Società “laica” in rapida evoluzione
Il discorso, mutevole come le onde del Bosforo, scivola ora sui cambiamenti della società turca; che sono rapidi, continui.
“L’economia, negli ultimi due, tre anni è andata magnificamente; l’inflazione è scesa dall’80% a meno del 10. Il tasso di sviluppo del prodotto nazionale attualmente è del 9,9%, mentre in Italia si aggira attorno all’1%.
Quest’anno poi l’aumento delle esportazioni turche è balzato al 30% e non si tratta, come si potrebbe pensare, di prodotti agricoli o di tappeti, ma di prodotti tecnologici, come ad esempio le televisioni (la Grundig ormai è turca e i prodotti della Sony per l’Europa, vengono fabbricati in Turchia). Anche il mercato automobilistico è cresciuto molto; in un anno sono state esportate settecentomila automobili”.
Allo scenario economico si accompagna un altro aspetto interessante.
La Turchia è un paese laico che ha avuto diverse crisi politiche, tre colpi di stato in trent’anni, ma che è riuscito comunque a inventare l’impossibile: la “stabilità”, grazie a un partito moderato a tendenza islamista. E vero che il Paese è circondato da stati quali l’Iraq, la Siria e l’Iran. Ma rimane un paese laico che non dà spazio al radicalismo islamico e mantiene una separazione netta tra ciò che è “divino” e ciò che è “umano”.
Europa, quale accoglienza?
Tema scottante e dibattuto, in ogni angolo dell’Unione Europea. Il parere di chi conosce da vicino le due realtà di vita, è drasticamente realistico:
“L’Europa ha paura perché la Turchia è troppo grande per essere ‘digerita’, sia per il numero di abitanti (circa settanta milioni) sia per la ripartizione del bilancio europeo: si deve aiutare l’agricoltura, l’industria, si devono aiutare le realtà regionali. Gli Euro a disposizione sono relativamente pochi e l’Europa ha appena “ mangiato” (senza digerire) dieci nuovi stati membri e ora è terrorizzata dal possibile ingresso della Turchia”.
Non mancano, parlando con Papa, altri tipi di considerazioni, che riguardano il grande problema islamico, con un’Europa, tra chiari e scuri, piuttosto razzista. Nel vecchio continente si contano oggi una decina di milioni di islamici che, aggiunti ai turchi, potrebbero diventare una presenza troppo forte e numerosa.
L’Europa è spaventata e per conseguenza incapace di vedere gli aspetti positivi, che sono di natura strategica. Assicurare a quest’area estremamente volubile una maggiore stabilità, rappresenterebbe un sicuro “investimento” per l’intero continente.
Inoltre la Turchia, con una popolazione che tra vent’anni sarà di cento milioni di abitanti, offrirebbe l’occasione alla nostra Europa “piccola e provinciale” di sviluppare un dialogo culturale e religioso con la parte asiatica islamizzata il che significherebbe, in altre parole, crescita e sviluppo.
Un’opportunità (da non perdere) per entrambe le parti. Ma purtroppo questo è molto difficile da far capire agli europei, sostiene il loro ex rappresentante in Turchia.
Turchia, quale atteggiamento verso l’Europa?
La disamina, dopo aver analizzato la posizione europea, verte ora sul “consenso” dei turchi riguardo l’ingresso del loro Paese nell’Unione.
Se in Europa, affievolitisi i primi entusiasmi, l’appoggio all’Unione Europea è in progressivo calo, in Turchia i favorevoli all’unione sono circa il 70% della popolazione, con punte addirittura del 90% nella regione della Marmara, dove si trova Istanbul, per molti aspetti una regione davvero europea.
Va però detto che il favore popolare ultimamente è diminuito, a causa della rigidità mostrata dagli europei e soprattutto per via di alcune prese di posizione molto spiacevoli, specie dei francesi e dei conservatori tedeschi. Ciò non toglie che il “favore” della gente sia rimasto sempre superiore al 50%. I turchi, tutto sommato, vogliono l’Europa.
Gian Paolo Papa individua poi alcune realtà consolidate che giustificano questa voglia di cambiamento:
“Non bisogna dimenticare che la Turchia soffre di un grande isolamento, di un’ormai storico senso di inferiorità. Ai tempi degli Ottomani era un grande impero, ma poi la sconfitta è stata terribile e per anni gli ‘esattori’ del debito ottomano (francesi, inglesi, italiani) non hanno mancato di far pesare ai turchi
il loro passato; inoltre la Turchia si trova in una zona geografica particolarmente difficile. Sempre respinta dall’Europa, registra l’ostracismo anche dei paesi islamici, proprio perché ha scelto di essere uno stato laico”.