Ferrara onora Joseph William Turner, il padre britannico del paesaggio romantico, con una rassegna di novanta opere esposte a palazzo Diamanti. Una mostra realizzata per intero da prestiti stranieri, dal Regno Unito per la gran parte ma anche da Stati Uniti e Irlanda, per un valore che lo stesso Gaetano Sateriale, sindaco cittadino, ha definito “un impegno”, aggiungendo che “investire in attività culturali è una scelta irrinunciabile di questa amministrazione”. Tra dipinti, acquerelli, disegni le opere esposte appartengono alla Royal Academy of Art di Londra, alla Tate Britain, che custodisce un importante lascito dell’artista, alla National Gallery di Edimburgo e a collezioni private. C’è anche qualche esempio proveniente da raccolte nazionali, come un acquerello della Valle d’Aosta, un olio conservato a San Marino e, dall’archivio di Stato di Napoli, un documento originale, ritrovato durante i preparativi per la mostra: è il certificato per il passaporto, rilasciato a Turner il 1819 nel corso di uno dei suoi viaggi. A palazzo Diamanti si vedono opere che raffigurano molti luoghi italiani, in una modalità pittorica che l’artista apprese anche grazie a quello che vide nel Belpaese.
Dalla Val d’Aosta al Vesuvio
“Abbiamo la speranza che la mostra sia occasione per attirare un largo pubblico”, ha dichiarato il sindaco, mentre James Hamilton, curatore, ha detto “Turner oggi traboccherebbe d’orgoglio nel vedere che gli è stata dedicata una grande mostra nella sua amata Italia, quella che egli chiamava “terra pittura”.
Delle opere esposte, nelle prime sale dominano disegni, acqueforti e matite. La mostra propone estratti del Liber Studiorum, la raccolta di studi di paesaggio dell’artista e presenta un olio di Claude Lorrain, maestro dal quale Turner prese ispirazione. Prima di passare ai dipinti, varrà la pena di guardare i disegni, anche se, spesso piccoli rispetto alle tele, richiedono un’osservazione più attenta: si potranno ritrovare il ghiacciaio dei Bossons di Chamonix, il ponte del Diavolo al passo del San Gottardo, l’arco di Augusto di Aosta; oppure, negli acquerelli, il golfo di Napoli, il foro romano, il Colosseo.
Dai dipinti verranno poi altre sorprese. Turner prendeva via via un modo nuovo di intendere il paesaggio: con figure umane, come già era abitudine del secolo precedente, ma con uno sguardo, finalmente d’insieme, per gli elementi naturali e la loro espressività..
Luce a Venezia
Turner aveva visto l’Italia più volte compiendo, come da tradizione, viaggi di studio per conoscere i classici, dall’antica Roma sino al Rinascimento. Come tanti prima e dopo di lui non potè dimenticarla: “Vediamo un paesaggio della costa inglese sud-occidentale che ricorda da vicino il golfo di Napoli, Edimburgo raffigurata come se fosse il Foro e un lago presso Londra simile alla laguna veneta”, ha sottolineato Hamilton, ricordando il contributo dell’esperienza italiana sullo stile dell’autore. L’Italia resta presente in opere successive, realizzate in Gran Bretagna sulla base dei ricordi dei viaggi trascorsi; torna poi nel Turner del 1830-1845, protagonista dell’ultima sala. I contorni sono sempre più sfumati, il colore, invece, si addensa sulla tela: a volte le sagome delle figure si percepiscono appena, come la chiesa di Santa Maria della Salute avvolta in una vastissima nebbia bianca. Le opere di questo periodo hanno fatto parlare di un Turner precursore ante litteram, dell’impressionismo, che sarebbe emerso nato alla fine dell’Ottocento, e dell’astrattismo del secolo successivo.
Turner e l’Italia
Dal 16 novembre al 22 febbraio 2009
Ferrara, palazzo dei Diamanti
Orario: tutti i giorni 9-19
Per informazioni: tel 0532 244949, www.palazzodiamanti.it