Venerdì 26 Aprile 2024 - Anno XXII

Padova colta

Gli splendidi vetri di Murano e il Museo veneziano che li raccoglie e una città, Padova, di profonda cultura e tradizione con una gemma in più: il celebre Caffè Pedrocchi

Padova Murano lavorazione del vetro
Murano lavorazione del vetro

La prova del fuoco: ecco cosa evoca il vetro di Murano. Duttilità è da secoli il messaggio dei maestri veneziani che al vetro infondono la leggerezza del soffio. Niente a che vedere con la lavorazione del vetro di Boemia assimilabile a quella del cristallo di rocca, che viene tagliato. Il vetro tagliato “è barbaro” affermava a metà dell’Ottocento John Ruskin (“The Stones of piazza dei Signori Venice”, Le Pietre di Venezia), il più acuto interprete della città lagunare dell’epoca e della sua arte vetraria. Altro processo quello della soffiatura, che deve conservare l’impronta del fuoco anche nell’opera finita. La vetraria artistica muranese è erede della tradizione romana, bizantina e islamica del Medioevo, che si fonda su tecniche molto antiche. Anche la policromia dei soffiati veneziani li distingue dal cristallo incolore prediletto dai paesi nordici. La particolarità della lavorazione alle porte di Venezia e una sensibilità unica verso il vetro fanno dei manufatti veneziani tutt’altro che un’arte “minore”.

Padova L'arte del vetro
L’arte del vetro

Nella mostra del Caffè Pedrocchi erano esposti vasi, calici, anfore, alzate, brocche, coppe, ampolle che arredavano le case e i palazzi (Stibbert, Bagatti Valsecchi, Leone, Borgogna, Pogliaghi, Sartorio, Morpurgo) nel secondo Ottocento, molti provenienti da collezioni private (ma anche da importanti musei italiani) ed in gran parte esposti per la prima volta in Italia. Centotrenta opere di straordinaria qualità illustravano le tendenze dell’epoca suddivise in nove sezioni per testimoniare il gusto storicista per i revival allora in voga a Venezia: archeologica, rinascimentale, barocca, neoclassica, catalana e andalusa, islamica, Japonisme, art nouveau, neobarocca, gioielli e murrine. Il secondo Ottocento è il periodo di massimo splendore dell’arte vetraria veneziana, che ne segna la rinascita raggiungendo un livello di esecuzione tecnica mai prima toccato. È il benessere seguito alla tremenda crisi economica dovuta alla caduta della Serenissima che innesca la ripresa. Ma non solo. La comprensione del valore della tradizione che si deve a uomini illuminati come l’abate Vincenzo Zanetti, che nel 1861 fondò a Murano il Museo dell’Arte Vetraria, e Antonio Salviati, che lanciò a Londra la produzione vetraria veneziana, recupera un modo di sentire oltre che le tecniche.

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Padova Vetri mosaico murrina
Vetri mosaico murrina

Come la “murrina” la cui lavorazione viene ripresa studiando la tecnica romana del vetro a “mosaico fuso” e diffusa come “murrina” per una disattenzione filologica dei vetrai che non conoscevano il latino. Il fascino dell’arte vetraria muranese supera i confini della bella esposizione padovana illustrata nel catalogo Pizzi a cura delle curatrici Mirella Cisotto Nalon e Rosa Barovier Mentasti. A Venezia, oggi come un tempo, si punta sulla qualità. No global, recita la brochure pubblicitaria: il vetro di Murano è fatto solo a Murano. Per fortuna.

Un salto a Venezia, per visitare il Museo dell’Arte Vetraria

Padova Museo del vetro
Museo del vetro

“Il primo museo artistico-industriale d’Italia” scrive Rosa Barovier Mentasti, studiosa di fama internazionale, discendente da una celebre famiglia di artisti vetrai, nel catalogo della mostra presentata a Padova. E prosegue: “concepito come un luogo di memorie storiche ma anche come una scuola (…) costituì per tutto l’Ottocento il fulcro della vita culturale dell’isola”. Museo da visitare, per chi è interessato ad approfondire il tema dell’arte vetraria veneziana. Ospitato nel seicentesco palazzo Giustinian (Fondamenta Giustinian 8, tel. 041-739586, fax 041-5200935, aperto tutti i giorni escluso il mercoledì dalle 10 alle 16 d’inverno; vaporetti n. 41 e 42 fermata Museo), il museo accoglie una sezione archeologica (dal II sec. a.C. al II d.C.) nella quale gli elementi di maggiore prestigio sono i vetri provenienti dalla necropoli di Enona (Zara), vetri (prevalentemente) veneziani dei secoli XV-XVIII, e una sezione dedicata alla produzione moderna e contemporanea.

Pedrocchi, il Caffè “senza porte”

Padova Caffè Pedrocchi
Caffè Pedrocchi

Torniamo a Padova. Oggi è il caffè-teatro dove si tengono (nell’omonima piazzetta) concerti e spettacoli. Il Caffè Pedrocchi (www.caffepedrocchi.it) fu progettato da Giuseppe Jappelli in collaborazione con il caffettiere Antonio Pedrocchi a partire dal 1826. Aperto in origine ventiquattro ore su ventiquattro, era chiamato il “caffè senza porte”; chiunque poteva entrare e prendere posto in un’apposita saletta (tuttora esistente) senza dovere affrontare alcuna
consumazione. Al pianterreno una sequenza di sale forma una via coperta parallela alla strada pubblica, che in questo tratto è priva di portici; alle estremità settentrionale e meridionale le logge porticate di gusto neoellenico sono un riferimento alla Grecia classica e ai suoi valori democratici. Il caffè è aperto a tutti: a ciò alludono i due emisferi geografici alle pareti ai lati del catino semiellittico al centro del locale. Il piano sopra il caffè, Ridotto Pedrocchi inaugurato nel 1842, era destinato alle feste, ai balli, ai giochi della buona società del tempo. Etrusca, greca, egizia, moresca, Rossini, barocca, ercolana, rinascimentale, gotica, ogni stanza è decorata in uno stile diverso. In queste sale che meritano una visita era allestita la mostra sull’Ottocento muranese.

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Padova, quattro passi sotto i portici

Padova Piazza delle Erbe
Padova Piazza delle Erbe

Padova tigre dello sviluppo del Nord-Est, Padova dinamica e grintosa, Padova che ha guidato la trasformazione industriale del Veneto. Ma il capoluogo di provincia veneto ha anche un’altra anima. Sede universitaria da oltre sette secoli, ha con la cultura e con l’arte un rapporto privilegiato. Non fossero che gli Scrovegni a dimostrarlo. La cappella affrescata da Giotto è visitabile solo su prenotazione. Il monumento al Gattamelata di Donatello in piazza del Santo e i suoi bronzi sull’altare maggiore della chiesa di S. Antonio, gli affreschi del giovane Tiziano alla Scuola, le chiese e i musei civici, Padova non si può raccontare in due parole né visitare in poche ore (in due giorni, magari). Ma tra una mostra e l’altra concedetevi almeno quattro passi. Piazza delle Erbe, piazza della Frutta, piazza dei Signori: tre piazze concatenate nel cuore del centro storico che grazie ai portici si gira comodamente a piedi anche se piove. Quasi come a Bologna.

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