Mercoledì 30 Ottobre 2024 - Anno XXII

Prosegue il viaggio nella Koiné emiliana

Nella puntata precedente ho narrato l’inizio di una  canonica gita pontificante il 1° Maggio e avente per meta la mia Koiné nella a me cara Romagna-Emilia. Dopo una bella sosta cultural–gastronomica dedicata alla Reggia di Colorno della mai troppo lodata duchessa Maria Luigia d’Asburgo e a un Caseificio Sociale… E’ un bel sabato mattina del 28 aprile, Santa Valeria, sole e limpidi panorami ancorché piatti. Lascio Colorno e punto su Novellara, felice per il Tusòn omaggiatomi, non meno che soddisfatto per aver riportato a giusta quota i miei entusiasmi asburgico-parmensi da cui il sospiro che notifico al cortese lettore. Quando … Leggi tutto

Nella puntata precedente ho narrato l’inizio di una  canonica gita pontificante il 1° Maggio e avente per meta la mia Koiné nella a me cara Romagna-Emilia. Dopo una bella sosta cultural–gastronomica dedicata alla Reggia di Colorno della mai troppo lodata duchessa Maria Luigia d’Asburgo e a un Caseificio Sociale…

E’ un bel sabato mattina del 28 aprile, Santa Valeria, sole e limpidi panorami ancorché piatti. Lascio Colorno e punto su Novellara, felice per il Tusòn omaggiatomi, non meno che soddisfatto per aver riportato a giusta quota i miei entusiasmi asburgico-parmensi da cui il sospiro che notifico al cortese lettore.

Quando si viveva bene nelle “piccole Patrie”

Qualche insegna
Qualche insegna

Bei tempi, quelli dei tanti mini Stati, principati, ducati (all’insegna del “Piccolo è bello”) un tempo felicemente prosperanti e poi scioccamente cancellati (nel nome e per conto dello stupido concetto di Nazione da cui anche la discutibile soluzione dello Stato sopranazionale). Il tutto per dar vita a stolte ammucchiate di genti separate da differente storia, tradizioni, dialetti, costumi, abitudini, mentalità, economia, gastronomia, cultura (sì, proprio la Koiné). Etnie che in comune non avevano nemmeno la stessa “lingua comune”, quella di tutti i giorni; usata in casa, al bar, con gli amici (e se si parla di Belpaese basti accennare a recenti dati informanti che nello Stivale tanta gente si esprime ancora nel suo dialetto).
Quegli staterelli che in Romagna-Emilia abbondavano (ecco forse una spiegazione dell’attuale benessere della regione, della sua alta qualità della vita); vi entravi e ne uscivi in fretta senza quasi accorgerti. Dal Ducato di Parma e Piacenza (Farnese, Borboni, Maria Luigia) eccoti (mi sta accadendo, tra Colorno e Novellara) in quello di Modena (gli Este) e poco più in là di Carpi; se punti a est prosegui verso l’elegantissima (basta visitare i palazzi dei Diamanti e Schifanoia) Signoria rinascimentale degli Estensi di Ferrara. Se invece ti dirigi a sudest entri nel bolognese.

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Nell’ex Stato della Chiesa

Castello di Mesola, Ferrara
Castello di Mesola, Ferrara

Dominio dei “Prit”, i preti dello Stato della Chiesa (dopodiché c’è ancora chi si stupisce apprendendo che, almeno un tempo, i “rumagnòl” oltre che mangiapreti erano possenti “biastmadùr” (bestemmiatori) e dalle parti loro girava la barzelletta di due cacciatori notturni, uno dei quali, intravedendo nell’oscurità una sagoma nera urla all’altro “Spara, spara, potrebbe essere un prete”.
Guido un pochino veloce e poco prima di Novellara mi stoppa una pattuglia dei locali vigili urbani. Si tratta soltanto un controllo, grazie al quale instauro due chiacchiere e scopro che nella cittadina reggiana esiste ancora la Cantina Lombardini.
Novellara è località a me cara perché terra di amici (da lì proviene la Gens del Papi, organizzatore dei viaggi dell’Inter, compito delicato assai, “me racumandi”) e perché potrebbe fregiarsi del titolo “città storica del Turismo italiano” avendo dato i natali alla mitica “dottoressa Benati”. Quella “Ciacia” che col non meno famoso “dottor Cossa” fondò “Vacanze” e inventò quei “Villaggi all’italiana” che (soprattutto) alle Maldive, trovarono sublimazione e trionfo (si parla di un mini impero del “mundillo” del turismo italico, roba a quel tempo considerata indistruttibile fin quando il lattivendolo Tanzi non ci si mise su le mani e fece strame del tutto in men che si dica).

Ristoranti buoni? Si, ma a “orari ridotti”

Villa Beicamina, Ferrara
Villa Beicamina, Ferrara

Al contrario dei sullodati amici (la Ciacia scomparsa, il Papi ad Appiano Gentile a spiegare ad Adriano che per viaggiare occorre andare all’aeroporto, meglio se in orario) a Novellara la Cantina Lombardini (che erano pure cugini dei Benati) esiste ancora ma (o tempora o mores, i giovani d’oggi “gh’an pu voeuja de fà un càssu”) il discendente del titolare (pure lui mio amico) il sabato mattina chiude.
Trafelato mi precipito nella prima Boutique del Vino che incontro (eh si, ormai in Romagna-Emilia mica che tu entri più in una merceria, un salumaio, una Cantina Sociale; no, ormai si compra solo in una “Boutique”, della Mutanda, della Mortadella, del Vino). Trafelato, dicevo, (avevo infatti garantito a chi mi ospitava che avrei pensato io a bagnare il Ponte del 1° Maggio con quei quattro o cinque cartoni di vino che nel “Capitale” Karl Marx assegna a ogni proletario in occasione della Festa del Lavoro) ma anche preoccupato, perché mai nella vita avevo proceduto ad acquistare alla cieca sì importante nettare. Ma ecco premiata la disperata audacia perché il Lambrusco della Cantina “Due Torri” di Montecchio passa piacevolmente attraverso il palato allappando e al tempo stesso dando evidenza di sostanza.

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Primo, secondo e dessert: solo Pasta! Quella di Osama

Tortelloni di ricotta ed erbette
Tortelloni di ricotta ed erbette

Il tempo di issare il carico previo ovvio veloce assaggio (una bottiglia va già in un amen eppoi verso le tredici quelli della Stradale son già tutti a tavola) e via, alla ricerca di un posto dove mettere i piedi sotto il tavolo con ascendente “Cappelletti, Cappellacci, Tajadèl, Tortelloni”. Tempo fa, gentilmente invitato dal Perini della carpigiana Modaviaggi, avevo degustato tagliatelle da inginocchiatoio (verifichi il cortese lettore non senza in precedenza chiamare lo 059  662691, sennò rischia il flop accaduto allo scrivano) alla Trattoria Baldini in quel di San Martino in Secchia.
Là pertanto mi dirigo, ma invano, è chiusa; ormai i ristoratori son più ricchi dei loro clienti eppertanto orari e date di apertura li fanno loro.
Proseguo e arrivo a Camposanto (ma forse, alla faccia del nome, mena più gramo Chernobyl) per rifocillarmi “emilianamente” alla Trattoria Bar “Bottegone”.
Sono già seduto a tavola (e comunque – curioso come sono – sarei rimasto anche se non avessi dovuto ricorrere ad alcuna giustificazione per fuggire) quando sento un avventore che saluta il cuoco-padrone dicendogli “Ciao, Bin Laden”.
Indago e sul menu scopro che il Nostro si chiama appunto Samir Osama. Eppur non tremo (quantomeno gastronomicamente) perché ben so che ormai i migliori pizzaioli dell’Universo risultano essere gli egiziani (da quando a Napoli hanno scoperto attività ben più lucrative che star lì a fare Margherita e Marinara). E difatti ho goduto un più che dignitoso “pasto tipico” che uso consumare appena mi ritrovo nella mia Koiné (di primo Cappellacci di zucca al pomodoro, come secondo Tortelloni di ricotta ed erbette al burro fuso e per dessert Tagliatelle al ragù).
A ‘sto punto, “Quo Vadis?” chiederà l’adorato lettore.
E io gli rispondo: “Ferraram peto”. E riferirò.

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(fine seconda puntata)

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