Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Galapagos, il vero “El Dorado” dell’Ecuador

Isole famosissime e remote, grandioso santuario della natura. Ma anche Guayaquil, la seconda città del Paese, dalla quale si prende l’aereo per raggiungerle, presenta motivi più che validi per essere visitata

Tra “gloriette”, iguane e semafori

Cerro Santa Ana (Foto:Ecuador 365)
Cerro Santa Ana (Foto:Ecuador 365)

Alla collina si può andare a piedi, dalla scalinata, o anche in auto per la tortuosa strada che sale tra case in legno colorato stile coloniale, con negozi di souvenir, gallerie d’arte, atélier di artisti, ristoranti.
Molte le targhe che ricordano i personaggi politici che vi hanno abitato. Fino al terribile incendio del 1910, tutte le case di Guayaquil erano in legno, come queste. Altrove, ne resta solo una fatiscente nella strada che fiancheggia il Malécon, all’altezza del giardino botanico e un’altra grande dal colore verde pallido nell’Avenida 9 de Octubre (giorno dell’indipendenza) la strada principale che dal Malecón porta al Parque del Centenario, con la statua della Libertà.
È la piazza più grande della città, ma non la più famosa, che è Parque Bolívar, a qualche isolato di distanza. L’attrattiva qui non è la cattedrale, caratterizzata da uno stile sovraccarico e costruita ai primi del secolo scorso per sostituire quella in legno, distrutta nell’incendio, quanto le iguane, lunghe anche un metro, che percorrono indisturbate i giardini, coccolate e nutrite da tutti.  
Surreale anche la “gloriette” al centro, regalata dai francesi. Vale un passaggio veloce la via Pitchincia con i palazzoni degli anni Venti edificati da italiani, tra cui il Municipio e il Palazzo della Regione. È invece in stile moresco la vicina Torre dell’Orologio del 1925, considerata uno dei simboli della città.

Galápagos, un mondo a parte

Iguana all'ombra di un cactus (Foto:Ecuador 365)
Iguana all’ombra di un cactus (Foto:Ecuador 365)

Anche dopo aver letto, meglio divorato, “Galápagos” di Kurt Vonnegut o “Galápagos” di  Francisco Coloane, si può avere solo una vaga idea delle emozioni che questo arcipelago può dare. Su un’area del Pacifico di circa cinquantamila chilometri quadrati, a mille chilometri dal continente, sono disseminate tredici isole grandi, sei piccole e vari isolotti dei quali molti senza nome, per una superficie totale di ottomila chilometri quadrati e tutti vulcanici.
La via più comune per raggiungerli è l’aereo della Tame da Guayaquil, che arriva a San Cristóbal, una delle cinque isole dove vivono i dodicimila abitanti. Da qui si va a Santa Cruz, l’isola più trafficata, con piccoli aerei da turismo o via mare, in un tempo che varia dalle due alle quattro ore a seconda della barca. O si può scegliere la crociera, forse il modo migliore per vedere l’arcipelago.

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Leoni di mare a Puerot Baquerizo Moreno, San Cristobal (Foto:Ecuador 365)
Leoni di mare a Puerot Baquerizo Moreno, San Cristobal (Foto:Ecuador 365)

A San Cristóbal, prima di imbarcarsi, suggerita una visita al Centro
Interpretativo Darwin, edificio di design dove all’interno, con
tabelloni, filmati e foto, è spiegata la vita delle isole. Buona
premessa per prepararsi a una serie di incontri incredibili. Come
quello che avviene al porto, con i leoni di mare che escono dall’acqua
e si sdraiano sugli scivoli, incuranti delle operazioni di sbarco e
imbarco. Oppure la convivenza pacifica, all’ombra di un cactus, di
un’iguana e un leone di mare, mentre sulle loro teste svolazzano le
sule dalle zampe azzurre o le enormi fregate nere dal gozzo rosso. O
ancora, nuotare in acque limpidissime fra testuggini, leoni di mare e
squali assolutamente innocui.

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