Si dice che vicino ai vulcani si respiri un’aria speciale. Un’atmosfera funesta dicevano gli antichi, un’atmosfera di tensione si dice ora. E scrittori e cinema sono sempre pronti a prenderne spunti.
È alle pendici del Popocatepetl in Messico che si consuma il dramma del console britannico, il gigionesco Albert Finney, tradito dalla moglie, la sensuale Jacqueline Bisset, raccontato in tinte barocche da John Huston in Sotto il vulcano. È l’eruzione dello Stromboli che arriva come un castigo divino dopo un delitto d’onore, in Vulcano di William Dieterle, fumettone passato inosservato, nonostante la presenza di Anna Magnani. O ancora, è con un’eruzione catartica che si conclude Stromboli terra di Dio di Rossellini, con una splendida e quanto mai improbabile Ingrid Bergmann, che incinta e con i tacchi, corre sul vulcano per sfuggire al fuoco e ai pregiudizi.
Stromboli: l’ultima ira
Per quanto il cinema abbia abusato di tinte forti è vero che intorno alle “montagne che respirano” c’è un’aria speciale. Non si riesce ad afferrare in una città, ma si percepisce bene quando il contatto con la natura è totale. La sensazione di precarietà, di qualcosa che può accadere da un momento all’altro e può cambiare tutto, esiste, è reale. Basta pensare a Stromboli.
Dopo gli ultimi eventi il monitoraggio è continuo e i vulcanologi sono in stretto contatto con la protezione civile. Anche se tutti gli abitanti sono ritornati nelle loro case. Perfino a Ginostra, sulla sponda opposta dell’isola, dove dei 22 che vi risiedono solo uno, Mario, guida e appassionato di vulcani non era voluto andar via. In questo minuscolo paese fuori del mondo la sensazione di precarietà è più che mai intensa. Fa parte dell’attrattiva del luogo.
A un centinaio di metri sul livello dell’acqua e senza corrente elettrica, Ginostra è raggiungibile solo via mare o passando dal vulcano. Con un’arrampicata faticosa e non impegnativa da Stromboli, ma una discesa ripidissima e difficoltosa verso Ginostra. Il porto, il Pertuso, il più piccolo del mondo, può ospitare solo un gommone e il barcone del “rollo”, la navetta per merci e passeggeri fra la riva e le navi o gli aliscafi che ormeggiano al largo. Inutile dire che se il mare è agitato il “rollo” non fa servizio e Ginostra è drammaticamente isolata. Nelle notti d’estate quando candele e lampade a petrolio sono spente, Puntazzo, Petrusa e Gianluca, i tre ritrovi, hanno chiuso i battenti e nelle stradine non transita nessuno, nel silenzio e nel buio si avvertono i rumori e i lampi del vulcano che ogni venti minuti manifesta il suo essere vivo.
Si sente più inquietante la presenza del vulcano guardando la Sciara del Fuoco, l’enorme discesa di lava, dove rotolano fino al mare le pietre infuocate, che rendono pericolosissime le profonde acque intorno (1000 metri). Meno minacciosa è la vecchia sciara dove la lava passava secoli fa. Ora ci si diverte a scenderla a piedi e c’è anche chi ha provato a farla in sci. Il vulcano lo si avverte nelle rocce nere sul mare che si surriscaldano dando un piacevole tepore all’acqua intorno. O nella lunga spiaggia di sabbia e di piccoli ciottoli grigio scuro di Stromboli.
La sabbia nera c’è anche a Pecorini, uno dei villaggi di Filicudi, un’altra delle Eolie dove invece i vulcani sembrano essersi addormentati per sempre
Vulcani: l’isola dello zolfo
Delle isole, tutte vulcaniche, dell’arcipelago, l’unica dove “i monti di fuoco” sono in attività, oltre a Stromboli, è Vulcano. Ma lo spettacolo qui è diverso. È subito lì appena si sbarca dall’aliscafo, una distesa di bolle con un odore di zolfo. Una bolgia infernale con pozze d’acqua giallognola, gorgogliante come una minestra, dove la gente che vi si immerge ha i volti deformati e arrossati per l’immenso calore.
Più avanti, già nel mare, ci sono le fumarole che lo fanno bollire. Tutta l’isola è un grande vulcano sempre pronto a emettere lapilli e massi incandescenti, a far piovere pietre e cenere. Sono la polvere e la cenere, che ha emesso di recente l’Etna, ad aver trasformato il grande vulcano dalla costante ma controllabile eruzione in una montagna pericolosa.
Dice Mauro Rosi, docente di Fisica del Vulcanismo all’Università di Pisa: “L’Etna sta continuamente alzando il tono della sua attività esplosiva. Prima aveva solo emissioni di colate laviche. Ora sta aggiungendo polvere e cenere, che immesse nell’atmosfera creano grossi problemi soprattutto nella gestione del traffico aereo. Si sono infatti dovuti chiudere per vari giorni gli aeroporti di Catania e Reggio Calabria. Gli aerei non possono volare in queste ‘nuvole’ di polvere e cenere perché rischiano le abrasioni.
La situazione di Stromboli è completamente diversa. Gli eventi dello scorso dicembre sono dovuti al fatto che il vulcano sorge da 1500 metri sotto il mare, e i versanti sono appunto sotto il livello del mare. La bocca che si è aperta di recente, era a 500 metri sott’acqua e questo ha provocato quel maremoto con onde anche di 10 metri”.
L’Etna, “a muntagna”
Sicuramente l’Etna è profondamente diverso dallo Stromboli, non solo per le sue dimensioni, ma soprattutto per la configurazione da vera montagna. Dove le cime da dicembre a tutto aprile sono coperte da uno spesso strato di neve, dove vari skilift e una funivia conducono gli sciatori fino a 2500 metri d’altezza per poi farli divertire con piste ampie e stimolanti. Dove ci sono boschi da paesaggio canadese, panorami con vista fino alla Calabria e alle Eolie. Dove chi preferisce invece lo sci da fondo può fare delle passeggiate tra foreste di faggi, querce, pioppi e persino di betulle capitate in Sicilia, sembra, con l’ultima glaciazione e sopravvissute pare proprio grazie all’influsso del vulcano. Che è lì, sempre presente, con i vecchi crateri spenti o quelli apertisi di recente, come la Bocca Nuova a tremila metri formatasi nel 1968 in prossimità del Cratere Centrale ora spento. Alla bocca Nuova si può arrivare quasi sull’orlo.
È un’esperienza, dicono, straordinaria, da fare in piccoli gruppi accompagnati da una guida esperta e ben equipaggiati con caschi. Con i suoi quattro crateri sempre attivi si pensava che la montagna di fuoco riuscisse a far uscire “la sua rabbia”, e a non trattenerla pericolosamente, ma gli ultimi eventi sembrano contraddire la teoria. Non a caso i vulcanologi sostengono che l’Italia è il primo paese del mondo a rischio vulcanico, più dello stesso Giappone e delle Filippine.
Vulcani: oltre tre millenni fa, l’apocalisse
Non c’è alcun rischio invece a Santorini, forse la più bella fra le isole Cicladi. Il grande vulcano di tremila metri di altezza che la dominava è esploso nel 1570 avanti Cristo, lasciandole come ricordo il nero fumo delle rocce e un fascino un po’ inquietante; oltre Akrotiri, un intero villaggio sommerso dalla cenere e rinvenuto dopo gli scavi di un archeologo greco solo nel 1967.
A Santorini la prima volta bisogna arrivare per nave, anche se c’è un comodo aeroporto con voli continui da Atene : quelle rocce nere a picco con piccole macchie bianche sulla punta, le case, sembrano montagne con le creste innevate. E quanto alla vita sull’isola, se Thira in agosto è insopportabile per la massa di gente, Ia, sul capo opposto, ripaga con notti silenziose e impareggiabili tramonti da ammirare in pole position vicino ai resti del castello medioevale.
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