Come sono fatte le Dolomiti? Quali sono i paesaggi, se non ci si accontenta di guardare i monti da lontano?
L’Alta Badia ha deciso di proporre incontri ravvicinati con i “Monti Pallidi”, guidati da esperti che ne raccontato la geologia, la flora, gli animali.
Escursioni a portata di tutti, che esplorano diverse zone della valle racchiusa dal Gruppo del Sella, dal Sassongher, dall’altopiano della Gardenaccia, dai parchi naturali del Fanes, delle Conturines, delle Odle. Una situazione ideale per offrire panorami diversi e affascinanti. Come quello della Gardenaccia, un posto dove l’aggettivo “lunare” riacquista tutto il suo significato.
Alta Badia, le rocce raccontano
Si parte da Passo Gardena, 2121 metri (itinerario geologico-geomorfologico n.1), con un bel ripido sentiero che sale al Passo Cir (2469 metri) con alle spalle il maestoso Sella. Poi ci si addentra lungo i ghiaioni della valle di Chedùl, fino alla Forcella di Crespeina (2528 metri). Da qui, la fatica è finita: si arriva al lago Crespeina e si scende per la forcella di Caimpei verso Colfosco. Fin qui, il percorso.
Quello che è eccezionale è il paesaggio, un susseguirsi di rocce maestose e di rocce disgregate. Sono formazioni terrigene ladinico-carniche, formate da arenarie, marne, argille, e formazioni dolomitico-carniche (dolòmia Cassiana, dolòmia principale), con l’inserzione di calcari marnosi e argille dal colore rosso.
È la guida che racconta, che mostra, che individua. E anche i non esperti apprezzano. Il modellamento glaciale, l’azione periglaciale del vento e della neve, le morene e i circhi glaciali, i coni detritici; tutto acquista la concretezza del visto, del toccato in queste “Dolomiti spiegate”. Come il Mare della Tetide, un tempo di duecento cinquanta milioni di anni: alghe, spugne, coralli che costruiscono la loro “tela”.
Anche Le Corbusier, in fondo, di fronte a questo spettacolo si era lasciato andare, dicendo che si trattava della “più bella opera architettonica del mondo”. Oltre a quello descritto, ci sono altri due sentieri di esplorazione geomorfologia, con tanto di cartine e completo testo a commento (realizzati con il le Università di Modena e Reggio Emilia).
Imparare a “camminare” fra i monti
Ma non è tutto. È stato messo a punto il Sentiero del Larice, intendendo con questo un percorso di studio “dell’albero dei prati” delle Dolomiti. Perché? Lo si scopre sopra San Cassiano, partendo da Rü e seguendo il sentiero didattico messo a punto.
Il lariceto spiegato e interpretato, per capire che è un habitat creato dall’uomo, perché i larici permettono di utilizzare le varie aree a prato o a pascolo. L’abete viene anche mostrato nell’uso per costruzioni (il funzionante mulino ad acqua per macinare il grano), per steccati.
Un’ultima iniziativa badiota è la “scuola di postura”. Termine un po’ oscuro per dire che c’è un modo ottimale per camminare in montagna e che, se lo si apprende, tutto risulta più facile. Il breve corso è tenuto da una guida alpina, Kurt Walde.
Poi c’è il cavallo. Si può andare nei parchi e sentieri della Badia, dove la natura dolomitica dà il meglio, proponendo paesaggi che solo la fiaba sa descrivere. Passeggiate per principianti, trekking di più giorni per cavalieri: il modo giusto per “assaggiare” un mondo di avventura al di fuori dei sentieri battuti.
Anche questo è insolito, ma alla portata di tutti.
Cavalli possenti per compagni d’escursione
“I monti appaiono come soldati, che in guerra si rannicchiano, cadono e si rialzano…”. Che il Fanes, un parco naturale dolomitico tra l’Alta Badia e la Pusteria – un altopiano incantato di calcare, laghetti e qualche pino – ispiri versi e leggende non è una novità.
I ladini, infatti, fanno abitare questi luoghi al re di Fanes e a sua figlia Dolasilla, bellissima e invincibile guerriera, grazie ai suoi poteri magici. Il potere magico, in realtà, è quello della natura, di un paesaggio talmente bello che non può non “inquietare” il cuore. E quindi ispirare.
Ammirare e meditare richiedono però lentezza, quella assicurata, ad esempio, dal movimento elegante dei cavalli. Qui, i cavalli sono norici o aveglinesi, animali magnifici, adatti alla montagna. Cavalli robusti e muscolosi, con una folta criniera in movimento che li rende eleganti e simpatici allo stesso tempo, con finimenti colorati e decorati che ne sottolineano l’immagine docile e rassicurante.
Lungo i passi dolomitici con i “norici” e gli “aveglinesi”
Si chiama “Sitting Bull Ranch” e sta in un posto bellissimo e isolato, Longiarù, paese sopra San Martino in Badia, al limite del Parco delle Odle. Non fatevi ingannare dal nome americano, è solo per via della monta western.
In realtà Raimund Mühlmann ha sì un baffo alla “Clark Gable” ma è sudtirolese, con la passione smisurata per gli “haflingher”, cavalli di razza aveglinese (“haflingher” è il nome austriaco) e per i luoghi in cui abita. Passione contagiosa, sia che si scelga un tour di due ore o un trek di più giorni.
Da qui, da Longiarù, si può partire per un tour a cavallo di un paio d’ore in uno scenario meraviglioso, nel parco delle Odle: prati verdissimi e fioriti, le pareti rocciose a strapiombo bianche e vicinissime; ruscelli e laghetti di acqua limpidissima. Oppure si segue per un trek di più giorni in altri luoghi della Badia, come la salita al dorsale con la Gardena o addirittura al Passo Gardena e il ritorno per l’Alta Badia. Oppure la salita al passo di Campolongo, con discesa ad Arabba e ritorno. O, ancora, al Falzarego. Eppoi, per tornare alle suggestioni di partenza, il tour che porta al Fanes, passando da Armentarola e Col de Locia, sulle orme di un altro protagonista di leggende ladine, il cavaliere “Gran Bracun”, con ritorno da San Vigilio di Marebbe.
Itinerari legati al Tour della Grande Guerra
Tutti questi itinerari sono collegati anche al Tour della Grande Guerra, che segnala e mostra le trincee e le linee di guerra 1915-18 di italiani e austriaci, che ruotavano intorno al Col di Lana.
Ma gli itinerari sono innumerevoli, accomunati dalla bellezza dei luoghi, in certi casi la maestosità e dalla tranquilla atmosfera delle alte vie. Un’esperienza da concedersi, perché il contesto è unico.
Nel caso di trekking, si dorme nei rifugi o in tenda, aggiungendo un pizzico di avventura all’escursione. Anche all’Armentarola c’è un centro equestre, lo stesso che d’inverno offre la slitta a cavalli agli sciatori che arrivano dal Lagazuoi e devono ripartire sulle piste di San Cassiano. Il centro si chiama Armentarola e propone tour nella zona, come ad esempio la salita al rifugio Scotoni, un magnifico piano sotto al Lagazuoi.
Cibi preparati e consumati
Dopo tanto movimento non resta che mangiare qualcosa. La cucina ladina è quello che ci vuole.
Si può approfittare del giro dei masi per prendere confidenza con il mondo contadino depositario di prodotti e ricette: è il caso del tour tra quelli di Cianins, di Fistì, di Oies, le famose “viles” ladine, un insieme di case-fattorie, con fienili, orti, boschi (visita guidata che racconta le tradizioni e l’architettura). O, nel caso di La Val, l’introduzione è più diretta: l’Associazione Turistica propone una camminata con visita di masi e pranzo in quello di Ciablun.
Poi l’appproccio diventa più ravvicinato. Nel maso di Sotciastel, sopra San Leonardo, Erica Pitscheider ha deciso di condividere con i visitatori i “segreti” contadini: in poche ore svela, con esercitazioni pratiche, le ricette di queste montagne.
Tra gli odori della legna che brucia e i vecchi ambienti del maso, si impara a stendere la pasta, a preparare i “turtres”, frittelle ripiene di spinaci, i “bales”, canederli allo speck, la “panicia”, zuppa d’orzo.
Non è solo un breve corso culinario: è un’esperienza di profumi, di atmosfere, di contatti umani. Quasi una lezione di vita.
Una cena ladina completa, come quella che offrono certe trattorie, è un susseguirsi di piatti originali: dal formaggio grigio “zigher” alla panicia (zuppa d’orzo); dai “cajinci t’ega” (ravioli) ai “bales y golash” (canederli e gulash). E poi “buchtles” (brioche con salsa) e “canifli da vin” (krapfen). Insomma un’ode a questa terra speciale.
Il pane, complemento essenziale delle saporite pietanze, è un capitolo a sé. Per saperne di più bisogna andare vicino a La Val, sopra Pederoa, al maso Picedac, attorniato da boschi e malghe. Qui Alma insegna a preparare il pane contadino, dall’impasto alla cottura nel forno a legna. Profumi e vecchi ricordi, il pane è più di un alimento e Alma con i suoi gesti familiari riporta ai “ricordi buoni”, come le “madeleines” di Proust.
Info: www.visittrentino.info/it