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Le immagini mirabolanti della Croisette fanno da vetrina allo “star system” internazionale, leggi “americano”. Che l’America hollywoodiana scegliesse una cittadina della Costa Azzurra per autocelebrarsi (ma bisogna dire che anche qui c’è la Californie!) era forse scontato, dati i legami di intellettuali e buona società americana con la Riviera fin dagli anni Venti.
Ma la storia, non necessariamente, doveva andare così. I francesi, che un loro cinema importante ce l’hanno (oltre a vantare l’invenzione dei fratelli Lumières, con tutto quel che segue) un festival nazionale, prima o poi, l’avrebbero senz’altro fatto. Ma, pare, ad accelerare il processo, è stata la sciatteria italiana.
Si narra, infatti, che all’edizione 1936 della Mostra di Venezia, l’ingerenza di personaggi politici fascisti e nazisti sia stata tale da suggerire un altro luogo, in terra libera, per celebrare il cinema, la “settima arte” in chiave europea.
E così Cannes diventa sede di un festival internazionale, simbolo della libertà d’espressione. La “Croisette-democrazia” contro il “Lido-dittatura”; anno 1939, addirittura con Louis Lumière come presidente, anche se bisogna attendere il settembre 1946 perché il progetto si realizzi.
Capitale mondiale (o Europea?) del Cinema
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Da subito, complice il desiderio di rinascita francese ed europeo, Cannes si concentra in quei “24 gradini con tapis rouge”, in quel manifestarsi dell’idea di star system che denota molto provincialismo ma che i francesi, maestri, trasformano in “noblesse”.
“Capitale mondiale della Settima Arte”, anche se il centro mondiale del cinema è Los Angeles; “defilée” di “strass e paillettes”, luogo di nascita della moda applicata al personaggio famoso. Fino all’apoteosi della Croisette, un lungomare assurto a metafora del divismo, con quell’ “Allée des Étoiles du Cinéma”, rassegna in cemento di impronte di mani celebri.
Se Cannes, nei decenni, è diventato il contraltare europeo degli Oscar californiani, sempre in bilico tra “un certain regard”, cioè un modo intellettuale, francese ed europeo, di vedere il cinema e la più sfrenata passerella commerciale delle “mayors”, bisogna dire che l’attenzione al cinema italiano c’è sempre stata. In un’ottica francese, ma c’è stata. E, quest’anno, c’è Monica Bellucci in giuria.
Oltre al previsto successo del Moretti del “Caimano”, a Paolo Sorrentino (“L’amico di famiglia”, in concorso) a Bellocchio (“Il regista dei matrimoni”) a Calopresti (“Volevo solo vivere”). Vincent Cassel maestro di cerimonia, Wong Kar Wai presidente di giuria, la prima volta di un cineasta cinese.
Il meglio della Settima Arte
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La cinquantanovesima edizione del Festival del Cinema di Cannes (17-28 maggio, www.festival-cannes.fr) si preannuncia molto frizzante. A partire dalla presentazione fuori concorso dell’atteso “Codice Da Vinci” di Ron Howart (17 maggio); all’opera collettiva “Paris je t’aime”, venti autori per documentare vite di coppie in venti “arrondissement” (“Un certain regard”, 18 maggio, c’è anche Depardieu) alla selezione per “Atélier” di diciotto filmmaker di diversi Paesi, Haiti, Thailandia, Cile e Sud Africa compresi.
In parallelo, il Palais des Festivals ospita la “Semaine internationale de la critique” (18-26 maggio) selezione di sette lunghi e sette corti di nuovi autori; la “Quinzaine des Réalisateurs” (18-28 maggio) selezione di film del mondo; “Cannes Cinéphiles” (17-28 maggio) in tre sale cittadine passano i film del festival.
ue mostre, “Observations sur les marches à Cannes”, foto “divistiche” di Stéphane Kossman ; un’inedita sui disegni erotici (più i quadri) di Sergei Eisenstein (a parte, proiezione di “Ottobre”, 1927; “Il prato di Bezhin”, 1937; “Alexander Nevski”, 1938).
Cannes, non solo Croisette
E poi c’è Cannes, al di là della vetrina e delle vetrine. Un luogo piacevole da visitare, che conserva traccia delle sue storie.
La geografia è quella del massiccio dell’Esterel a ovest, con le colline Californie e Croix des Gardes a fare da anfiteatro; sullo sfondo le Alpi Marittime, le isole di Lérins, Saint Honorat e Sainte Marguerite; di fronte, il mare del Golfo de la Napoule a dare carattere azzurro al tutto.
Se la Croisette e la Rue d’Antibes (la sua parallela, anche in senso di uso, vetrina di celebri boutique, profumerie, gioiellerie, abbigliamento, fiorai, pasticcerie e salon de thé) sono in servizio permanente per l’esposizione del lusso e suoi derivati, hotel compresi, la rue Meynadier ha un aspetto più “cittadino”, con formaggiai, salumai, artigiani.

È comunque nel vecchio centro che si può trovare ancora un certo carattere provenzale, l’impronta del vecchio villaggio di pescatori. Basta scegliere le stradine del Suquet, il mercato Forville (contadini e pescatori che vendono la loro merce), il “quai” Saint Pierre. Come diceva Gilbert Bécaud: « il y a tout au long des marchés de Provence… ».
E poi i ristorantini (bouillabaisse, aïoli, ratatouille) che ne danno un’interpretazione.
Al Suquet, sulle alture cittadine, nelle rovine del castello medievale dei monaci di Lérins, c’è il Musée de la Castre. Le collezioni del barone Lycklama di antichità (mediterranee) arte primitiva (ceramiche precolombiane) etnografia, viaggio (arte e oggetti di Oceania, Himalaya, Americhe). Nella cappella Sant’Anna (XII secolo) ci sono strumenti musicali di tutto il mondo e, nelle sale, la pittura provenzale dell’Ottocento, con paesaggi di Cannes e di tutta la “French Riviera”.
Da segnalare ancora la Galleria Malmaison (Croisette 47), che offre 160 incisioni di André Masson (acqueforti, acquatinta, litografia).
Nei dintorni, il “bel suolo” di Provenza
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Poi si può tornare al lusso. Quello della collina, che ospita le ville dei ricchi e dei potenti, costruite da metà Ottocento a inizio Novecento. Sulla Croix des Gardes sorgono le “ville britanniche”, vale a dire quelle degli scopritori del fascino di Cannes: Villa Eléonore (Lord Brougham, il primo a venire qui, 1834) Villa Victoria, Villa Rothschild (oggi mediateca).
Sulla Californie, subito dopo la chiesa ortodossa dalla cupola azzurra e oro, si trovano la “villa russa” Kazbeck, poi la Villa Californie (Pablo Picasso e il suo “periodo Californie”) Villa Soligny (chiosco a vetrate) Castello Scott (colori scozzesi) Villa Lotus (stile normanno) Château de Thorenc (ha ospitato Churchill e l’imperatore d’Indocina) Villa Domergue (dell’omonimo pittore).
Quest’ultima (ex Villa Fiesole, 1934) è particolare perché studiata dal pittore nei minimi dettagli, mentre la moglie, artista anche lei, si è occupata dei giardini a terrazza, con vasche e cascate.
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Anche le isole hanno qualcosa da raccontare. Saint Honorat ospita da secoli un’abbazia, ancora oggi abitata da venticinque monaci cistercensi che, in margine alla preghiera, coltivano lavanda, rosmarino e un bel vigneto. Risultato: vino «Vendanges des moines ».
Si può anche essere ospitati nel monastero, a patto che si rispettino le regole del pregare, dell’ascoltare, del fare silenzio.
Sainte Marguerite ha invece un forte (Fort Royal, costruito da Richelieu, modificato da Vauban) prigione di Stato sotto Luigi XIV (Maschera di Ferro) e teatro di una celebre fuga (Maréchal Bazaine, 1874). Ci sono anche un sentiero botanico lungo lo stagno Batéguier e il Museo del Mare, collezione di archeologia sottomarina.
A proposito, oltre a principi e sovrani, imperatori e zar, ministri e nobili, Cannes ha parecchi nomi famosi nel suo “registro delle visite”: il “romanzo francese ottocentesco” (da Chateaubriand, Stendhal, Hugo a Merimée, Maupassant) e la grande pittura (Renoir, Picabia, Picasso). Non solo cinema, nel maggio di Cannes.
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