Si intitola “Dialogo nel buio” il percorso proposto per la seconda
volta a Milano da e, per questa edizione, presso l’Istituto dei ciechi
di via Vivaio al numero 7, e che resterà attivo per almeno un anno.
Realizzato
per la prima volta a Francoforte nel 1988, Dialogo nel buio è stato
ideato da Andreas Heinecke, impegnato da anni nello sviluppo di
progetti che hanno come obiettivo il dialogo tra realtà sociali
abitualmente distanti tra loro, e la possibilità di trasformarli in una
forza sociale positiva. A condurlo in questa ricerca l’esperienza con
un cieco, affiancatogli per un periodo di formazione professionale,
quando Heinecke lavorava come giornalista per un’emittente radiofonica.
La vita del suo collega non era triste e priva d’interessi come si
sarebbe aspettato; era certamente diversa, ma ricca di sensazioni e di
curiosità per il mondo circostante. Proprio per la sua missione Dialogo
nel buio si rivolge a tutti, scuole, studenti universitari, famiglie,
operatori sociali e culturali, artisti e chiunque sia interessato ad
esplorare nuove modalità nell’uso dei sensi. Le visite, a gruppi di 8
persone, partono ogni 15 minuti e durano circa 1 ora e un quarto.
Per
quasi 600 metri quadri, il visitatore, immerso nell’oscurità, viene
accompagnato da una guida non vedente in diversi ambienti appositamente
ricreati e sicuri. È possibile riconoscerli. Ne danno percezione le
nostre mani, le nostre orecchie, la bocca ed il naso. Che diventano i
nostri nuovi occhi. Una mano ci serve per toccare, l’altra impugna il
bastone dei ciechi.
Vedere con gli altri sensi
Ora siamo in un bosco, sentiamo il profumo degli alberi e la morbidezza dell’erba sotto i piedi.
Ora
in barca, e percepiamo il movimento delle onde, che tagliamo mentre
avanziamo sulla nostra imbarcazione e la brezza del mare ci soffia
addosso. Ma aspetta, aspetta. Ascolta. Si sentono i gabbiani. Che
meraviglia sentire il loro verso. Mi emoziona ogni volta. E adesso,
cosa è stato? Degli spruzzi d’acqua. Sì, degli spruzzi d’acqua mi hanno
raggiunto.
Ora siamo in città in mezzo al traffico. Oddio! che
confusione! Quanti rumori! rumori di cosa? Ma devo attraversare la
strada? Il semaforo fa bee-beep, allora significa che posso
attraversare. Procedo, ma non capisco dove mi trovo “Cristina dove sono
ora, non capisco?”, chiedo alla mia guida. “Sei in mezzo alla strada,
qui non puoi stare, se vai a sinistra c’è il marciapiede”, mi risponde.
Riesco a raggiungerlo. E mi sento sicura.
Ora attraversiamo un ponte e percorriamo un corridoio ed entriamo in
una casa: ci sono mobili e cartine appese alle pareti, se le tocco
posso capire cosa rappresentano, perché sono in rilievo.
Ora siamo
al bar, e mentre degustiamo ciò che abbiamo ordinato e che una signora
anche lei cieca dietro il bancone ha preparato per noi, facciamo
salotto. È strano lo bevo sempre, eppure al buio persino il caffè lo
percepisco in modo diverso. Non tanto per il gusto, che comunque senti
più intensamente, ma per il suo calore, la consistenza. Il fatto è che:
tutto qui è sentito. Intensamente. Per questo ti sembra di riscoprire
quello che in realtà fa già parte della propria quotidianità. Suoni,
odori, superfici, oggetti. E soprattutto immaginazione. Nel buio più
totale.