Martedì 16 Aprile 2024 - Anno XXII

Lo spirito di Varsavia

La città è una delle grandi vittime della seconda guerra mondiale. Rasa al suolo dalla rabbia nazista è stata ricostruita com’era. Ogni cosa al suo posto originario. Qui il vero e il falso sono concetti intellettualmente istruttivi

L'immagine di Papa Wojtyla sulla facciata della chiesa di Sant'Anna
L’immagine di Papa Wojtyla sulla facciata della chiesa di Sant’Anna

Il cielo d’aprile si apre progressivamente e il sole comincia a  scaldare la città. Le strade del centro sono affollate e ambulanti improvvisati vendono degli strani vasetti colorati di plastica messi sul cofano, sui tetti delle auto, per terra.
Non è chiaro che cosa siano e a che cosa servano. Poi, d’un tratto, risulta evidente. Sono lumi che a centinaia, a migliaia – mari, oceani di lumi di colori diversi, gialli, verdi, rossi – vengono accesi e posati davanti alle chiese e alle immagini di Giovanni Paolo II, il Papa polacco.
Abbiamo visitato Varsavia a un anno dalla morte del Papa polacco e questo è l’omaggio umile ma corale e profondo da parte di un popolo che da lui si è sentito riscattato e aperto alla libertà. È un misto di fede cattolica, di gratitudine politica e di orgoglio per un eroe nazionale. Le chiese sono gremite, la gente prega, si accalca, fotografa. Nelle strade manifesti e gigantografie riportano l’immagine di papa Wojtyla e, tra virgolette, sue citazioni in polacco. Il lungo tramonto – siamo a Nord, le giornate sono prodighe di luce più che da noi – lascia alle tenebre queste fiammelle brulicanti, spontanee, ciascuna un sentimento. La notte di Varsavia è lunga e raccolta, la gente se ne va mentre al teatro nazionale Placido Domingo dirige la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi.
Fuori, nella piazza, il popolo prega e ricorda.

Riedificata com’era

Palazzi della città vecchia
Palazzi della città vecchia

Il cuore di Varsavia è quello di una città che ha sempre sofferto e che nella sofferenza ha trovato le radici del proprio coraggio. Distrutta dalla rabbia tedesca, alla fine della seconda guerra mondiale, è stata ricostruita pietra su pietra, com’era e dov’era.
Molti la considerano una città grigia e non bella e deridono la sua ricostruzione, così fedele da essere artificiale.
Eppure si tratta di un luogo comune da sfatare: Varsavia è una città bella e la città vecchia ricostruita esprime una passione che altre città storiche non possiedono. Intendiamoci: non ha il fascino di Praga né le scenografie di Budapest. Ma possiede attrattive turistiche che vanno oltre la semplice bellezza teatrale del quartiere antico. Una visita a Varsavia è un esercizio culturale molto raro, che offre nuovi spunti di pensiero. Perché Varsavia è una città “falsa” – caso raro nel mondo – e solo qui si può capire come il falso possa essere intellettualmente onesto ed esteticamente elevato. Vediamo di spiegarci meglio.

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Sulle tracce del Bellotto

Squarcio sul Castello Reale
Squarcio sul Castello Reale

Varsavia è stata una delle grandi vittime della seconda guerra mondiale: completamente rasa al suolo. Le foto dell’epoca mostrano solo cumuli di macerie.
I tedeschi puntarono casa dopo casa con i cannoni e le distrussero tutte; fu un intervento scientifico di azzeramento.
I centri urbani, dopo gli sventramenti bellici, sono stati ricostruiti. Ma mentre in città tedesche come Colonia, per esempio, il centro storico è stato riedificato negli anni Cinquanta, rispettando i volumi precedenti ma nello stile dell’epoca ormai mutata, a Varsavia il recupero della città vecchia è stato fedele e quasi maniacale. Così, intorno al sopravvissuto Duomo di Colonia le strade sono strette e le case basse, ma il paesaggio è moderno, di un’architettura squadrata e un po’ insignificante; a Varsavia invece, superati i tabù della falsificazione, tutto fu costruito nel 1953 esattamente com’era prima. Perché a Varsavia c’era una testimonianza d’eccezione: quella del Bellotto. Il visitatore viene subito avvertito che l’ampio quartiere, datato tra il Cinque e il Settecento, è stato rifatto mattone su mattone. Non è un segreto, anzi: è motivo d’orgoglio per tutti. Ma se qualcuno non sapesse di camminare tra case rifatte, chiese rifatte, castelli rifatti, piazze rifatte, tutto questo complesso ormai ammantato dalla patina di cinquant’anni, gli sembrerebbe autentico.

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