C’era una volta, più di due milioni di anni fa, un grande fiume che si univa allo Zambesi, per poi raggiungere l’oceano Indiano. Il suo corso venne deviato da una serie di terremoti, cataclismi naturali e i suoi miliardi di metri cubi di acque si dispersero in mille rivoli, inghiottiti dal deserto del Kalahari.
E’ nato così il delta dell’Okawango, uno straordinario ecosistema, unico al mondo. Per descriverlo viene spesso paragonato, un po’ prosaicamente, a un’enorme padella larga quindicimila chilometri quadrati, fitta di canali che si aprono a ventaglio verso sud est, per poi perdersi nel deserto.
Le acque impiegano circa sei mesi per filtrare attraverso le sabbie del Kalahari e per raggiungere, dall’altopiano dell’Angola, la cittadina di Maun, nel Botswana.
Fra cielo e acqua, un verde primordiale
L’Okavango non è dunque un sistema di paludi stagnanti, tant’è vero che l’acqua, costantemente depurata da meccanismi naturali, è buonissima da bere. Ma l’equilibrio ecologico del delta, minacciato da frequenti terremoti di piccola entità, è ancora instabile. Nei tredici mesi che seguirono il maggio del 1952, se ne contarono addirittura ventitré e ancora oggi i microsismi sono all’ordine del giorno.
Il delta è dunque un ambiente in continuo movimento, di cui non si possono ragionevolmente prevedere le possibili trasformazioni. Anche perché il futuro dell’Okavango è legato ai sussulti della depressione tettonica dell’Africa meridionale, oltre che ai possibili danni arrecati da un eccessivo sfruttamento economico, non escluso quello della presenza eccessiva di turisti. Negli ultimi anni ne sono arrivati a migliaia, mettendo a rischio un ecosistema che si regge su un fragile equilibrio.
Ma questa fragilità non toglie niente alla sua bellezza: nel cielo che sovrasta questo incredibile groviglio di canali, di lagune, di piccole isole, si dice che brillino più stelle che in ogni altro luogo del mondo. Nella savana bruciata dal sole crescono sicomori, baobab, mogani centenari e nelle acque limpide crescono ninfee giganti dai delicati colori pastello.
Animali? C’è solo l’imbarazzo della scelta
Il fascino incomparabile del delta nasce dalla continua contrapposizione tra due mondi diversi, compresi in un perimetro relativamente ridotto: l’oasi acquatica e il deserto. Da questo incontro prende vita uno straordinario rigoglio di specie vegetali: dalle piante acquatiche agli alberi della foresta, dall’erba dorata della savana alla macchia spinosa del “bush”. Ma soprattutto l’Okavango è il paradiso della grande fauna africana: migliaia di elefanti, di bufali, di antilopi e di giraffe. E poi coccodrilli, leoni, ippopotami, gazzelle, lontre e centinaia di specie di uccelli. Le due riserve più celebri dell’intero Okavango sono Moremi e Chobe.
Moremi è un universo prevalentemente acquatico, dove le terre emerse coprono soltanto tremila chilometri quadrati. E’ famoso per l’abbondanza di giraffe, ma non mancano leoni, bufali, kudu, impala, antilopi, facoceri e iene.
Chobe è invece il regno degli elefanti. Ma nel tardo pomeriggio, quando gli animali escono dalle tane per dissetarsi, nella luce calante del tramonto è molto facile imbattersi anche in branchi di leoni, ippopotami e bufali.
Un’esistenza ritmata dalle stagioni
Come tutto, nel delta, anche la minore o maggiore possibilità d’avvistare animali dipende dalla stagione. Il massimo della piena si ha intorno ad agosto, nel periodo dell’inverno australe, che costituisce per contro il momento della massima siccità per il Botswana. E i rivoli più o meno robusti d’acqua portano la vita in un mondo così arido da sembrare pietrificato.
Le inondazioni regolano il calendario delle semine, ma soprattutto quello delle migrazioni degli animali. Ed è bene tenerne conto, nella scelta del periodo per intraprendere il viaggio. Tra aprile ed agosto non ci sono precipitazioni e la piena riduce al minimo la superficie di terre emerse. E’ dunque più facile incontrare gli animali, che si concentrano attorno alle pozze d’acqua. Ma la temperatura, che di giorno è molto piacevole, di notte può scendere fino allo zero.
I nostri mesi invernali sono invece molto caldi e più piovosi. I canali sono più stretti e meno profondi ed è quindi il momento preferito per le attività connesse alla pesca. Va anche detto che in questo periodo le zanzare abbondano; per chi vi si reca, comunque, è anche la stagione migliore per i prezzi!
Turismo d’élite
In generale, comunque, esplorare il delta dell’Okavango comporta spese notevoli. Date le distanze, per spostarsi da Maun ai lodge e ai campi tendati in genere si scelgono piccoli aerei. E l’esperienza di un volo sul delta è una tra le più indimenticabili che un’escursione in Africa possa offrire. Si viaggia a bassa quota, sorvolando un mondo piatto e verdissimo, dove qua e là si scorgono le sagome degli animali: branchi di bufali che galoppano nella savana spaventati dal rumore dell’aereo. Gruppi di elefanti che “bruciano” pigramente grandi quantità di erba. E se si è fortunati, si vedono anche le groppe scure, per metà immerse nell’acqua, degli ippopotami.
Quasi sempre, i campi tendati sono provvisti di piccoli aeroporti privati. E non si deve commettere l’errore di pensare che siano una sorta di camping in versione selvaggia. Tutto il contrario: l’Okawango ospita alcuni dei resort più lussuosi di tutta l’Africa, con prezzi paragonabili a quelli di un esclusivo hotel a cinque stelle. Si è alloggiati in tende che hanno le dimensioni di una suite, si gustano ottimi piatti della gastronomia africana o, a scelta, della cucina internazionale. Si dorme tra lenzuola di lino. La necessità di limitare il turismo ha fatto introdurre una sorta di “numero chiuso” per i visitatori. Spesso, l’ospitalità di alcuni campi è riservata ai clienti di viaggi organizzati ed è quindi necessario prenotare con largo anticipo dall’Italia.
La vita nei lodge o nei campi tendati alterna esplorazioni a piedi o in barca, con momenti di puro relax, in cui ci si riposa in piscina o si sorseggia un tè all’ombra di un sicomoro. La sveglia, al mattino, è molto presto, quando nel buio iniziano appena a intravedersi le luci dell’alba. E’ questo, infatti, il momento più propizio per scorgere gli animali che perlustrano il territorio in cerca di cibo e di acqua. Più tardi, il caldo troppo intenso li costringe a nascondersi tra i canneti e le sterpaglie. Si consuma una rapida colazione intorno al fuoco (nei mesi di luglio, agosto e settembre all’alba può fare molto freddo) e si parte.