Sabato 20 Aprile 2024 - Anno XXII

Nepal, regno dei templi e dell’alpinismo

Nepal

Fra India e Cina, colossi prepotenti, il Nepal conserva antiche tradizioni e accoglie un turismo erede dei “figli dei fiori” e sempre vivo nelle imprese himalayane. Nell’attesa che qualcosa cambi, guerriglia permettendo

Kathmandu Durbar Square foto di J. Láscar
Kathmandu Durbar Square foto di J. Láscar

Difficile scindere l’idea di “Nepal” da situazioni d’avventura e di mistero. Così come la parola “Katmandu”, dall’immagine dell’hippy con spinello. Qualcosa è cambiato, anzi molto. Ma il carisma del luogo è rimasto intatto. Katmandu non è solo il nome di una città, ma indica la valle, intorno alla quale si è sviluppato il Nepal. Qui, oltre la capitale, ci sono Patan, separata dal fiume Bagmati e Baktapur, più lontana. Katmandu si trova a milletrecento metri d’altitudine, ma l’inquinamento ce lo fa dimenticare. Come la temperatura, oltre i trenta gradi in estate, con monsoni tropicali da giugno a ottobre e assenza totale di neve in inverno. La capitale ha poco più di cinquecentomila abitanti, ma un traffico da metropoli. Il centro vitale è Durbar Square, la piazza del palazzo reale, come dice il nome, e di tanti templi. Tra i quali quello di maggior effetto è il Kasthamandap del XII secolo. È interamente in legno e, dicono, edificato con un unico albero. Ha forma a pagoda su tre piani e un recinto al centro con la statua del Dio Goraknath cui è dedicato. Il Maju Deval spicca per i gradini che gli fanno da basamento. Ha tre tetti sovrapposti e travi decorate con motivi erotici. Fra Durbar Square e Basantapur Square c’è il Kumari Bahal, dove vive, dai sette anni fino alla pubertà, la Kumari, la bambina venerata come una dea. Solo una volta al giorno può affacciarsi alla finestra e solo una volta l’anno esce per le strade, nascosta in una speciale carrozza.

Katmandu “on the road”

KatmanduUn mercato a Katmandu
Un mercato a Katmandu

Dalla Basantapur Square parte la Jochne Street, ribattezzata “Freak Street” negli anni Settanta e annunciata dal fatiscente Hotel Sugat, un cult dell’epoca.
Ci sono ancora locali dove mangiare con poche rupie e negozi di vestiti, ma la frequentazione si è ridotta a nostalgici e hippies “reducisti ” in jeans e capelli bianchi. La vita si è spostata a Thamel, che si incontra percorrendo una delle strade che dalla New Road portano verso nord. Un percorso interminabile zeppo di bancarelle, donne e uomini vocianti, bambini urlanti, mucche, galline starnazzanti. Sulla piazza Indra Chowk c’è un tempio rivestito in piastrelle di ceramica, preso d’assalto dai piccioni con un effetto da “Uccelli” di Hitchcock. La piazza Asan Tole è il migliore mercato delle spezie e delle verdure, che arrivano dalla valle, mentre la Tahiti Square è tutto uno sventolare di bandiere, ognuna delle quali corrisponde a una preghiera. Un cartello con la scritta Thamel “To homely atmosphere more enjoyable living” (in ambiente familiare la vita è migliore) annuncia l’ingresso nel quartiere. Tra i luoghi chiave il Katmandu Guest House con ottimi prezzi, prenotazioni di anni e una galleria d’arte al primo piano. Oppure The Rum Doodle, ritrovo del “tout 8000 metri” tappezzato di pezzi di carta a forma di piede di Yeti, con messaggi scritti dai clienti. Chi scala l’Everest, mangia e beve gratis tutta la vita. Il vicino New Gokyo Trekking Shop vende il meglio per gli alpinisti.

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Templi e dintorni

Tempio di Pashupatinath
Tempio di Pashupatinath

Sulla strada per Baktapur stop d’obbligo al tempio buddista di Swayambhunath, in cima a una collina, conosciuto come il tempio delle scimmie. Ce ne sono a decine nascoste nelle rocce; dispettose, pronte a lanciare sassi e ramoscelli sui turisti.
Lo “stupa” (tumulo funerario) è sormontato da un blocco quadrato e dorato con gli occhi di Budda sui quattro lati. Un altro stupa da non perdere è quello di Boudha del quinto secolo, il più grande tempio buddista del Nepal e uno dei più grandi del mondo. Tutt’attorno ci sono le case di una comunità tibetana, rifugiatasi qui dopo l’invasione cinese del Tibet del 1959. Sono per lo più artigiani con i loro negozi-laboratori.
Non lontano, c’è Pashupatinath, sulle rive del fiume sacro Bagmati, il più importante tempio hindu del Nepal e il maggiore luogo di culto consacrato a Shiva. Per tutto il giorno avvengono le cremazioni: precedute da cerimonie e immersioni nel fiume, quelle della famiglia reale e dei nobili; con una rapida deposizione su una pira da incendiare, quelle della gente comune.

L’oro di Patan

Durbar Square cuore di Patan
Durbar Square cuore di Patan

È difficile distinguere dove finisce Katmandu e dove comincia Patan. Il cuore della città è Durbar Square, con la più alta concentrazione di templi della valle. Il Tempio d’Oro al nord della piazza è il più straordinario. A pianta rettangolare, è sormontato da tre tetti e ha la facciata rivestita di rame dorato. Vi si entra da un portale con due leoni guardiani dipinti. All’interno c’è un cortile con un camminamento sui lati dove si può accedere solo togliendosi le scarpe e gli oggetti in pelle e un piccolo tempio a tre piani con tetto dorato.
Qui passeggiano indisturbate le tartarughe sacre, in perfetta convivenza con piccioni e grossi topi. Vale una visita il Patan Museum, ristrutturato nel 1997 dai Governi nepalese e austriaco, che raccoglie arte induista e buddista.

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Come nel medioevo

Potters Square
Potters Square

Baktapur, il cui nome significa “città dei fedeli”, è stata la capitale della vallata dal XIV al XVI secolo. Sia per le dimensioni, sia per il divieto di circolazione per le auto, delle tre città è quella che più ha mantenuto l’aspetto medioevale e i relativi ritmi di vita. Basta pensare alla Potters Square, in leggero pendio, dove migliaia di vasi vengono messi ad asciugare al sole dagli artigiani che lavorano nelle verande e sotto le tettoie circostanti. O alla Tachupal Tole o Dattatraya Square, la piazza centrale lastricata di pietre, a differenza dalle vie di fango intorno, con templi in legno, dove soprattutto la sera l’atmosfera è surreale. Qui, al primo piano di una casa in legno, c’è il Café de Peacock gestito da un cartografo di Mantova, arrivato in Nepal per lavoro vent’anni fa e mai più ripartito.

Il tetto del mondo

Anapurna vista da Pokhara foto di J. M. Hullot
Anapurna vista da Pokhara foto di J. M. Hullot

Per chi vuole scalare una delle dieci montagne più alte del mondo, Pokhara è un “must”. Ma vale una visita anche per chi insegue qualcosa di speciale che qui si trova, anche se il paese è un agglomerato di casette anonime e senza storia.
La posizione è unica: Pokhara è situata sulle rive di un lago circondato dalle montagne, spesso avvolte dalla nebbia; un effetto davvero magico. Anche la frequentazione è interessante: oltre gli abitanti, ci sono centinaia di giovani e meno giovani arrivati qui da tutti i paesi, ma soprattutto dall’Occidente, pronti alle sfide più audaci o di ritorno da imprese mirabolanti. Alla sera sono tutti in giro per le strade fino a tarda ora; si incontrano nei locali per bere una birra, per mangiare nei ristorantini che propongono tutti i tipi di cucina, per ascoltare musica, sempre occidentale e sempre aggiornatissima. Apportano gli ultimi ritocchi all’attrezzatura, acquistandoli nei ben riforniti store; contrattano camicie e sarong alle bancarelle o cercano gioielli particolari in uno dei tanti negozietti gestiti da tibetani.

Paragliding sull'Himalaya
Paragliding sull’Himalaya

E poi le montagne sono vicine, separate solo dalle colline pedemontane.
C’è la catena dell’Himalaya con l’Everest e il massiccio dell’Annapurna con le cinque famose vette tutte sugli ottomila metri, tranne il magnifico Machhapuchhare alto 6.997metri, normalmente chiamato “fishtail”, perché da un determinato punto d’osservazione ricorda curiosamente la sagoma di un pesce. Per chi lo guarda da Pokhara, invece, ha forma di piramide, quasi un Cervino King Size. Ma non si può scalare perché è ritenuto sacro. Anche per i non scalatori Pokhara è ricca di dintorni interessanti. Oltre al Phewa Tal, il lago sulla riva del quale sorge il paese, che è anche il secondo lago del Nepal, ci sono il Rupa Tal e il Bagnas Tal con piacevolissime passeggiate, totalmente ignorate dai turisti. E poi c’è Sarangkot a 1.592 metri d’altitudine, raggiungibile con un piccolo trekking, che regala uno splendido osservatorio sulle montagne, soprattutto all’alba.

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Segreti e bugie

Stupa Boudha, il più grande tempio buddista del Nepal a Katmandu
Stupa Boudha, il più grande tempio buddista del Nepal a Katmandu

I primi abitanti del Nepal, nel VII e VIII secolo avanti Cristo furono i Kirati, mongoli che arrivavano dall’Oriente, la cui dinastia reale finì nel 300 a.C. con l’avvento dei Lacchavi, indo-ariani dell’India che introdussero nel paese, allora buddista, l’induismo, praticato ora dal novanta per cento della popolazione. Dopo le dinastie dei Thakuri e dei Malla, nel 1700 si instaurarono i Shah, ancora al potere, a parte la parentesi durata quasi un secolo dei Rana. Era Shah l’intera famiglia reale trucidata dal principe ereditario, nel giugno 2001, in circostanze oscure. Il Nepal è una monarchia costituzionale, con una democrazia multipartitica di cui il re è il garante istituzionale. Il partito al potere è quello del Congresso. Dal 1996 il Partito Comunista Nepalese (maoista), dall’opposizione parlamentare è passato alla lotta armata, per scalzare il regime che giudica di tipo feudale e garantire i diritti dei ceti meno abbienti. Nel 1995 il reddito annuo pro capite era di centottanta dollari, con ben il settantuno per cento della popolazione costretta a vivere sotto la soglia di povertà; inoltre, il tasso di mortalità infantile è mediamente del dieci per cento. Le condizioni non sono molto migliori soprattutto nelle campagne, dove si parla di un’aspettativa di vita di trentacinque anni, contro i settanta di Katmandu. Guidati da Prachanda, i maoisti propongono un programma nato dalla fusione dell’esperienza della rivoluzione culturale cinese e quella del gruppo terrorista peruviano “Sendero Luminoso”. Per la guerriglia, in questi anni, si calcola che ci siano stati quasi duemila morti e centinaia di persone scomparse.
Da qualche tempo il governo si ostina a vedere una matrice terrorista nell’operato dei maoisti, ed è arrivato a mettere in prigione i giornalisti di diversa opinione.

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