Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Alaska e il Grande Nord. In bicicletta

Un’esperienza un po’ pazza e all’apparenza inutile. Questa la prima impressione. Ma anche un modo originale per “leggersi dentro”, immersi in una natura selvaggia, ostile e affascinante

Natura forte ma in pericolo

Un oleodotto
Un oleodotto

La pista che conduce alla Baia di Prudhoe, sul mare di Beufort, si chiama James Dalton Highway, dal nome di un famoso ricercatore americano che effettuò numerose esplorazioni nella tundra alla ricerca del petrolio. Ed è proprio il petrolio che, purtroppo, ha già cominciato a trasformare la natura sin qui vergine dell’Alaska.
I geologi ritengono che un terzo del territorio e la maggior parte delle acque costiere poggino su strati ricchi di petrolio e di gas naturali. Le riserve petrolifere di Prudhoe Bay ammontano, secondo una recente stima a oltre dodici miliardi di barili, pari a trenta, trentacinque miliardi di dollari.
La costruzione dell’oleodotto (la famosa “pipeline”) ha recato danni considerevoli all’ambiente. I milleduecentosettanta chilometri di tubazione che collegano l’Artico a Valdez, sono per metà in superficie e per metà interrati; questo per evitare in alcune zone la fusione del permafrost, lo strato di superficie perennemente gelato e per ridurre i rischi di rotture in caso di terremoti.
Per quanto siano stati predisposti dei passaggi per consentire ai caribù e agli altri grossi animali di attraversare l’oleodotto, non sono pochi gli inconvenienti e i danni che alcune specie hanno dovuto subire.

Il regno del permafrost

Percossi da freddo e vento in sella alle bici
Percossi da freddo e vento in sella alle bici

Nella tundra artica, nonostante i laghi, gli stagni e le paludi che la ricoprono d’estate, i territori appaiono sostanzialmente desertici. Risentono di precipitazioni annue scarsissime (cento, centoventi millimetri). Grazie al permafrost che impedisce all’acqua di filtrare, le lande della tundra sono ricche di piante tipiche come i salici nani, che si piegano verso terra per proteggersi dal vento.
Il permafrost, presente nell’ottantacinque per cento dell’Alaska, può avere uno spessore di centinaia di metri e ha sicuramente parecchi millenni di vecchiaia.
Il suolo perennemente gelato ha un’influenza determinante sulla natura, perché ostacola la crescita della vegetazione. Comunque, anche con l’arrivo dell’estate e delle lunghe giornate d’interminabile luce, il freddo non lascia la presa sulla maggior parte di questo immenso territorio.
Il giorno di Ferragosto, con i compagni d’avventura, abbiamo registrato (sul versante Artico) una temperatura diurna di tre gradi sotto zero. In sella alle bici, affiancati, a una velocità di otto-nove chilometri l’ora, il vento e il freddo intenso sul viso non ci consentiva addirittura di parlare.

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Inuit, gente speciale

Relax al tramonto
Relax al tramonto

In Alaska il termine “avventura” assume ancora connotati autentici. Abbiamo trascorso trenta giorni in questa regione selvaggia, diciassette dei quali utilizzati per compiere la traversata di millequattrocento e ottanta chilometri da Anchorage a Prudhoe Bay in bici. Gli abitanti dell’Alaska definiscono “avventura” il loro modo di vivere e in effetti la loro esistenza può davvero essere definita “unica”.
La fonte perenne è la natura, la forza motrice l’avventura. Molti individui, sostengono i locali, sono andati in Alaska in cerca della loro anima. Altrettanti ne sono ripartiti fortificati, rinnovati interiormente da quello che avevano visto e fatto. A trecento chilometri dalla meta finale le condizioni ambientali diventano proibitive. Quattro giorni di dura marcia resa ancora più estenuante dalla pioggia, dal fango e dal forte e gelido vento dell’Artico, trasformano la meta (Prudhoe-Bay) in una lontana chimera.
Valicato l’Atigun Pass, a circa millecinquecento metri di quota, scendiamo velocemente nella desolata valle dell’Atigun River. E’ qui che inizia la tundra, una terra sferzata dal vento e dalle improvvise e fugaci scorribande dei lupi.
La notte, infastiditi da ululati lontani, ci addormentiamo con la musica in cuffia di un piccolo registratore: non vogliamo né immaginare nè pensare che gli animali si trovino nei pressi delle tende. Siamo isolati: il primo villaggio è oramai a quasi duecento chilometri di distanza.

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