Nuovo e simpatico “sforzo” letterario di un medico italo-togolese per cercare di “ridurre” la forbice dei pregiudizi e dei luoghi comuni che (ancora troppo spesso) condizionano i rapporti tra gli italiani e i nuovi compatrioti di colore. Leggiamo, dalla prefazione di Laura Balbo al precedente libro “Imbarazzismi” edito nel 2002:
“…ho sempre pensato che ragionare su come il linguaggio complica, distorce e pesa sulle relazioni, costituisca un importantissimo aspetto della nostra società, che si vuole multietnica, multiculturale e fose multilinguistica: ecco l’uso dell’italiano che, chissà perché, si fa approssimativo e caricaturale quando ci rivolgiamo a chi non si riconosce come uno dei “nostri” (con la pelle scura, cioè). Leggiamoli con attenzione questi scritti, cerchiamo di imparare cose che sono davvero importanti per questo paese e per come vivrà (vivremo, loro e noi) nei prossimi anni”.
Va aggiunto che il tono impiegato, di un delicato e leggero umorismo, facilita non poco la lettura e ne aumenta la valenza. Eccone un piccolo “campionario” delle riflessioni di Kossi:
Tutto il mondo è paese – Quando portammo per la prima volta i nostri figli in Africa per conoscere i nonni paterni, venivano rincorsi e additati dagli altri bambini festosamente con le grida: “Yovo (bianchi), Yovo! Yovo!” I miei pazientarono per i primi giorni ma, siccome la scena si ripeteva di continuo, dovetti spiegare il significato del termine. Giunti a casa, esasperata, mia figlia mi chiese: “Papà, perché in Italia mi chiamano negra e qui in Togo mi dicono Yovo?”.
Dell’integrazione – Mustafà, tutto felice di aver infine trovato un lavoro, si presentò il primo giorno puntuale in officine. Il capo reparto cui fu affidato lo accompagnò per presentarlo agli altri operai e spiegargli le sue mansioni. Strada facendo il capo si informò: “ Tu com’è che ti chiami?” – “Mustafà” – “Musta… Sta… troppo complicato, per integrarti bene qua ti ci vuole un nome più semplice, come Stefano…. Ecco, ti chiameremo Stefano. OK?” – “…OK”!