Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Deserto Sahariano. Non solo “sabbia”

Il deserto è un’esperienza unica, entusiasmante. E’ un mondo che affascina, sia di giorno che di notte. Quando il sole picchia feroce, zone d’ombra se ne trovano poche e il riverbero della luce gioca scherzi incredibili

Donne berbere
Donne berbere

Le donne indossano in genere abiti molto lunghi e svolazzanti; sul capo e sulle spalle un manto di tre metri per due, solitamente nero o indaco, che incornicia con grazia il viso e mostra semplici ma bellissimi ricami.
Negli improvvisati accampamenti notturni che s’illuminano nella vasta periferia (già deserto) di Tamanrasset, sono frequenti gli spettacoli di cantanti e danzatrici ad allietare cene a base di montone allo spiedo, verdure, con le tradizionali bevute di tè caldo, lasciato cadere con perizia dalle teiere in metallo tenute sospese e servito nei piccolissimi bicchieri di vetro.
Un piede nella storia e un altro nel futuro, l’esistenza a Tamanrasset scorre serena, ad oltre duemila chilometri dal turbinio di vita e di preoccupazioni di Algeri.

Il deserto è “anche” verde

Hoggar, rocce scolpite dal vento
Hoggar, rocce scolpite dal vento

Il Sahara algerino rappresenta solo una parte del più grande deserto del mondo.
La quasi totalità delle persone, quando pensa al deserto, si fa l’idea che sia un’unica, infinita estensione di sabbie. Niente di più errato. Nel deserto africano, circa due milioni di chilometri quadrati dall’Atlantico al Mar Rosso, si incontrano realtà geologiche, aspetti fisici del territorio e per conseguenza panorami, tra loro diversissimi.
E’ un mondo geologicamente molto antico.
Vi sono rocce, ghiaie, montagne di sabbia e sedimenti compatti. Nell’epoca terziaria e quaternaria l’erosione massiccia, prima delle acque e quindi dei venti, ha modellato il paesaggio dei nostri giorni, nel quale è possibile “leggere” con chiarezza ed estrema precisione gran parte della lunga storia della Terra.
Qualche migliaio di anni fa, quasi tutto il territorio sahariano era coperto da un continuo manto vegetale; successivamente il progressivo inaridimento di questa vasta area ha portato alla desertificazione attuale.
Gli “wadi”, secchi e larghissimi, non di rado conservano vene d’acqua sotterranee che consentono la vita in superficie di una limitata vegetazione talvolta anche arborea (acacie spinose). Dove le vene d’acqua sono più consistenti, si ha il fiorire delle oasi, alcune delle quali davvero estese e densamente popolate.
L’acqua rappresenta il bene supremo del deserto; lungo le piste la presenza di un pozzo significa spesso l’unica possibilità di sopravvivenza.

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Flora sahariana

Oasi di Djanet
Oasi di Djanet

Data l’aridità del suolo e dell’aria, nel Sahara piante ed arbusti appaiono in specie limitate. Gli alberi che si incontrano più comunemente sono la tamerice, l’acacia radiana e la “callotropis procera” dalle grandi foglie verdissime, ma si possono trovare anche alcune piante di olivo selvatico e, nei monti del Tassili, una specie di cipresso (cupressus dupreziana). Alcuni esemplari di quest’albero superstite dell’originaria flora sahariana sono antichi anche di migliaia di anni. Vicino alle “gheltà” ricche d’acqua, è comune l’oleandro dagli splendidi fiori, mentre la palma da dattero, alla quale si accompagnano anche alberi da frutta e campi di ortaggi, si trova nel sud, specialmente a Djanet.
Tipiche infine, nelle ampie distese di sabbia, sassi, pietrame del deserto, sono l’alfa, l’artemisia, l’aristida giallognola e la coloquinta, una zucchina rotonda di diverse misure che davvero non si capisce come possa svilupparsi in condizioni tanto estreme di clima e di limitatissima presenza d’acqua.
Questi piccoli vegetali, simili a cocomeri in miniatura o a zucchine rotonde dalla buccia a strisce verde scuro e verde chiaro, testimoniano, senza ombra di dubbio quanto la vita, in tutta la sua forza prorompente, sia di casa anche nel grande deserto sahariano del sud Algeria.

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