Vincitore del Premio internazionale per la fiction alla Fiera di Francoforte, Il Palazzo degli specchi è un’avvincente storia di un mondo in transizione, fatta vivere attraverso personaggi che amano e soffrono con pari intensità. Era il mese di novembre del 1885, quando Rajkumar giunge quasi per caso a Mandalay. Il suo nome significa principe, ha undici anni e lavora come aiutante e garzone su una barca, il sampan. Dopo aver risalito l’Irrawaddy dal golfo del Bengala, la barca si è dovuta fermare per riparazioni e il ragazzino indiano si è spinto per un paio di miglia nell’entroterra ed è arrivato nella capitale del regno di Birmania. Vi è arrivato nei giorni della fine del regno.
La casa reale ha chiamato i sudditi a combattere contro gli eretici e i barbari kalaa inglesi, per difendere l’onore nazionale e «avviarsi sul cammino che conduce alle regioni celesti e al Nirvana».
Ma gli inglesi hanno la più grande flotta che abbia mai navigato un fiume, cannoni che possono abbattere le mura di pietra di un forte, fucili a retrocarica, mitragliatrici a ripetizione, e tre battaglioni di sepoy temprati da mille battaglie.
Il 14 novembre del 1885 hanno varcato il confine e due giorni più tardi si sono impadroniti degli avamposti di Nyaungbinmaw e Singbaungwe e hanno distrutto a cannonate il forte di Myingan con una precisione impeccabile, senza perdere neppure un soldato.
L’esercito birmano si è disintegrato, i soldati sono fuggiti sulle montagne con le armi, due ministri hanno fatto a gara nel tenere sotto sorveglianza la famiglia reale, e il popolo di Mandalay si è riversato nel palazzo reale saccheggiando e mettendo a soqquadro ogni cosa.
Rajkumar si aggira ora nel vasto atrio al centro della cittadella, in quello che tutti chiamano il Palazzo degli specchi, con le sue pareti di cristallo lucente e i soffitti rivestiti di specchi, e guarda stupito la gente staccare decorazioni, rompere preziose cassette delle offerte, estrarre pietre dure dal pavimento di marmo, portarsi via intarsi d’avorio dalle cassapanche di legno.
In questi giorni, però, in cui finisce il regno birmano e decade lo splendore dell’orgogliosa famiglia reale, si innalza anche la fortuna di Rajkumar. Nell’arco di sessant’anni, Rajkumar diventerà ricco grazie al commercio di legname, perderà tutto durante la guerra e, rifugiato a Calcutta nei giorni della sua vecchiaia, rimpiangerà il «paese d’oro» della sua giovinezza.
Romanzo epico, indimenticabile affresco di un secolo di storia nelle ex colonie britanniche, Il Palazzo degli specchi, come ha scritto “The Times” è una delle rare opere in cui si schiude «l’incanto di mondi lontani».