L’ Islanda con il sole non è particolarmente bella. Il meglio di sé lo dà umida di nebbia, imbronciata e sfumata dietro il grigiore dei suoi fiordi e dei suoi fiabeschi misteri.
Viverla troppo allegramente è viverla ridimensionata al verde smagliante dei suoi prati e delle sue greggi raminghe. Mi riuscirebbe bene, ma non mi è dato perdermi nei miei anfratti e nei suoi pensieri troppo a lungo, subito richiamata all’ordine ridanciano dal contagioso buontempismo e buon umore del resto della ciurma, a cui mi sono aggregata come piccolo mozzo.
Una banda di bucanieri scelti tra i meglio rappresentativi delle nostre alpi (maestri di sci, soccorritori d’alte quote, rocciatori apri-vie, cineasti specializzati in selfi, vecchi scarponi, pellegrini e atleti di prim’ordine), sempre pronti ad affettare pezzi di speck in ogni improbabile circostanza climatica, capaci di ingollare bicchierini di grappa per agevolare gli assaggi di aringa a qualsiasi ora del giorno.
Il ritrovo mattutino è un alzabandiera alla spicciolata tra l’andirivieni continuo al buffet della colazione, tra saluti baldanzosi e battute in dialetto deutsch-trentino-sudtirolese-allargato. Che gli italiani si facciano sempre riconoscere all’estero è un dato di fatto: almeno non ci capiscono!
La serata si conclude solitamente con il rotolare di dadi e risate in bische allestite nella hall degli alberghi, dove, ovviamente la prima a ritirarsi nel suo guscio è la sottoscritta, che ancora ne ha di strada da fare, prima di riuscire a tener botta a questa salda incoscienza da ultra sessantenni!
Islanda: prati smeraldi e colline di giada
Quando il sole squarcia la coltre nuvolosa, la strada che dritta traccia la linea del nostro viaggiare si trasforma nel magico sentiero per Oz, come Alice cade nella tana del Bianconiglio, anch’io precipito nelle discese dei fiordi che ti lasciano il diaframma sospeso per alcuni secondi. Mi ritrovo sbalzata fuori dal pullman, con ai piedi dei pattini a rotelle rossi, che mi fanno correre veloce tra prati smeraldini e colline di giada.
Dalla tasca bucata di qualche gigante pare siano scappate fuori un sacco di marshmallow colorate: rosa, azzurre, bianche, blu, che sparse e perdute punteggiano i prati.
Mi fermo in casette di bambola per bere il tè in tazzine di porcellana e zuccheriere antiche con il Cappellaio matto e gustare pasticcini cremosi tra tovaglie ricamate e trine alle finestrelle. Mi guardano sfrecciare batuffoli di cotone che paiono usciti dai dipinti che facevo da bambina, quando per ritrarre una pecorella disegnavo una nuvola, cui aggiungevo tante “U” quante me ne servivano per il muso, le orecchie e le due zampe anteriori.
Girare per l’ Islanda in pattini a rotelle: su e giù, su e giù, su e giù, lungo le sue coste. Poi d’improvviso la cortina di nuvole si richiude, il tè finisce, i marshmallow sono covoni di fieno imballato in cerate colorate, i prati si fanno spugnosi, le casette di bambola sono antiche fattorie ed io risalgo sul pullman e non so più cosa ho visto e cosa ho sognato.
Islanda, Mare del Nord: alla ricerca di balene
Oggi mi sono imbarcata per andare a cercare le balene. Questa volta non è stato un entrare in una favola (anche se di riferimenti fiabeschi ce ne sarebbero di celeberrimi e amatissimi), ma salire su un peschereccio vero e proprio, che per tre ore ha solcato il freddo e profondo Mare del Nord. Osservare la grazia di queste enormi ballerine del mare lascia senza parole. Vorrei solo stare a guardare per ore il loro scivolare a pelo d’acqua ed inabissarsi con calma, sparendo nelle profondità marine con un plié di coda, perfetto e bilanciato, tale da non alzare nemmeno uno schizzo d’acqua.
E poi mi ipnotizzano i loro sbuffi e le loro pinne che sorvolano ondose le onde in un moto altalenante che coinvolge e dondola lo spirito e regala calma. Mi ha dato pace e fatto sentire un’enorme tenerezza nei confronti di queste creature, così potenti ed ingenue nel loro sopportare temperature glaciali, acque plumbee e meschinità umane, che le fanno vittime di pesche vigliacche ed egoiste.
I gabbiani mi sfioravano le orecchie tanto da poterne contare le penne delle ali. Meduse arancioni fiorivano in superficie trasportate dalla corrente ed io mi sentivo così immersa in questo scenario artico, da non sentire quasi che i piedi e le mani mi si stavano congelando, nonostante la tuta da astronauta impellicciata con cui ero bardata. So che questa notte inabissata nel sonno farò sogni bellissimi! Per intanto, però, mi ci vuole una doccia bollente. Qui l’acqua puzza di zolfo, che pare lavarsi in un vulcano. Domani me ne andrò alle terme. (2-continua)
Info: it.visiticeland.com/
ICELAND 1. ISLANDESI INVINCIBILI GUERRIERI CONTRO LA SFIDA NATURALE, CLIMATICA, STORICA
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