Le “bestie” e l’uomo: antichi legami
Prima precisazione. La tauromachìa è nata con l’uomo e ha universalmente rappresentato la sfida, l’antitesi tra il bipede e la bestia, la fiera, in tante versioni succedutesi nella Storia: il minotauro a Creta, gli altri racconti della mitologìa, i gladiatori del Colosseo, i combattimenti coi tori in tutta l’Europa medioevale.
Anche in Italia si svolsero corride in posti che oggidì si escluderebbe essere stati plazas de toros: la piazza del Campo – quella del Palio – a Siena; quella Nuova a Bergamo Alta (c’è pure una cronaca del 6 febbraio 1567); le “cacce” nei primi anni dell’Ottocento nelle città marchigiane. Nel corso dei secoli vi fu aficiòn taurina persino tra i freddi piemontesi (spettacolo di tori a Novara, in occasione delle nozze di Vittorio Emanuele I) e tra i pigri romani (verso la fine degli anni Venti del secolo scorso, una vera e proprio Feria de Toros allo stadio Flaminio, allora chiamato del Partito Fascista).
Nobiltà taurina di Spagna
Seconda precisazione. Per “toro bravo” non si intende il nostrano coniuge delle mucche Ercoline, pascolanti nella bassa lodigiana: si tratta invece di un signor bestione da combattimento appartenente a una razza speciale (destinata appunto alla corrida) che scomparirebbe lo stesso giorno in cui scomparisse la corrida stessa.
La “ganaderìa” (allevamento) perpetua la stirpe concedendo lunga e invidiabile vita (pascoli e aria pura della “dehesa”, pianura) a “sementales”, riproduttori, e “vacas bravas”, le mammine dei futuri toros. Quanto alla sorte del toro impiegato nella corrida, alla fine della “faena” (l’ultimo “tercio”, del matador con la “muleta”, preceduto da quelli dei “picadores” e dei “banderilleros”) viene soppresso; ma accade anche, peraltro raramente, da un certo tempo con maggior frequenza, che possa essere “indultado”, graziato) perchè ormai non più utile per future corride (ha già imparato tutto davanti alla “capa” e alla “muleta” eppertanto – come dicevano gli antichi toreri – “sa già il greco e il latino”, non starebbe più al gioco.
Ma la sua uccisione non è frutto di crudeltà o malvagità, né avviene gratuitamente per il puro piacere di uccidere. La carne del “toro bravo”, come il bollito di Carrù o il sapido brasato al Barolo, è usata per fini alimentari (e un tempo era in gran parte regalata in beneficenza). Nella gastronomìa spagnola il “rabo” (coda) di toro stufata e le “criadillas” (testicoli) sono piatti prelibati sempre presenti la sera della corrida nei menu dei ristoranti vicini alla “plaza de toros”.
Alla prossima puntata