Andy Warhol asserì che in questi tempi moderni la popolarità non dura più di un quarto d’ora. Se si parla di turismo, il treno, grande innovazione del trasporto terrestre, resistette ben più a lungo, fin quando venne sostituito dall’automobile e con l’avvento dell’aereo finì tra i “memorabilia”.
Epilogo del turismo ferroviario rimase l’Orient Express a combattere una battaglia persa dalla Belle Epoque contro la tecnologia, il consumismo di massa, gli alberghi dormitorio.
Comodità e funzionalità del Transcantabrico
Recentemente qualche proposta di viaggio in treno – non solo in funzione di vettore ma anche di albergo itinerante – riappare negli opuscoli degli operatori turistici. E’ il caso del Transcantabrico che adempie una doppia, meritoria funzione: presenta un turismo diverso dal solito e porta a conoscere la Spagna nord occidentale, assai interessante ma ancora poco nota.
In effetti, non certo per assenza di bellezze naturali e artistiche, la cosiddetta Spagna Verde e la Castilla y Leòn sono visitate meno di quanto meritino. Ciò è dovuto – oltre alla posizione geografica defilata rispetto alle vie di comunicazione a sud dei Pirenei – alla pesante concorrenza delle regioni mediterranee, dispensatrici di svaghi balneari e abbronzature doc e soprattutto dell’Andalusia che della Spagna turistica tradizionale (e nella mente del potenziale viaggiatore) resta la quintessenza.
Mille chilometri all’insegna del relax
In un viaggio settimanale inferiore ai mille chilometri, lungo un itinerario che raggiunge Santiago de Compostela dalla “castellana” Leòn (o viceversa; un identico treno viaggia contemporaneamente nel senso contrario) il Transcantabrico conduce alla scoperta di quella che si potrebbe definite l’altra Spagna, trasformandosi via via in vettore, albergo bed&breakfast, salotto, biblioteca, bar e discoteca. L’esperienza turistica sui binari si svolge senza concitazioni. Dopo il pernottamento nelle principali stazioni – non sono previsti spostamenti notturni – e la prima colazione non innervosita da sveglie antelucane, il treno si muove per coprire una parte dell’itinerario programmato, sbarcando poi il viaggiatore per una visita, con il pullman al seguito, guidata da un accompagnatore poliglotta. La giornata trascorre piacevolmente in un succedersi di paesaggi goduti dal finestrino, escursioni – delle quali una in battello – passeggiando o godendo il panorama dal belvedere di un ristorante a pranzo e a cena. Composto soltanto da otto carrozze, quattro “letto” e altrettante “salones” sociali, El Transcantabrico ottempera ai due vecchi adagi “poca brigata… e chi va piano…”, garantendo una tranquilla vivibilità sia nelle soste sia, grazie alla relativa velocità, in movimento.
La Spagna più “vera”. Lo testimonia la Storia
Perché le regioni nord occidentali della penisola iberica rappresentano l’altra Spagna? Facile dimostrarlo, ricorrendo alla storia, alla cultura e alla meteorologia. L’invasione araba, iniziata nell’anno 711 con l’attraversamento dello Stretto di Gibilterra, impiegò pochi anni per raggiungere i Pirenei e valicarli, ma non occupò totalmente la penisola iberica. Le terre comprese tra le aspre montagne della “Cornisa” (cordigliera) Cantabrica e le inquiete acque dell’Atlantico rimasero cristiane: non perché i seguaci di Maometto le avessero volutamente trascurate (ovviamente provarono ad assoggettarle) ma per la fiera resistenza opposta dai misteriosi Baschi nonché dagli Iberi celtizzati, gli Astures (nel Principato delle Asturie si commenta con non celata superiorità: “solo le Asturie sono la Spagna, il resto è tutta terra conquistata).
A Covadonga, sotto gli svettanti Picos de Europa, re Don Pelayo vinse una battaglia (in realtà una scaramuccia di poco conto) così importante da dedicare alla Vergine un eremo che nel corso dei secoli è divenuto basilica, orgoglioso simbolo dell’indipendenza della Spagna iniziata con la Reconquista. A unificazione da poco avvenuta iniziarono le grandi avventure marinare, dall’Atlantico al Nuovo Mondo, la corsa alle ricchezze dell’El Dorado. Sulle orme di Legazpi, “conquistador” delle Filippine (e prima di lui il suo compaesano Elcano aveva compiuto il giro del mondo cominciato da Magellano) i Baschi, e con loro i Cantabri e gli Asturiani solcarono le vie del “Mare Oceano” più di quanto imboccassero quelle per Barcellona o Madrid. Queste vicende possono spiegare il vezzo degli spagnoli delle terre visitate dal treno-albergo nell’etichettarsi “Iberici doc”, con origini addirittura risalenti alla nascita dell’uomo, testimoniate dai graffiti e dalle pitture rupestri di Altamira (la Cappella Sistina del Quaternario).
Itinerari religiosi, culturali e artistici
L’interesse culturale e storico, non meno che turistico e paesaggistico, dell’itinerario del Transcantabrico è ulteriormente arricchito dal percorso iniziale (o finale, se si compie il viaggio nel senso contrario partendo da Santiago de Compostela) tra Leòn e Bilbao, nella Castilla y Leòn, culla della Spagna attuale. Dopo aver visitato Leòn per ammirare il rosone e le vetrate della cattedrale e i teneri dipinti romanici nel “Panteon” di San Isidoro, il viaggiatore percorrerà parte di quel “Camino de Santiago” di cui rivedrà – una settimana dopo – il leggendario punto di arrivo, la Plaza del Obradoiro a Santiago. Superate le Asturie (il Principato, destinato a diventare di gran moda con la prossima regina di Spagna nata a Oviedo) si entra nella Galizia, dalla gente ovviamente affine ad asturiani e cantabri, ma con qualche distinguo. Nell’estremità occidentale dell’Europa – da Capo Finis Terrae, Finisterre in spagnolo, Fisterra in gallego, i legionari romani contemplavano la sparizione del sole nell’ignoto orizzonte – generazioni di galiziani vennero al mondo per affrontare un mare generoso ma ribollente e una terra struggentemente amata ma negata da una retrograda proprietà di nobiltà e clero. La loro lingua, somigliante all’idioma del vicino Portogallo, verso la fine del Trecento era esclusiva dei poeti; si componevano versi in gallego, non in castigliano, e fu sul punto di divenire lingua nazionale spagnola, analogamente a quanto accadde in Francia tra la “langue d’oc” e quella “d’oil”.
Obbligata a emigrare, la laboriosità dei Gallegos edificò ricchi palazzi a Cuba e a Buenos Aires (ove gallego è sinonimo di spagnolo) popolò di politici, Guardias Civiles e ristoratori Madrid e gran parte della Spagna, mentre nella terra natìa sopravviveva radicatissimo il sentimento religioso originato da una leggenda. Le spoglie di Santiago (San Giacomo), miracolosamente ritrovate agli inizi del IX secolo dove oggi sorge Compostela, richiamarono torme crescenti di pellegrini fino a costituire un grande evento della cristianità, il Camino de Santiago, che rappresentò per secoli un viavai di cultura e religiosità colleganti lontane città europee ad un remoto angolo di Spagna. Lungo il Camino sorsero eremi e cattedrali, palazzi e università, ospedali e conventi per ospitare i pellegrini con la conchiglia di San Giacomo, divenuta il simbolo di un risveglio di menti e coscienze forse più importante di quello turbato dagli eccessivi connotati mercantili dalle Crociate. Da circa un trentennio il Camino è sempre più affollato, soprattutto nell’Anno Santo Compostelano quando il 25 Luglio, giorno di Santiago Apostol, festa nazionale spagnola, cade di domenica. Accade nel 2004 e c’è da prevedere che, oltre a quelli giunti a piedi e in bicicletta, passerà sotto il Portico de la Gloria anche qualche “peregrino” sbarcato dal Transcantabrico.
Tra oceano e monti, un clima bizzarro
Terza motivazione per definire “altra Spagna” le regioni del nord ovest, la meteorologìa. Raramente esistono giorni belli o giorni brutti, pioggia continua o sole costante: differentemente dalla accecante “meseta” della Mancha, dalle assolate spiagge mediterranee, la Cornisa Cantabrica dispensa quotidianamente quasi tutte le bizzarrie elencabili in un bollettino meteorologico. Dall’Atlantico provengono l’umidità e le nubi che assicurano un perenne verde “svizzero” ai monti delle Asturie ricchi di foraggio, bestiame e mele; per quanto riguarda il frutto, è davvero un peccato non assistere ai festeggiamenti autunnali dedicati alla nuova “sidra”, lo spumeggiante succo di mele che delle Asturie è bevanda nazionale. Ma dall’Atlantico tira anche deciso quel vento che spazza cirri e cumuli, lasciando spazio a luminosi raggi di sole. Sono indubbiamente meno numerose le giornate serene rispetto a quelle bagnate dal “sirimiri”, la fastidiosa pioggerella che si infila anche su per il naso e non a caso certi angoli di Bilbao ricordano le brumose stradine di Plymouth o di Bristol; ma chi ama gli squarci di cielo azzurro prima o poi è accontentato. Tanto infrangersi di onde atlantiche ha scavato profonde insenature, è indubbia la somiglianza tra le “rias gallegas” e i fiordi norvegesi, ha plasmato spiagge uniformi e maestose, le sabbiose distese tra Laredo e Santoña, quelle contornanti Llanes e Luarca.
E la “buona tavola”, dove la mettiamo?
L’orografia della Cornisa, alti monti a ridosso del mare, produce fiumi e torrenti ricchi di trote e salmoni (un tempo paradiso di pesca per il deprecato “Generalisimo”) e porti pescherecci assai riparati, oggi attrazione turistica, come Cudillero, Luarca, Ribadesella, oltre che gastronomica (e chi viaggia sul Transcantabrico, con i pasti principali serviti in ristoranti selezionati, ne trarrà piacevole sorpresa). La cultura della buona tavola, con tutto quel ben di dio di pesce e frutti di mare elargiti dall’Atlantico, è universale in Galizia, Asturie e Cantabria per divenire epicurea ossessione nei Paesi Baschi, con le loro “Sociedades Gastronomicas”, circoli i cui soci si esibiscono nell’elaborazione di piatti ricercati. A fronte della raffinatezza basca, un menu gallego si rivela estremamente semplice: si pensi alla saporita ma umile “empanada”, carne o tonno sminuzzati e avvolti in un involucro di pastafoglia, ma prelibata; basti pensare alle tante varietà di frutti di mare (tipici i succulenti “percebes”) e crostacei: eccellente la carne del centollo (granseola) e del “buey de mar” (granchio gigante). Se a tanti piatti elaborati i Baschi alternano vecchi piatti popolari (il “marmitako”, minestra di tonno e patate, il “bacalao a la vizcaìna”, baccalà ammollato con peperoni e cipolle) non sono da meno gli Asturiani con una cucina marinara tradizionalmente votata alla “terra”! Per esempio la “fabada”, una vera e propria sfida al colesterolo affrontata con fagioloni bianchi, salsiccia, lardo, guanciale e sanguinaccio. Chi, insoddisfatto, cerca ulteriori sapori forti, chiuderà il pasto con il potente “cabrales”, un forte formaggio, tipo Gorgonzola, di latte di pecora. Ma non si spaventi il viaggiatore del Transcantabrico: prevista a metà viaggio la cucina asturiana non risulterà indigesta nemmeno d’estate, sia per il ricorso a piatti di pesce, sia per il fresco clima del Principato.
Paesaggi e monumenti. Binomio perfetto
Oltre alle bellezze paesaggistiche e ai piaceri gastronomici, la settimana turistico-ferroviaria propone opere d’arte e monumenti di assoluto valore: dall’argentea mole del nuovissimo Museo Guggenheim di Bilbao, al trionfo del barocco nella Plaza del Obradoiro a Santiago de Compostela; dagli eleganti palazzi del lungomare di Santander al genio di Gaudì a Comillas. La grande sorpresa è poi costituita dai capolavori del romanico nelle Asturie e in Cantabria. Come si suole dire, la Collegiata di Santillana del Mar – cittadina tanto ricca di secolari e storiche case nobiliari da pensare che sia finta – e la pre-romanica Santa Maria del Naranco, affacciata sulla nobile Oviedo, valgono il viaggio. L’emozione nel visitare questo monumento aumenta se si fa riferimento ai secoli bui in cui fu concepito – dopo aver respinto i “Moros” a Covadonga nel 722, Don Pelayo si dedicò ad abbellire il suo regno – e ci si sofferma su alcuni elementi decorativi provenienti dalla lontana cultura bizantina. Se il colto viaggiatore del Transcantabrico non fosse ancora soddisfatto dello splendido romanico ammirato alla partenza da Leòn, nessun problema: all’arrivo del treno-albergo a Compostela, dopo una settimana di un viaggio diverso e intelligente, sarà accompagnato in visita nella cattedrale, meta finale del Camino de Santiago e sepolcro dell’apostolo “Matamoros”.