Mercoledì 24 Aprile 2024 - Anno XXII

Universo Sandokan

Isola di Labuan

Dai celeberrimi romanzi di Salgari, un mondo oggi reale che in Italia era già conosciuto attraverso le fantastiche descrizioni dello scrittore veronese. Ma i riscontri con la realtà non sono pochi

Sandokan La copertina di uno dei noti romanzi di Salgari
La copertina di uno dei noti romanzi di Salgari

“Al di fuori l’uragano e qua io! Qual è il più tremendo?”
E’ così che si presenta Sandokan, nel primo degli undici libri del ciclo sui “Pirati della Malesia”. Tra i tanti personaggi creati da Emilio Salgari, il principe spodestato dal trono dei suoi avi dal diabolico James Brooke, divenuto poi feroce pirata, è certamente l’eroe più amato. Per un intero secolo e per molte migliaia di ragazzi, Sandokan è stato un simbolo. Ha rappresentato la forza e il coraggio, la capacità di opporsi all’ingiustizia per far trionfare la libertà. Dal suo inespugnabile rifugio nella piccola isola di Mompracem, Sandokan infestava con i suoi “tigrotti” le acque del Borneo.
E intorno a questo personaggio, Salgari ha creato tutto un mondo dove protagonisti sono pirati e tagliatori di teste, principi, raja bianchi e delicate fanciulle inglesi. E’ quindi anche a causa sua che in occidente il Borneo è da sempre considerato la terra degli uomini d’avventura, di bucanieri senza scrupoli e di selvaggi feroci.

Salgari, un sedentario

Sandokan Emilio Salgari
Emilio Salgari

In realtà Emilio Salgari il Borneo non l’aveva mai visto. Nato a Verona nel 1862 da una famiglia di modesti commercianti, non si era mai allontanato dall’Italia (la sua unica esperienza come “uomo di mare” si era risolta in un viaggio sul mercantile “Italia Una” che per tre mesi aveva navigato nell’Adriatico). Ma con la sua smisurata fantasia e con un attento lavoro di documentazione, Salgari ha saputo miscelare abilmente avvenimenti storici e brillanti invenzioni letterarie. Alla fine, quelle avventure che aveva soltanto immaginato, sono divenute parte integrante della sua vita. Persino la sua morte sanguinosa, una sorta di suicidio rituale con un pugnale simile a quello usato dai protagonisti dei suoi romanzi, è stato l’ultimo tributo a quel mondo immaginario che lui stesso aveva creato e alimentato.

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Nei luoghi delle “fantasie” raccontate

Sandokan

Ancora oggi, soprattutto per chi da ragazzo si è nutrito della lettura dei romanzi di Salgari, un viaggio nel Borneo può diventare un’immersione in quell’universo primordiale creato dallo scrittore. D’altra parte, lo sforzo d’immaginazione richiesto al turista che cammina nella giungla o naviga tra le isole dei piccoli arcipelaghi della Malesia orientale, non è certo eccessivo: il Borneo, infatti, è tuttora una delle aree meno contaminate dell’intero sud est asiatico e specie nelle zone più interne ed isolate, non è cambiato granché rispetto ai tempi in cui i pirati infestavano le sue coste. Se dunque non esiste nella realtà una vera Mompracem (ma sono decine le piccole isole che potrebbero fare da sfondo alle avventure immaginate da Salgari) sono molti i luoghi da visitare in un viaggio immaginario sulle tracce di Sandokan.

Sandokan e la perla di Labuan

Sandokan La baia di Labuan
La baia di Labuan

Questo viaggio potrebbe ad esempio partire dall’isola dalla quale aveva preso nome Marianna, l’amatissima moglie di Sandokan, soprannominata “la perla di Labuan”. A otto chilometri dalla costa del Sabah – lo stato che, insieme al Sarawak, occupa la parte malese della grande isola del Borneo – oggi Labuan attira molti visitatori perché è porto franco, quindi esente da tasse. I turisti sono più che altro attratti dalle belle spiagge, dai villaggi su palafitte nella baia a ovest della città e soprattutto dall’impressionante Labuan War Cemetery, con le lapidi dei quattromila soldati australiani e inglesi che morirono nel Borneo combattendo i giapponesi nel corso della Seconda guerra mondiale. Ma più che in quest’isola, per visitarla è sufficiente un’escursione di un giorno, vale invece la pena di fermarsi a Kuching, la capitale del Sarawak, in cui visse sir James Brooke, l’acerrimo nemico di Sandokan.

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Il padrone del Sarawak

Sandokan Sarawak
Sarawak

Proprio come nel romanzo, anche nella realtà Brooke era conosciuto come il “Raja Bianco”. Questo non significava che avesse sangue nobile nelle vene. Era al contrario un avventuriero che aveva lasciato la Compagnia delle Indie per approdare nel 1839 nel Sarawak, con molto denaro e una corvetta da guerra ben equipaggiata con armi e cannoni. La situazione politica del Borneo era allora complicata dalle lotte tra il vicerè del Brunei e i ribelli delle tribù dell’entroterra. Brooke riuscì a sedare la rivolta e, in cambio, nel 1842 gli venne ceduta una parte dell’odierno Sarawak. Lui stesso si nominò rajah del Sarawak, domò le tribù ribelli e i terribili pirati, abolì la caccia alle teste e fondò una dinastia che regnò per oltre un secolo, ampliando continuamente i suoi territori fino allo sbarco dei giapponesi durante la Seconda guerra mondiale. In un certo senso Brooke portò la “civiltà” nel Borneo, ma venne sempre considerato uno straniero.

Pirati per necessità

Sandokan

Nel XIX secolo, in questa regione della Malesia l’opposizione contro le imprese commerciali europee proveniva dagli indigeni che proprio dal mare traevano i loro mezzi di sostentamento. Attaccavano i vascelli europei e per questo motivo venivano definiti pirati. In realtà, per loro questo era l’unico modo per sopravvivere. E spesso nelle loro imprese erano guidati da principi locali, veri e propri Sandokan.  Da queste imprese, ad esempio, il sultano del vicino Brunei ricavò la maggior parte delle proprie ricchezze, oggi cresciute a dismisura grazie al petrolio. In un certo senso, dunque, quello che in Europa veniva visto come segno di selvaggia crudeltà e arretratezza culturale, nel Borneo era invece considerato una prova di coraggio contro l’invasore. Ha quindi senso considerare Sandokan come un paladino della libertà del suo popolo.

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