Attraverso Firenze
Avevo lasciato, più di venti anni fa, la bicicletta in garage quando presi la patente. Da allora due o tre brevi biciclettate, prima che arrivasse il 2000. Provata la comodità dell’automobile, non mi andava più di affaticarmi. Il giro per Firenze, da questo punto di vista, ha rappresentato un controsenso. Ha contraddetto, cioè, le certezze che governano i sensi. Tra queste, “Se un mezzo di trasporto è veloce, fa anche rumore” e “In bicicletta, dopo un po’ (soprattutto in salita) ci si stanca”.
Mentre il nostro piccolo corteo di Bixy girava tra via dei Servi e piazza della Signoria, le sensazioni sono mutate metro dopo metro: intorno a Santa Maria del Fiore o in via dei Calzaiuoli, dove c’è un’area pedonale, mi è sembrato di “correre” e chi era a piedi, non vedendoci quasi pedalare, osservava la scena meravigliato. Nel traffico, invece, la percezione è quella di essere a bordo di un motorino. Che, però, non fa rumore, non ha il motore e non inquina.
Scivolare come su una barca a vela
Bixy ha infatti una batteria ricaricabile (a una comune presa elettrica) che, per qualche decina di chilometri, moltiplica l’energia delle pedalate che, comunque, di tanto in tanto devono essere date. Per intendersi, le comuni biciclette elettriche sono come quelle barche a vela che possono anche contare su un motore, se manca il vento. Bixy è invece una “barca a vela” con una sorta di genio invisibile che, attivando la batteria, soffia da poppa una brezza supplementare.
Vicino alla Loggia dei Lanzi, ho tirato giù il cavalletto della bicicletta e ho fatto qualche passo. Il percorso è stato di vari chilometri, ma la fatica è quasi inesistente. Dopo uno sguardo ai turisti che affollavano piazza della Signoria, mi sono voltata verso Palazzo Vecchio. Sì, insieme alla voglia di andare in bicicletta, ho riscoperto l’orgoglio di essere nata in questa terra, tra l’Appennino e il Mar Tirreno. Madre, da secoli, di artisti e di inventori.
Pedalate, cucina toscana e “Notte Bianca”
Ma, all’ora di pranzo, i regali di quel giorno d’inizio estate, non erano ancora finiti. Ci ha accolti l’Osteria Giovanni. Il vario e invitante menu consiglia un futuro ritorno nel locale, con più calma. Con il ristoro di un ottimo vino bianco, mi sono limitata a un antipasto a base di prosciutto, salame, finocchiona, ricotta fresca di pecora, crostini con fegatini e crostini con lardo di Colonnata, seguito da una zuppa di farro e fagioli.
Caricate le Bixy su un furgone di appoggio, il ritorno al nostro “campo base” è avvenuto nelle prime ore del pomeriggio. Si trattava del “Conventino” di Tavarnelle Val Di Pesa, un ex convento del sedicesimo secolo all’interno del quale sono stati ricavati tre appartamenti. Un quarto alloggio si trova nella dependance del giardino. Tra i pregi della struttura, la grande tranquillità. L’assenza di aria condizionata è compensata dalla naturale frescura degli ambienti: il caldo estivo non riesce infatti ad attraversare le spesse mura dell’edificio.
Trascorsa qualche ora di riposo, la sera ci ha richiamati a Firenze, dov’era in programma la Notte Bianca. La fine del nostro soggiorno è stata festeggiata al ristorante Borgo San Jacopo; il locale si affaccia direttamente sull’Arno.
All’arrivo, ci è stato offerto un prosecco in un ambiente di attesa con grandi vetrate, che danno l’impressione di trovarsi a bordo di un bateau-mouche. L’attenzione viene anche richiamata da un’insolita raccolta: una vetrina a parete illuminata, che ospita molte bottigliette d’olio extravergine. Tra i capolavori della cucina, la passatina di cannelli con gamberoni, il brodetto alla marchigiana e il semifreddo alle noci con salsa al rhum.