Verso un’altra dimensione
Sicuramente questo è un percorso che intende ridurre le paure e i
preconcetti dei vedenti nei confronti della cecità, e avviare, così, un
dialogo sulle proprie interpretazioni della condizione dei non vedenti.
E altrettanto certamente è una riscoperta dello stesso mondo che già
conosciamo, attraverso l’uso di tutti gli altri sensi, che
amplifichiamo in assenza della vista. Ed è anche un modo per rendersi
conto di quante barriere architettoniche esistano, soprattutto in
città.
Ma, senza dubbio, è un’esperienza profondamente interiore e
coinvolgente. Non appena si accede all’interno dell’allestimento, la
perdita temporanea della vista coincide con l’immediata perdita
dell’orientamento. Non si può nascondere il senso di smarrimento. Ma
non siamo soli. E ciò è tanto banale quanto vero e sconvolgente. La
voce della guida è fondamentale: è rassicurante e la sentiamo vicina. A
noi. Alla nostra persona. Ora fragile e smarrita. Noi siamo al buio e
ci sentiamo persi. Ma lei ci vede benissimo. Esperta delle percezioni
non visive, diventa la chiave di volta di questo viaggio straordinario
alla scoperta dell’invisibile. Con l’aiuto della propria guida si
scopre che la vita senza luce non è vuota e triste: è semplicemente
diversa. Nel buio si impara a comunicare, nel senso etimologico del
termine, cioè si impara a mettersi in comunione, in comunicazione, in
comune, con l’ambiente che ci circonda ma soprattutto con chi ci sta
accanto. Si cerca disperatamente la voce dell’altro, il corpo del
vicino. In una parola: ci-si-ascolta. Ci si lascia coinvolgere
totalmente con la mente e con il proprio fisico. Si entra in simpatia.
Cioè, in sum-pathos. Ossia, siamo qui e ora, insieme, nella stessa
condizione, con la stessa percezione del mondo, e abbiamo bisogno gli
uni degli altri. Per questo è bello stare e sentirsi vicini. Senza la
vista, al buio, si considera l’altro per quello che è, non per come ci
appare o per come ci impressiona esteticamente o il linguaggio del suo
corpo. Perché qui il corpo non si vede, si sente.
Ritorno alla luce più ricchi e consapevoli
Ci si abitua lentamente a tutto ciò. Per circa un’ora e mezza pensiamo
diversamente. Sentiamo diversamente. E non ci accorgiamo del passare
del tempo. Che non percepiamo nemmeno, tutti presi a sentire. Come
fossimo entrati in un’altra dimensione. E quando è ora di tornare alla
luce. Beh, non è detto che sia un sollievo. Di nuovo altri corpi,
questa volta nelle proprie forme fisiche, lontani uno dall’altra. Di
nuovo pareti, e non più quello spazio indefinito, di cui non si può
rendere la grandezza. Di nuovo tu, solo e con te stesso. E poi la tua
guida. La sua voce era predominante prima, ora si perde tra quella
degli altri. La guardi, la vedi. Lei non può farlo. Ti accorgi, ora, di
avere quel senso in più. Un nodo, ti sale alla gola.
Cosa è stato
tutto ciò? Forse, un respiro. Un’immersione dentro se stessi. Luce,
buio, e ancora luce. Questo percorso sensoriale è divenuto un viaggio
interiore. Introiezione, elaborazione, esternazione. Quasi a
significare che la vista, se presa come simbolo di tutto ciò che sta in
superficie, abbaglia e distoglie. Da cosa? Da quello che realmente sta
in profondità, sta nell’essenza di noi stessi, dell’altro, e di tutto
ciò che ci circonda. E che per raggiungere, dobbiamo metterci
necessariamente in discussione. Pur trattandosi di un percorso
individuale, dobbiamo uscire dalla nostra individualità ed entrare in
condivisione con il mondo. Sia che si tratti di quello dell’altro,
inteso come persona, altra, da sé, sia che riguardi tutto ciò che ci
sta intorno e che troppo spesso non vediamo. E quindi non capiamo, non
rispettiamo e non tolleriamo. Solo se ne prendiamo consapevolezza,
scopriamo, che davvero l’altro, chiunque egli sia, comunque sia fatto,
qualsiasi cosa faccia nella vita, nel lavoro, può diventare una fonte,
una risorsa di fiducia e amore verso se stessi e verso il prossimo. Può
diventare l’occasione di uno scambio umano in grado di generare una
complicità inaspettata e per questo sorprendente. Un’esperienza, in
grado di restituire un senso di pienezza, appagamento unico ed
ineffabile.