Una rotonda pietra vulcanica scagliata da un gigante nell’Atlantico: ecco La Gomera, a un giro di boa dalla ben più famosa Tenerife, alla quale è collegata via mare o da piccoli velivoli a diciotto posti.
Ferite di altre ere geologiche i “barrancos”, gole profonde intagliate nelle montagne impervie. Lì si incanala l’acqua, non quella dei fiumi – grandi assenti – ma quella portata (in forma di umidità) dagli alisei che da qui spinsero Cristoforo Colombo verso le Americhe. Del Conquistador parlano oggi diversi luoghi del capoluogo isolano San Sebastiàn, uno dei migliori porti delle Canarie. Si legge nel piccolo museo allestito nella Casa de la Aguada, presunta residenza dell’esploratore genovese durante i suoi soggiorni a La Gomera, dove caricò le celebri caravelle con scorte di viveri: “giovedì 6 settembre 1492, da qui ebbe inizio la scoperta dell’America” (nella vicina piazza, il Café de los Descubridores). Che poi, è noto, più che scoperta fu conquista, ma questa è un’altra storia.
Echi sudamericani
Profumata, solitaria e bellissima, La Gomera è la meno conosciuta delle Canarie, diversa da tutte le altre isole dell’arcipelago spagnolo più vicino all’Africa che alla madrepatria.
Si vive come in Spagna, il tempo è elastico come in Sud America, l’accento “castellano” fa il verso a quello del Venezuela, che fu meta di un flusso migratorio consistente soprattutto negli anni Sessanta del Novecento; l’isola, che oggi ha appena diciassettemila abitanti concentrati sulla costa, allo sbocco delle valli, ne aveva molti di più prima della guerra civile spagnola che costrinse tanti a fuggire in Sud America. “Vamo a la huahua” (andiamo a prendere l’autobus) si ascolta; e pare di essere nei Caraibi ispanici; lo spagnolo mutilato delle “s” alla fine delle parole. Accento caraibico anche nel paesaggio, punteggiato di palme, agavi, fichi d’India, banani, i cui frutti sono stati il principale prodotto di esportazione dell’isola fino attorno agli anni Sessanta.
Tonno e guarapo
Le gole gonfie di palme. Ben centosettantottomila quelle tipiche delle Canarie contate sull’isola, più di tutto il patrimonio “palmero” dell’arcipelago messo insieme. Dalle piante si estrae la dolce linfa chiamata “guarapo” che dà ai visitatori il benvenuto: il miele di palma si usa ovunque in cucina, sulle crêpes, il gelato, la macedonia, nella grappa (in questo caso si chiama “gomeron”). Ma non è vero miele; si ricava raschiando la corteccia della palma canaria, gli uomini abbarbicati in cima alle piante. Accompagna anche la carne e il formaggio di capra, altra presenza significativa nella cucina gomera, come la zuppa di pesce, la salsa verde (a base di prezzemolo) che si accosta al pescato, l’“almogrote gomero” (pasta condita con formaggio di capra e peperoncino rosso) le “papas arrugadas” (patate “rugose” cotte in acqua molto salata che lascia una crosticina) il gratin di avocado, il filetto di cernia in salsa di banana, le carni di coniglio, pollo, cinghiale, capretto, i pesci in abbondanza. Ma il vero re della cucina è il tonno: cotto, crudo, freschissimo. Nelle fertilissime vallate abbondano avocado, coriandolo, “mojo” (peperoncino, nelle versioni rosso e verde) pomodori, patate, manghi, papaie (da provare il frullato di papaia nelle “zumerias” isolane) guayabas e fioriture esagerate di buganvillea, ibisco, sterlizie, stelle di Natale grandi come alberi che fanno dell’isola un paradiso tropicale a un passo da casa.
Vedute “aggressive”, da costa a costa
Un “coast to coast” è incredibilmente impegnativo a La Gomera, nonostante l’isola misuri appena venticinque chilometri nel punto più ampio. Il paesaggio è crudele e forte, le montagne sfiorano con disinvoltura (quasi) mille e cinquecento metri di altitudine; improvvisi si alzano “los roques” (enormi roccioni) le colline sono aride, i colori ocra e grigio dominano il sud e le coste strapazzate dal sole.
Come raggi di una ruota, tutte le strade passano dal centro; una ventina di chilometri, da nord a sud e altrettanti da est a ovest, richiedono anche quarantacinque minuti di automobile. Su è giù, lo stomaco a pezzi – ma ne vale la pena – gli occhi puntati sul paesaggio che riserva memorabili sorprese. Squarci sulle montagne dai numerosi belvedere (miradores) come il celebre Mirador de Palmarejo progettato dall’artista Cesar Manrique sulla strada per Valle Gran Rey.
Un continuo saliscendi tra scenografici cambi di scena per raggiungere le poche spiagge di nera sabbia vulcanica o le cale sassose intimidite da pareti di roccia verticali.
Come Valle Gran Rey, un pittoresco borgo di pescatori – in realtà, un grappolo di piccoli villaggi con alcune delle spiagge più belle dell’isola – allo sbocco di una valle lussureggiante ai piedi delle rocce a picco, con barchette colorate, il bar dei pescatori, il battello per l’escursione a Los Organos, un enorme organo scolpito nel basalto della scogliera che si apprezza solo dall’acqua, all’estremità settentrionale dell’isola, dove l’oceano è più mosso.
Bosco d’alloro, un’isola nell’isola
Isola rocciosa dal cuore verde, al centro sboccia il Parco Nacional de Garajonay, che nell’interessante “Centro de Visitantes Juego de Bolas”, esterno al parco, ha un piccolo museo sulla geologia e un bel giardino con ricca flora isolana. Occupa il dieci per cento del territorio e deve il nome a una leggenda di due sfortunati innamorati, Gara e Jonay.
Un’isola nell’isola il bosco di laurisilva (alloro) una delle foreste più antiche del pianeta che non ospita solo numerose specie di alloro, ma centinaia di piante differenti; felci, licheni, cespugli, liane, muschi; dagli ottocento ai quasi mille e cinquecento metri di altitudine, un’area di circa quattromila ettari, che forma uno dei quattro parchi nazionali delle Canarie, sempreverde per effetto degli alisei. Scarsa la fauna, composta prevalentemente da uccelli e pipistrelli, con mille specie di invertebrati di cui centocinquanta endemiche.
Gli alisei, provenienti da nord-est, investono l’isola nella parte più elevata, si scontrano con brezze più calde e provocano una bruma permanente nella foresta che viene chiamata “pioggia orizzontale”. Il fenomeno si apprezza dalla vetta Alto de Garajonay (1487 m) dalla quale si vedono Tenerife, Hierro, La Palma e a volte Gran Canaria; quando la nebbia si alza, lo sguardo spazia sulla foresta intricata, dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco, per il prezioso ecosistema che custodisce, nel 1986; primo ecosistema naturale ad essere inserito nella celebre Lista che all’epoca si limitava al solo patrimonio storico-artistico.
Identità di La Gomera: natura e sport
Niente cinema, nemmeno un semaforo, nessuna discoteca, solo l’oceano blu notte che accoglie i bagnanti in tutte le stagioni con 24º in ottobre che scendono a 18º in aprile, il mese più “freddo”. Incatenati dal mare in qualsiasi periodo dell’anno, in faccia al Teide, il terzo vulcano più alto del mondo (3718 metri) sulla vicina Tenerife. Ecco La Gomera, che ebbe ben pochi contatti con il mondo esterno fino al 1950, quando venne costruito un piccolo molo per l’attracco dei battelli. Che fino a qualche anno fa non avesse nemmeno l’aeroporto – adatto oggi soprattutto alle emergenze e a chi sugli aeroplani a diciotto posti si trova a proprio agio – la dice lunga sull’isola meno frequentata delle Canarie. I turisti che ci vanno, si fermano perlopiù solo un giorno, facendo troppo in troppo poco tempo; La Gomera merita anche un’intera settimana, soprattutto per gli sportivi.Ma è destinata a un turismo di nicchia, a chi vuole concedersi il lusso della natura in questa piccola “Folegandros” (l’isola greca della “pace”) dell’Atlantico. Nel sud dell’isola, le buche disposte dall’alto al basso sull’altopiano che precipita con falesie ardite sulle spiagge di Tapahuga e del Medio, un campo da golf a diciotto buche (il Golf Resort Tecina); difficile, tecnico, ritenuto uno dei tre campi più scenografici del mondo, disegnato da Donald Steel. Un “giardino da golf”, per l’esuberanza della vegetazione, che offre scorci straordinari dell’oceano e la migliore vista dall’isola del Teide.
La Gomera è un paradiso anche per la pesca d’altura (marlin e tonni in abbondanza) per il surf (gettonata playa de Santa Catalina, nella parte nord-est dell’isola non lontana da Hermigua, dove si trova un piccolo museo antropologico) le immersioni subacquee, la vela, il tennis, la mountain bike, le passeggiate a cavallo, con un clima piacevole tutto l’anno con i suoi 20º-25º da novembre a marzo e al massimo 35º nei mesi estivi. Novembre, quando inizia la raccolta dei datteri, è un periodo ideale; precede di poco l’alta stagione natalizia e gode ancora di condizioni climatiche quasi estive.
Un’isola dalla sensibilità “verde” ideale per camminare: una settimana a piedi senza mai ripetere gli stessi sentieri segnalati che coprono buona parte dell’isola e sono quelli percorsi un tempo dagli antichi Gomeros – che Cristoforo Colombo paragonò ai Tainos delle Antille: “ni blancos, ni negros” – che per agevolare le difficili comunicazioni tra le montagne inventarono un sistema “sonoro” basato su potenti fischi che permetteva di dialogare anche a distanze molto grandi, conosciuto tuttora (da pochi): il “silbo”, quasi una lingua.
Piccola guida di Gomera
Il viaggio
– Vi sono diverse compagnie aeree che collegano l’Europa alle isole Canarie, specie con Tenerife e Gran Canaria. Da entrambe le isole collegamenti aerei (trenta minuti circa) per La Gomera (aeroporto a tre chilometri da Playa Santiago).
Via mare: quattro, cinque corse al giorno di traghetto veloce in quaranta minuti a San Sebastina de la Gomera, da e per Tenerife (sud: Puerto de los Cristianos) con le Navi Fred Olsen (biglietti anche on line, www.fredolsen.es)
Hotel Jardin Tecina – Playa de Santiago, telefono 0034 922145850, prenotazioni 0034 902222140, www.jardin-tecina.com Il primo grande albergo dell’isola, elegante, raffinato. I bungalow affacciati sulla scogliera che sovrasta Playa Santiago sono immersi in uno splendido giardino botanico di settantamila metri quadrati, con una cinquantina di piante tropicali provenienti da tutto il mondo (passeggiate guidate). Quattro stelle, 434 camere, cinque ristoranti come il panoramico Club Laurel sulla spiaggia, campi da tennis, squash e paddle, cinque piscine, spa, minigolf, palestra, discoteca, animazione.
Il Golf Resort Tecina – A Lomada de Tecina 38811, Playa de Santiago, telefono 0034 902222130/922145950, www.tecinagolf.com, tecinagolf@fredolsen.es.
Shopping immobiliare – Pueblo Don Thomas.
Nel sud dell’isola, a Lomada de Tecina (vicino al Tecina Golf): www.pueblodonthomas.com, telefono 0034 922628380, pueblodonthomas@fredolsen.es. Esclusivo complesso residenziale che si estende su duecentoventicinquemila metri quadrati, con lussuose ville, appartamenti con giardini e piscine, immerso nel verde; ampi giardini tropicali e con vista mare (e putting green).