvolta da impenetrabili nebbioni; soprattutto in inverno le nuvole stazionano alle frontiere estreme dell’altopiano.

La ferrovia Massaua-Asmara

Le vecchie locomotive italiane parcheggiate alla stazione di Asmara
Le vecchie locomotive italiane parcheggiate alla stazione di Asmara

Molta e meritata “retorica” attorno a questa più che ardita ferrovia.
Costruire cento e diciassette chilometri di binari fra Massaua e Asmara, per un costo totale di sedici milioni e novecentomila lire ai valori del 1911, è stata un’impresa effettivamente straordinaria.
“Il 5 novembre ultimo scorso è stato inaugurato l’ultimo tratto della ferrovia Massaua-Asmara e la vaporiera ha finalmente raggiunto l’altopiano”; questo l’annuncio trionfale riportato dalla “Rivista Coloniale” del febbraio 1912.
Il treno aveva cominciato a stantuffare oltre il ciglione dell’altopiano nel novembre 1911: sei ore fra Massaua e la capitale, mentre fino ad allora per trasportare un carico di venti chili tra le due città, occorrevano quattro giorni di cammino.
Il primo tratto della linea ferrata era stato realizzato nel 1887: ventisette chilometri di binari, costruiti in gran fretta (cinque mesi circa) per collegare Massaua, già in mano agli italiani, con l’avamposto del forte di Saati, minacciato dagli eserciti del Negus Yohannes. Nel 1901 il governo della colonia si decide ad ordinare il proseguimento della ferrovia: otto chilometri che si spingono sino ai piedi della grande scarpata.

La stazione ferroviaria di Asmara
La stazione ferroviaria di Asmara

Il balzo verso Ghinda viene compiuto nel 1903, ma il volo verso Asmara si presentava ben più complicato: due anni per preparare il progetto e altri tre per trovare le aziende in grado di costruire la parte più impressionante della ferrovia.
Nel marzo del 1910 il treno giunge a Nefasit e alla fine dell’anno successivo sbarca ad Asmara; in quarantanove chilometri i binari scavalcavano mille e seicento metri di dislivello.
Gran parte del materiale rotabile era pervenuto dalla rete ferroviaria a scartamento ridotto della Sicilia. Composta da diciannove viadotti, ventinove gallerie, tredici stazioni, cinque serbatoi idrici, la ferrovia si arrampicava in alcuni punti superando pendenze del trentacinque per mille.
Tuttavia, la vita di questa incredibile ferrovia era destinata a durare ancora solo mezzo secolo, fino al 1975, quando la guerra con l’Etiopia inghiottì i binari: le traversine in legno vennero divelte, smantellate; usate nelle trincee e in seguito destinate ad altri usi.
Il governo eritreo ha comunque ripristinato, a tutto il 2005, una settantina di chilometri dell’antico percorso e conta nei prossimi anni di completare l’allacciamento con Asmara.

Massaua come e quando

Dromedario sulla strada per Massaua
Dromedario sulla strada per Massaua

Asmara, principale scalo aereo dell’Eritrea, è facilmente raggiungibile dall’Italia grazie a due voli settimanali (martedì e sabato) della Eritrean Airlines, con partenza da Milano-Malpensa e Roma. Massaua si raggiunge in auto, taxi o bus da Asmara. Sono crica centoquindici i chilometri che dividono l’altopiano dal Mar Rosso (due ore di viaggio).
I cittadini italiani devono munirsi di visto a Milano presso il Consolato d’Eritrea oppure a Roma presso l’Ambasciata. Per richiedere il visto sono necessari il passaporto (valido almeno sei mesi) una foto formato tessera e un modulo di richiesta compilato in originale. Il costo del visto turistico è di 46 euro.
Il periodo migliore per recarsi a Massaua va da ottobre a maggio. Porto caldissimo, quello eritreo. In estate la temperatura raggiunge facilmente i 45 gradi.
Due notizie utili. Con un Euro si possono avere al cambio venti “nakfa”, che è la valuta locale. Per chiamare Massaua dall’Italia il prefisso è 00291. Per chiamate dall’Eritrea in Italia si compone lo 0039. I cellulari stranieri non funzionano, dato che non esistono accordi di roaming internazionale.

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